.
La statua della Madonna di Mercure o di Mercurio conservata nella chiesa omonima di Orsomarso alla confluenza dell’Argentino col Lao ritengo sia un’altra manifestazione di riplasmazione dell’antico basiliano attuata in pieno clima controriformistico.
Il simulacro raffigura la Madonna con il globo terraqueo nella mano destra e con il Bambino, seduto sul ginocchio sinistro, che sorregge il Vangelo.

La leggenda vuole che la statua sia stata modellata sul tronco di un ulivo intorno al quale sarebbe poi sorta la chiesa, originando la venerazione della Vergine in maggio.
Biagio Cappelli giudicò la statua – a mio avviso con ragione – “rozza” e “relativamente recente”, quindi del tutto incongrua al contesto storico-architettonico dell’edificio che l’accoglie risalente, invece, al X-XII secolo, quando assurse a prezioso punto di riferimento per i monaci dei numerosi asceteri e cenobi sparsi nel Mercurion.
Questi elementi fanno supporre l’introduzione del culto e della leggenda durante la Controriforma, la quale potrebbe avere operato anche qui, come a Papasidero nei casi descritti, una manipolazione del precedente, più antico vissuto religioso locale. Nel senso che alla chiesa di Mercure, ritenuta forse consona ai riti processionali e penitenziali della pietà barocca in quanto posta su un’altura, sarebbe stata abbinata la statua legittimandola con la ricordata inventio mariana.

Per rispettare, tuttavia, la “base” storica dell’edificio, il simulacro sarebbe stato realizzato rievocando il modulo compositivo “bizantino” dell’Odigitria basilissa, col Bambino Gesù a sinistra mostrante il Vangelo. Uno schema che potrebbe essere stato suggerito — accettando una congettura dello stesso Cappelli — da qualche preesistente effigie dipinta sulle pareti dell’antica chiesa mercuriense.
Da “La storia assente”, di Saverio Napolitano, Rubbettino