Un mendicante andò a bussare alla porta di una casa e chiese la carità d’un tozzo di pane. Il padrone gli rispose:
«Tu sei matto. Come pretendi di trovare qui del pane? Questa casa non è certo una panetteria».
Il povero insistette: «Se non c’è il pane, allora datemi, vi prego, un bocconcino di carne».
E il padrone: «Eh? Vattene via, questa non è certo una macelleria».
E il mendicante: «Padrone, non avete almeno da darmi un cucchiaio di farina?».
E lui: «Guarda un po’ questo qui, adesso crede che la mia casa sia un mulino!». «Almeno un sorso d’acqua…».
«Pensi forse che qui scorra un fiume o che qui dentro io nasconda un pozzo?»
Il dialogo andò avanti così per un po’, e a ogni domanda del povero il padrone rispose con crudeli parole di derisione.
A un tratto allora il mendicante si calò le brache, entrò in casa e si accucciò sul pavimento per farvi i suoi bisogni.
L’avaro gridò: «Pazzo! Miserabile! Che cosa stai facendo?».
Il povero rispose: «Non è forse normale trovar sollievo alle proprie impellenze in mezzo ai ruderi e alle rovine?
Dal momento che in questa casa non c’è alcun mezzo di sostentamento, ebbene non è una casa ma una rovina, ed è ben lecito usarla come latrina».
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Da “Ascolta la musica dell’anima”, di Rumi, Oscar Mondadori
Foto RETE