ANIMA

Siamo soliti identificare il termine ‘anima’ con parole come alito, soffio, respiro, vita. Quando ci manca il respiro, arriva la morte. A volte l’anima è concepita anche come una specie dì calore vitale, di fuoco, fuoco che si spegne con la morte.

In generale, tutte le culture hanno avuto familiarità con il concetto di anima. Si parla dell’anima delle persone, degli animali, dei fiumi, delle montagne, delle opere d’arte. Tutto ciò che ha vita ha anima.

Tuttavia ci sono eccezioni: nel pensiero cinese arcaico si partiva dal presupposto che non tutti gli individui avessero un’anima; si pensava che l’anima fosse una specie dì spirito, di dio minore, che discendeva dal cielo, si istallava all’interno delle persone e, se si sentiva a proprio agio, vi restava per sempre, ma che poteva anche ‘emigrare’.

Si è stati, quindi molto generosi con la parola; ‘anima’ assegnandole un’ampia gamma di significali.

Il filosofo francese Henri Bergson […] constatava che abbiamo un corpo molto grande e un’anima motto piccola. «II corpo ingrandito aspetta un supplemento d’anima. La meccanica esige una mistica». Bergson denunciò un preoccupante squilibrio tra i progressi della tecnica e la stagnazione della dimensione spirituale. Era convinto che, se l’umanità non avesse dato un’opportunità alla spiritualità dell’anima, sarebbe stata schiacciata dal peso del suo stesso processo tecnologico.”  Per lui aveva, un’anima chi vive in profondità. Profondità che, come mostra la sua biografia, praticò generosamente. Discendente da antenati ebrei, Bergson era stato educato in questa tradizione religiosa. Quando i tedeschi durante la Seconda guerra mondiale entrarono in Francia, possedevano una lista di francesi illustri di origine ebrea che non dovevano essere molestati. Bergson era compreso in questa, lista, ma, già anziano e infermo, rinunciò a questo privilegio, e si adattò a fare una lunga coda per iscriversi come ebreo e condividere così il destino del suo popolò.

(Manuel Fraijo).

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Henri-Louis Bergson (Parigi, 18 ottobre 1859 – Parigi, 4 gennaio 1941) è stato un filosofo francese. La sua opera superò le tradizioni ottocentesche dello Spiritualismo e del Positivismo ed ebbe una forte influenza nei campi della psicologia, della biologia, dell’arte, della letteratura e della teologia. Fu insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1927 sia «per le sue ricche e feconde idee» sia «per la brillante abilità con cui ha saputo presentarle».

Nonostante la malattia fisica egli mantenne saldi i propri valori fondamentali fino alla fine della sua vita; di particolare rilievo morale fu la sua scelta di rinunciare a tutte le cariche e onori che gli erano stati precedentemente attribuiti piuttosto che accettare di essere un’eccezione alle leggi antisemitiche imposte dal governo di Vichy.

Inoltre, sebbene desiderasse convertirsi al Cattolicesimo, vi rinunciò per solidarietà con i suoi correligionari ebrei verso i quali era cominciata in Germania la persecuzione nazista. Infatti, nel suo testamento, redatto nel 1937, il filosofo scriveva:

«Le mie riflessioni mi hanno portato sempre più vicino al cattolicesimo, nel quale vedo il completamento dell’ebraismo. Io mi sarei convertito, se non avessi visto prepararsi da diversi anni la formidabile ondata di antisemitismo, che va dilagando sul mondo. Ho voluto restare tra coloro che domani saranno dei perseguitati. Ma io spero che un prete cattolico vorrà venire a dire le preghiere alle mie esequie, se il cardinale arcivescovo di Parigi lo autorizzerà. Nel caso che questa autorizzazione non sia concessa, bisognerà chiamare un rabbino, ma senza nascondere a lui o ad altri la mia adesione morale al cattolicesimo, come pure il desiderio da me espresso di avere le preghiere di un prete cattolico.»

Per sua richiesta, fu un prete cattolico a recitare le preghiere al suo funerale. Henri Bergson è sepolto nel cimitero di Garches, Hauts-de-Seine. (Wikiped.)

FOTO: Rete

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