STORIA DI UN GRUPPO DI CRISTIANI – Il grido dal pozzo profondo

Juan Alberto Melgar Castro era a capo di una dittatura all’epoca dei fatti

Negli anni Sessanta e Settanta i paesi dell’America latina sono in mano a feroci dittature, che tutelano i privilegi delle classi dominanti. In questo clima gruppi minoritari di cristiani scelgono di vivere gli insegnamenti del Cristo con una dedizione esemplare, impegnandosi per l’emancipazione dei poveri, la dignità di chi lavora, la conquista di diritti civili.

Questa storia riguarda un gruppo di quei cristiani.

Offre spunti di riflessione.

HONDURAS, 1975

II 25 giugno 1975, la regione agricola di Olancho fu teatro di un massacro, in occasione di una marcia di contadini verso la capitale, Tegucicalpa. Quattordici persone furono assassinate dalle forze dell’ordine; di esse nove furono uccise a sangue freddo e dopo tortura. Tra le vittime c’erano dei contadini[…].

Dopo la loro uccisione i corpi delle nove persone massacrate vennero gettati in un pozzo profondo una trentina di metri, situato in località Horcones, fatto

poi saltare con la dinamite per ostruirne l’apertura. Il fatto provocò un autentico trauma nel paese.

Lettera del 9 luglio dell’equipe pastorale della parrocchia di Olancho, dopo l’arresto e la scomparsa dei sacerdoti Ivàn e Casimiro

Cari fratelli in Cristo,

che siate vivi o che siate morti, ricevete il nostro fraterno saluto. Voi sapete che nel Cristo risuscitato tutti vivono.

«Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse il dolore o l’angoscia? La persecuzione o la fame o la miseria? I pericoli o la morte violenta?

Proprio come sta scritto: per causa tua siamo messi a morte ogni giorno e siamo trattati come pecore portate al macello. Ma in tutte queste cose noi otteniamo la più completa vittoria, grazie a colui che ci ha amati … niente e nessuno ci potrà strappare da quell’amore che Dio ci ha rivelato in Cristo

Gesù, nostro Signore» (Rm 8,31-39).

Vogliamo assicurarvi che la nostra fede in Gesù Cristo resta ferma. Ma siamo preoccupati, inquieti. Ci siamo spesso chiesti che cosa dobbiamo fare per voi. Abbiamo contato sulla Chiesa, sulla sua gerarchia, ma finora ha praticamente taciuto; sui movimenti apostolici, sulla commissione di inchiesta, sui testimoni oculari … ma finora è stato tutto inutile!

Non abbiamo parlato a causa delle pressioni interne ed esterne, ma sappiate che vi seguiamo da vicino. Noi vogliamo comunicare con voi. Pensiamo che quindici giorni di silenzio siano troppi.

Sappiamo molto bene che voi avete compiuto il vostro dovere. Sappiamo anche che non avete mai cercato la violenza come vi hanno accusato di avere fatto. Siamo convinti che gli istigatori e gli esecutori di questo gesto non possono essere tranquilli, se hanno ancora una coscienza.

Abbiamo constatato da vicino la malizia di coloro che sono implicati nei fatti di Olancho, le voci contrastanti, l’informazione distorta dei mezzi di comunicazione sociale, le risposte evasi ve di quelli che vogliono lavarsene le mani, l’attesa morosa delle autorità …

Vi giudicano perché siete sacerdoti e stranieri, come noi delresto. Come sacerdoti, certo che avrete avuto delle mancanze nella vostra vita, come le abbiamo noi.

Ma come possiamo tacere di fronte alla verità che bisogna dire? Di fronte all’ingiustizia che bisogna denunciare? Di fronte all’annuncio del vangelo che ci libera?

Supponiamo che vi abbiano eliminati insieme ai giovani e ai contadini indifesi con i quali siamo solidali e che vogliamo accompagnare nelle loro sofferenze e nei loro dolori, nelle loro attese e nelle loro speranze.

Perché stranieri, vi hanno picchiati, oltraggiati, forse uccisi. Ma voi vi sentivate stranieri tra i piccoli e gli umili? Ci domandiamo allora: Chi sono i veri stranieri? Sono forse quelli che vengono a condividere la vita del popolo e a dare il meglio di se stessi? O, piuttosto, sono quelli che saccheggiano le ricchezze del paese e corrompono i funzionari?

Voi state giungendo alla meta che è il Signore; forse l’avete già raggiunta. Noi restiamo con il popolo e questa meta non l’abbiamo ancora raggiunta. Manca ancora molto perché tutti, come popolo, possiamo vivere in pienezza la comunione con Dio, dando la vita per i fratelli. Ci preoccupa il futuro: Dove andare? Che fare? Ma c’è qualcosa che ci preoccupa di più: Saremo fedeli fino in fondo? La paura ci farà tacere? La Chiesa si rinchiuderà nelle sacrestie? Resteremo passivi di fronte alle richieste dei nostri pastori espresse nel Vaticano II e nella Conferenza Episcopale di Medellìn?

Cari fratelli, vi accompagniamo nel dolore e nella solitudine. Deve essere terribile essere prigionieri, torturati, morire soli … Vi accompagniamo nella comunione del Cristo Risorto. Supplicate per noi il Signore che ci aiuti a

restare fedeli per accompagnare il popolo, con il fermento del vangelo.

Possa il vostro sangue versato e quello di tutti gli altri martiri di Olancho (quanti sono? cinque? diciotto? o più?) salire fino al ciclo e reclamare giustizia, per purificare la nostra società corrotta dal denaro, dal potere e dalle armi! Che il vostro sangue fecondi l’Honduras, trasformandolo in un popolo cosciente e organizzato!

È con grande dolore che ci separiamo da voi. Con Cristo, sempre.

I vostri carissimi amici di Olancho.

Fonte: AMERICA LATINA IN PREGHIERA, di Charles Antoine – Cittadella Editrice

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