L’AVIOSUPERFICIE di SCALEA, una storia esemplare.

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Le “mani” di alcuni sull’aviosuperficie non sono una novità. Sicuramente c’erano state anche prima, quando fu appena costruita.

E si, perché chi ha inventato questa opera pubblica ben sapeva dall’inizio che non avrebbe mai funzionato e che sarebbe servita solo a mangiare soldi. Venti e più miliardi di lire sono andati nelle tasche di imprenditori e certamente politici, altri milioni di euro sono andati poi ad altri imprenditori per rifare muri abbattuti dal fiume, strade inesistenti di accesso e altre piccole manutenzioni.

La provincia di Cosenza dovette sborsare oltre   200 mila euro per le strade di accesso all’aviosuperficie.

Bastava che arrivasse uno qualsiasi a dire che avrebbe messo in funzione l’aviosuperficie che la schiera di sindaci, politici e imprenditori vari si metteva attorno ad un tavolo per applaudirsi a vicenda. È successo ultimamente con questo Barbieri ricevuto a Scalea con tutti gli onori e con commissari, sindaci e politici della costa tirrenica a stringergli la mano. Ecco l’uomo che rilancerà lo sviluppo sul Tirreno cosentino, ecco l’uomo che porterà occupazione e lavoro a tutto il Tirreno. Albergatori, ristoratori, proprietari di case e villaggi, tutti in fila a stringergli la mano e tutti pronti ad aiutarlo per ottenere finanziamenti pubblici e privati. Finalmente il bandolo della matassa si sta sciogliendo. Tutti col naso in aria a Scalea e paesi vicini per vedere gli aerei in arrivo, tutti pronti ad accogliere le frotte di turisti che da tutta Europa sarebbero arrivati a Scalea.

Ma invece di aerei si vedono solo “ciucci” volare, e basta leggere l’approvazione del finanziamento di 25 miliardi e 630 milioni per capire che qualcosa non andava… da tempo. In particolare la delibera 798 dell’8 novembre del 1995, quando la Giunta comunale di Scalea approvò il progetto per la realizzazione dell’aviosuperficie per un importo di poco più di 19 miliardi di lire. Cifra rimodulata con delibera del 29 ottobre del 1998 per un importo di 25 miliardi e 630 milioni.

Era allora che la magistratura avrebbe dovuto metterci il naso e fermare lo scempio. Come si fa a dare miliardi di lire per un progetto dì questo tipo? Quale credibilità può avere un progetto che prevede ben 74mila passeggeri, 1350 tonnellate di trasporto merci e 95 posti di lavoro? Ma altro che “ciucci” che volano qui si tratta di astronavi aliene!

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Prendiamo i dati dei passeggeri. Bisogna dire che l’aviosuperficie non è altro che una grande pista di cemento che occupa una lunghezza di 2 chilometri per trenta metri di larghezza per un totale di 260 mila 515 metri quadrati, stretta fra la linea ferroviaria e la super strada.

Su questa pista potrebbero atterrare solo voli charter o aerotaxi fino ad un massimo di 9 passeggeri ed a vista, cioè senza alcun sistema di assistenza radar, esclusi, naturalmente, quelli in dotazione al pilota dell’aereo.

Questo dato del massimo dei nove passeggeri è un requisito di sicurezza scritto nel “Regolamento per l’uso di aviosuperfici per attività di Trasporto Pubblico, Scuola, Lavoro aereo” d’imminente emanazione da parte dell’ENAC, Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, il cui art. 3 recita proprio così:

«L’uso di aviosuperfìci per attività di trasporto pubblico è consentito esclusivamente peri voli: intracomunitari; in condizioni meteo non inferiori a quelle minime prescritte dalle regole del volo a vista; limitato alle ore diurne; ai soli velivoli di MTOM non superiori a 5700 kg e numero di posti passeggeri non superiori a 9»

e sottolineo nove. Questo vuoi dire che, per raggiungere la cifra dichiarata nel progetto, di 74 mila passeggeri, si dovrebbero effettuare su Scalea fino a 8 mila voli all’anno, cioè 23 aerei al giorno! Una persona, con un quoziente minimo di intelligenza, avrebbe bocciato un finanziamento simile. Invece il finanziamento arrivò e le ruspe si misero subito in moto, abbattendo una microeconomia locale fatta di coltivazione del cedro, buttando sul lastrico decine dì piccoli contadini e non pagando nemmeno con il prezzo dovuto i terreni requisiti. Uno di questi proprietari portò in tribunale il Comune di Scalea e il 19 marzo del 2010 i ricorrenti ebbero notifica del decreto.

Insomma la storia dell’aviosuperficie di Scalea è la metafora della nostra regione. In quasi tutti i paesi calabresi c’è un imprenditore illuminato che grazie ad amicizie politiche, riesce ad ottenere un finanziamento, e basta vedere le opere pubbliche abbandonate esistenti sul nostro territorio. Sale convegno, porti, chiese, alberghi, villaggi, opere che avevano lo scopo di succhiare danaro e nient’altro. Speriamo solo che questa operazione sul nostro territorio serva da monito… a chi non lo so!

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Di Francesco Cirillo

Fonte: Diogene moderno, anno XXI, n.1

Foto RETE

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3 Replies to “L’AVIOSUPERFICIE di SCALEA, una storia esemplare.”

  1. Giuseppe Conte ha detto:

    GRAZIE. .. RIPASSO UTILISSIMO PER GLI SMEMORATI ITALIOTI ELETTORI DI LADRI E TRUFFATORI DELLO STATO, DI COMUNI REGIONE E PROVINCE DI DESTRA E SINISTRA…
    AGGIUNGO UN’ALTRO SCANDALO CHE ASSOMIGLIA MOLTO A QUELLO DELL’AVIO SUPERFICE: I SOLDI DELLA MORMANNO SCALEA USATI PER FARE UNA ROTONDA SS.18 – VERSO L’INTERNO PER URBANIZZARE LE AREE AGRICOLE DEL COMUNE DI SCALEA …E NON PER LA MORMANNO SCALEA…LA CORTE DEI CONTI DOVREBBE DARE UN’OCCHIATA A QUESTO SPOSTAMENTO DI SOLDI PUBBLICI… LONTANI DAL PROGETTO ORIGINARIO….SS.504-(GIÀ ESISTENTE),
    CIOÈ DALLA STAZIONE DI SCALEA PER S.DOMENICA, PAPASIDERO, MORMANNO. ECC. PARCO NAZIONALE DEL POLLINO. E L’ECONOMIA DELLE AREE INTERNE.
    BUONA LETTURA.

  2. Di Florio Giancarlo ha detto:

    più che l’aver sperperato aiuti per l’aviazione con le palesi ingenuità riportate, mi piange il cuore x l’ipocrisia della facile speculazione citando l’impianto della lavorazione del cedro capolavoro nato per rendere giustizia alla vocazione del territorio e diventato una cattedrale nel deserto, a testimonianza dell’incapacità di unire i propri sforzi per migliorare le proprie condizioni e del continuo manifestare attaccamento alle proprie con beceri paradigmi amministrativi.

  3. Giancarlo DiFlorio ha detto:

    Errata Corrige:
    al terz’ultimo rigo manca la parola “radici”.

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