La risposta sembra semplice, ma in realtà è piena di ambiguità e di complicazioni. Il malinteso più comune è che dare significhi « cedere » qualcosa, essere privati, sacrificare. La persona il cui carattere non si è sviluppato oltre la fase ricettiva, ed esplorativa, sente l’atto di dare in questo modo.
Il « tipo commerciale» è disposto a dare, ma solo in cambio di ciò che riceve; dare senza ricevere, per lui significa essere ingannato. La gente arida sente il dare come un impoverimento. La ‘maggior parte degli individui di questo tipo, di solito si rifiuta di dare. Alcuni trasformano in sacrificio l’atto di dare. Sentono che solo per il fatto che è penoso dare, si dovrebbe dare; la virtù, per loro, sta nell’accettare il sacrificio. Per loro, la regola che è meglio dare anziché ricevere significa che è meglio soffrire la privazione piuttosto che provare la gioia.
Per la persona attiva, dare ha un senso completamente diverso. Dare è la più alta espressione di potenza. Nello stesso atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza, il mio potere. Questa sensazione di vitalità e di potenza mi riempie di gioia. Mi sento traboccante di vita e di felicità. Dare dà più gioia che ricevere, non perché è privazione, ma perché in quell’atto mi sento vivo.
Non è difficile riconoscere la validità di questo principio applicandolo a vari fenomeni specifici. L’esempio più elementare sta nella sfera del sesso. Il culmine della funzione sessuale maschile è nell’atto di dare; l’uomo dà se stesso, il suo organo sessuale, alla donna. Nel momento dell’orgasmo, le dà il suo seme. Non può fare a meno di darglielo, se è potente. Se non può darglielo è impotente.
Per la donna il processo non è diverso, anche se in un certo senso più complesso. Anche lei si dà; apre tutto il suo essere; nell’atto di ricevere, dà. Se è incapace di questo atto di dare, se può solo ricevere, è frigida. L’atto di dare si ripete, per lei, oltre che nella sua funzione di amante, in quella di madre. Dà al bambino che cresce in lei, dà il suo latte al neonato, gli dà il suo calore fisico. Non dare sarebbe penoso.
Nella sfera delle cose materiali, dare significa essere ricchi. Non quello che ha molto è ricco, ma colui che da molto. L’avaro che è terrorizzato all’idea di perdere qualche cosa
è, psicologicamente parlando, un povero essere, per quanto ricco sia.
Chiunque sia capace di dare se stesso è ricco.
Solo chi avesse appena quanto basti a sopravvivere, sarebbe incapace di godere nell’atto di dare cose materiali. Ma l’esperienza quotidiana dimostra che ciò che una persona considera le minime necessità dipende sia dal suo carattere che da ciò che essa possiede. È noto che i poveri sono più ansiosi di dare dei ricchi. Ciò nonostante, la povertà oltre un certo limite può rendere impossibile il dare, ed è assai doloroso, non solo per la sofferenza che provoca direttamente, ma perché toglie al povero la gioia di dare.
La sfera più importante del dare, tuttavia, non è quella delle cose materiali, ma sta nel regno umano.
Che cosa dà una persona a un’altra?
Dà se stessa, ciò che possiede di più prezioso, dà una parte della sua vita. Ciò non significa necessariamente che essa sacrifichi la sua vita per l’altra, ma che le dà ciò che di più vivo ha in sé; le dà la propria gioia, il proprio interesse, il proprio umorismo, la propria tristezza, tutte le espressioni e manifestazioni di ciò che ha di più vitale. In questo dono di se stessa, essa arricchisce l’altra persona, sublima il senso di vivere dell’altro sublimando il proprio. Non dà per ricevere; dare è in se stesso una gioia squisita. Ma nel dare non può evitare di portare qualche cosa alla vita dell’altra persona, e colui che riceve si riflette in essa; nel dare con generosità, non può evitare di ricevere ciò che le viene dato di ritorno.
Dare significa fare anche dell’altra persona un essere che dà, e entrambi dividono la gioia di sentirsi vivi. Nell’atto di dare qualcosa nasce, e un senso di mutua gratitudine per la vita che è nata in loro unisce entrambe. Ciò significa che l’amore è una forza, che produce amore; l’impotenza è l’incapacità di produrre amore.
Questo concetto è stato espresso efficacemente da Marx. « Presumiamo » dice « che l’uomo sia uomo, e la sua relazione col mondo sia umana, e si consideri amore l’amore, confidenza la confidenza ecc. Se volete apprezzare l’arte, dovete essere una persona artisticamente preparata; se volete avere ascendente sul prossimo dovete essere una persona che ha un’influenza veramente stimolante sulla gente. Ognuno, nei suoi rapporti con l’uomo e la natura, deve essere una espressione definita della sua vera vita individuale, corrispondente all’oggetto del suo desiderio. Se amate senza suscitare amore, vale a dire, se il vostro amore non produce amore, se attraverso l’espressione dì vita di persona amante voi non diventate una persona amata, allora il vostro amore è impotente, è sfortunato.
Da “L’arte di amare” di E. Fromm, Il Saggiatore
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