Vita di Nilo il Giovane scritta da Bartolomeo, suo discepolo – Cap.1

VITA DEL SANTO PADRE NILO IL GIOVANE SCRITTA DA SAN BARTOLOMEO

suo discepolo

volgarizzazione di d. ANTONIO ROCCHI m. b.

CAPITOLO  1°

La Grazia di Nostro Signore Gesù Cristo e l’amore del Divin Padre e la partecipazione dello Spirito Santo (poiché sta bene principiare da Dio e terminare con Dio) sia con tutti coloro1, i quali con impegno mi ascolteranno, e sia altresì con me umile e meschino, il quale non senza qualche temerità assumo a narrare la vita del nostro santo Padre Nilo il giovane; perciocché io non mi sono accinto a quest’opera per alcun umano riflesso, né perché altri me l’abbia suggerito, o anche solo mi vi abbia incoraggiato. Conciossiaché, negli ultimi anni che già decorrono di questi ultimi secoli, non si trova chi vada appresso a tali cose, e molto meno che ne faccia premurosa ricerca. Anzi per l’opposto molti le deridono e se ne infastidiscono, poiché e alle storie dei santi antichi non credono affatto, e a quelle poi dei moderni non prestano anche molta fede. Per tal guisa costoro si tagliano totalmente la via ad ogni loro bene2; essendosi prefisso di non credere alle cose che loro si narrino, più di quello a che arrivi la loro intelligenza; anzi di porre in dubbio su quanto avanzi la portata della loro mente, come cosa o del tutto falsa, o per lo meno sospetta di falsità3. Quindi è che noi avendo preso per base e principio del nostro dire quella mente invisibile cioè Dio, il Padre, l’Eterno Verbo e il consustanziale e Santissimo Spirito, nel loro nome appunto cominceremo la presente narrazione4. La quale, se pure a niun altro giovasse, gioverà certo a noi5, se però vi attenderemo a dovere, sollevando il pensiero da queste terrene cose; a quella guisa che coloro che manipolano gli unguenti, sempre ne riportano per sé qualche fraganza e piacere.

CAP. 1. Patria, nascita e gioventù di S. Nilo. Il Santo abbandona il secolo, entra nel monastero dell’abate S. Fantino.

Ciò premesso, per parlare, come si conviene, del celebre Nilo, noi, faremo capo da quella che a noi lo diede, vogliam dire, dalla sua patria; affinché chi brami conoscere appieno quanto lo riguarda, non sia di nulla punto defraudato, neppur di questo. Intanto io penso che niuno fra noi non conosca bene Rossano6 non solo come capitale della provincia di Calabria, città grande e a un tempo inespugnabile, ma come quella che nella generale devastazione della contrada è stata la sola fin qui tra le città divenute dominio della potenza saracinesca, che non sia soggiaciuta alla legge dell’universale eccidio. Sebbene questa ventura non la debba al merito di sapienza o di forza umana, ma sì alla potentissima protezione della Signora nostra e sempre vergine Maria, Madre di Dio, che in modo specialissimo la difende. Perciocché soventi volte di notte tempo accostatisi alla città gli empi Agareni con l’animo di depredare il castello, al momento che avanzavano a dare la scalata, dicono che la Vergine, in sembianza di donna vestita di porpora, con faci alla mano li ributtasse e cacciasse dal muro. Tanto appunto confessarono quelli stessi tra loro che si erano salvati con la fuga. In questa città pertanto spuntò alla luce il nostro santo padre Nilo, di là tolse i primi albori di sua vita terrestre. Fu egli un grazioso dono del cielo a’ suoi genitori, i quali dopo la nascita di una figliuola, ansiosamente sospirato un maschio, questo consecrarono di poi al servizio della Casa della madre di Dio7. Ebbesi egli in sorte dalla natura un’indole felice, perspicacia di mente e amabilità di modi: e superava tutti i coetanei suoi colleghi tanto nell’apprendere, nel rispondere e nel leggere assiduamente le Scritture, quanto altresì nelle interrogazioni che moveva a’ suoi maestri, i quali trasecolavano come un fanciullo giungesse a investigare sì a fondo le Scritture, da farvi sopra cosiffatte domande.

Garzoncello tuttavia, amava di leggere le vite dei Santi Padri, vale a dire di Antonio, di Saba e di Ilarione e di altri, le cui imagini erano dipinte nella Cattedrale8, vite le quali percorreva con assai piacere e penetrazione. Di qui cominciò a concepire grande avversione al male; e perciò anche a ritirarsi dalle case e dall’usare coi grandi, ed a prendere in sommo abbominio ogni maniera di doppiezza e di simulazione, e a farsi beffe di quei cosiddetti amuleti e scongiuri; benché per la svegliatezza di sua mente, avido quanto mai di tutto sapere, teneva pur seco anche di tali libri. Intanto fra breve tempo gli vennero l’un dopo l’altro a mancare i genitori, per cui egli rimase sotto la custodia della sorella, dalla quale venne religiosamente educato, perché, sebbene maritata, era tuttavia, donna assai pia e devota.

