L’abbazia di Santa Maria di Kàlena

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Il Gargano non è solo la meta ideale per passare una vacanza all’insegna del mare pulito, dal colore cristallino e delle spiagge dorate baciate ogni giorno dai raggi del Sole. Il Gargano è soprattutto la terra della Storia, delle Antiche Leggende e delle Tradizioni che ancora vivono nell’anima delle persone che ci abitano ed incuriosiscono l’attenzione dei turisti provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo intero. Innumerevoli sono i monumenti storici di cui lo sperone d’Italia può vantarsi, ma altrettanti innumerevoli sono i gridi di aiuto che si alzano tra le macerie abbandonate e colpiscono gli animi più sensibili, coloro che sentono la propria terra non come un suolo qualunque dove vivere il loro quotidiano, ma la guardano e la sentono proprio con lo stesso affetto con cui un figlio osserva la propria madre nei suoi momenti di sconforto e di bisogno.

Negli ultimi anni un particolare grido di aiuto si sta diffondendo tra le strade del Gargano, è la voce di una madre che vuole a tutti i costi restare viva, è una mano protesa che rischia la morte, è una madre che non vuole esser dimenticata ed ogni giorno vive nell’attesa che qualcuno la riporti allo splendore della vita che merita: L’abbazia di Kàlena. Ai piedi di Peschici, non molto lontano dal mare sorge questo ex convento, una delle abbazie più antiche d’Italia. Le origini di Kàlena risalgono all’872 d.c. con la presenza dei monaci basiliani, una comunità di origine greco-turca ispirata alla regola dettata da San Basilio Magno. Successivamente, nel 1023, il vescovo di Siponto donò questo splendido patrimonio naturalistico, comprensivo di terra, alberi di ulivo, vigne, piantagioni ed orti, all’ordine dei Benedettini appartenenti all’ Abbazia di Santa Maria delle Isole Tremiti. Così i monaci benedettini si trasferirono finalmente sulla terra ferma. Man mano che il tempo trascorreva, Kàlena divenne una delle più prestigiose e potenti Abbazie di tutto il Gargano. Il suo patrimonio si prodigò in maniera notevole e nel 1058 si estese tra terre, edifici, mulini, diritti di pesca e in particolare ebbe il totale possesso di circa trenta chiese, tra cui l’abbazia di Monte Sacro a Mattinata e il Casale di San Nicola Imbuti sul Lago di Varano.

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Molte sono le leggende e le storie legate a questo luogo benedetto dal cielo, si dice che i monaci benedettini avessero una piantagione di erbe curative pronte per soccorrere i pellegrini di passaggio e i bisognosi; si dice che all’interno ci sia un passaggio segreto che collega l’abbazia al mare, forse per permettere ai monaci in caso di guerriglia di fuggire e poter raggiungere le Isole Tremiti; si parla della presenza di un’acquasantiera che effonde il rumore delle onde del mare; ed infine, si narra della sofferente visita del Barbarossa che seppellì da qualche parte, tra le mura del convento, il corpo di una sua figliola, che fu presa da una terribile malattia che la portò alla morte, durante un viaggio diretto verso la chiesa dell’Angelo a Monte Sant’Angelo, e che il Barbarossa mise come cuscino, sotto la testa della sua prediletta, un vitellino di oro che ancora tutt’oggi, nonostante le numerose ricerche, ancora non è stato trovato.

Proiettiamoci nuovamente nel 2014. Cos’è al giorno d’oggi l’abbazia di Kàlena? Quale destino è segnato per questo splendido Tesoro del Gargano? Per quale ragione questa madre ci rivolge un grido di aiuto? Attualmente l’abbazia di Kàlena apre le sue porte malandate ed abbandonate a se stesse, un solo giorno all’anno, l’8 settembre, in occasione della festa proclamata appunto a suo nome: la Festa di Santa Maria di Kàlena. Attualmente l’Abbazia rischia di scivolare tra le mani dei possessori privati che ne vogliono fare l’ennesimo luogo di vacanza ed annientare così ogni ricordo storico-culturale-religioso.

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Da circa diciassette anni, le varie associazioni culturali che hanno preso a cuore questa nobile causa, e come anche il Centro Studi Giuseppe Martella; come le numerosissime persone sia peschiciane che di tutto il Gargano e di tutta l’Italia che credono fermamente che conservare ed avere cura della nostra storia sia un po’ come proteggere quelli che effettivamente, pensandoci bene, sono i “nostri tesori”…continuano a curare non solo la sua conservazione, ma lottano incessantemente affinché l’Abbazia di Kàlena venga proiettata verso l’alba di un nuovo giorno e torni ad essere parte rilevante non solo del nostro patrimonio storico-artistico-culturale-religioso, ma che le sue porte aperte rappresentino un segno di “speranza” per tutti quei patrimoni che ancora si trovano in uno stato di amaro degrado e abbandono e che ogni giorno ci rivolgono i loro gridi fra le strade dei nostri paesi, un grido che non chiede altro che la “Vita”. Dopo ben diciassette anni di accordi mai presi, al giorno d’oggi si chiede l’ “esproprio”, che Kàlena torni ad essere una semplice cittadina di Peschici, e attraverso questa petizione, la gente del gargano e non, si muove e chiede che la “Storia di Kàlena” rientri nei Progetti di Recupero non solo della Regione Puglia e del Parco Nazionale del Gargano, ma anche del Ministero dei Beni Culturali.

Michela Colafrancesco

Fonte: http://www.garganoeventi.it/2014/03/24/peschici-una-vita-per-labbazia-di-kalena/#

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