Senonchè come in lui cominciò a spuntare il fiore della gioventù, gli venne anche a mancare chi con saggie ammonizioni temperasse quel suo ardore giovanile; e non v’era chi con assiduo ammaestramento lo guidasse al bene, non vescovo, non prete, non abate, né anche un semplice monaco; poiché a quei, tempi, oltreché assai di rado si vedesse l’abito religioso, era questo per soprappiù anche un po’ disprezzato. Frattanto il demonio, come quegli che é molto scaltro per sapere dai precedenti preveder l’avvenire, di già congetturava il gran bene che in generale ne sarebbe derivato da Nilo; e qual tremendo avversario e nemico in lui riporterebbe. Quindi si diede opera di ferire i cuori di nubili donzelle non solo con la speciosità di sue fattezze, ma con quella soavissima voce, ond’egli cantava le divine salmodie, ed altresì per una speciale attività e attitudine che mostrava in qualunque cosa si fosse applicato. D’altra parte a lui non bastavano quasi più le forze dell’animo per isvilupparsi e sfuggire alle insidiose panie; cosicché alla fine, quasi cervo ferito nel cuore, si dié vinto ad una di quelle, la quale per sembianze e speciosità di volto avvantaggiava le altre compagne, quantunque fosse assai inferiore a tutte per condizione di nascita e per beni di fortuna. Congiunsesi pertanto Nilo con esso lei in matrimonio; ed il primo figlio che ne ebbero, si fu una bambina9.

Ma la provvidenza di quel Dio che tutto vede e conosce prima che le cose giungano a termine, preveggendo pur anzi il gran bene che per mezzo di lui ridonderebbe agli uomini, e i molti che per suo mezzo conseguirebbero il regno dei cieli, non permise che egli si ravvolgesse più a lungo nel fango di cotesta vita mondana. Pertanto in prima gl’impresse nella fantasia una viva imagine della morte e dell’interminabile tormento delle pene future; poscia lo impegnò in una lunga e continuata lotta con una gagliarda febbre a freddo, per cui egli si vedeva incessantemente innanzi agli occhi la morte in atto di trascinarselo via dal mondo10.

Ora in uno di questi giorni, senza dir cosa, né rivelando il segreto a nessuno, se ne andò a trovare certuni che gli dovevano una non piccola somma, e disse loro: «Sapete, io ho trovato una bellissima vigna, e mi conviene senza meno comprarla». Con queste parole riscosso da loro quel tanto che lì per lì si trovavano avere in tasca, condonato il resto, se ne uscì di città in preda tuttavia del male. Lo accompagnava un certo monaco detto Gregorio, il quale gli fu scorta per la strada che conduceva al monastero. Giunto intanto alla riva di un fiume, ed entratovi per passarlo a guado, di presente si avvide che Dio quasi il conduceva per mano, e lo aveva preso sotto la speciale sua protezione per portarlo alla meta da lui voluta. Perocché, standosi egli in mezzo al fiume, s’intese in un istante calare dalle spalle, a guisa di enorme peso, il suo grave malessere; sicché tutto animoso proseguiva il cammino ripetendo lietamente le parole del salmo: Signore, io corsi per la via de’ tuoi comandamenti, quando dilatasti il cuor mio11.

Ma giunto infine ai monasteri della regione di Mercurio12, al rimirare quei celesti e divini persosonaggi, vuo’ dire, il gran Giovanni, il celebre Fantino e l’angelico Zaccaria con gli altri monaci, tutti segnalati in opere ed in parole, egli commosso al portamento di questi contemplativi e al loro umile abito, si struggeva in lagrime e sentivasi acceso dentro di sé di un sommo desiderio d’imitarli. I quali alla lor volta ammiravano in lui un portamento da vecchio maturo sotto membra ancor giovanili, e una fermezza di proposito disposto ad ogni ben fare. Prendevano poi anche speciale diletto in sentirlo leggere, tanto per la sua dolce pronunzia, quanto per l’acume della mente che mostrava nel penetrare a fondo i concetti; che però con uno sguardo profetico di già scorgevano che la grazia dello Spirito Santo si accrescerebbe in lui sovrammodo, e che anime senza numero diverrebbero per opera sua eredi del regno dei cieli. Quindi non cessavano di benedirlo e di fortificarlo con le loro orazioni.

FONTE: ilsantorosario.com

FOTO: Rete

NOTE

1 Queste parole sono tolte di peso dal Canone della greca liturgia; prese da S. Paolo (II Cor. XIII, 13). Il Santo come qui principia da Dio, così poi vedremo, terminerà con Dio.

2 Quale cioè loro proverrebbe dalla lettura delle vite dei Santi.

3 Questo concetto è tolto di peso di sopra S. Gregorio Nisseno nella vita di S. Macrina, alla fine.

4 Il biografo ci fa capire che l’invocazione della Divinità fatta a bel principio è per lui un attestato della verità di ciò che si prepara a dire.

5 Intende i monaci della sua comunità.

6 I monaci erano tutti o quasi tutti Calabresi.

7 Essi lo misero a servire nella chiesa dedicata in onore della S. Vergine chiropiita, come la chiamano i Rossanesi.

8Καθολική εκκλησία «Chiesa cattolica» qui ed altrove nella nostra storia significa la Cattedrale; la chiesa comune della città: col qual nome anche a Messina il Duomo è chiamato la Cattolica, e così poi universalmente in Oriente.

9 Taluni han voluto supporre che non fosse cotesto che un concubinato. Ma la frase greca: Ζεύγνυται τή αυτή significa si congiunse a lei in matrimonio. (Ved. Lexic. Henr. Steph.). Per altro questo punto si è bastevolmente spiegato nella Prefazione. Ed anche perciò si crede, egli nel farsi religioso, assumesse il nome di Nilo, per divozione a S. Nilo Sinaita, col quale aveva comune anche questo, di essersi fatto monaco tuttoché coniugato, siccome lui, il quale però indusse la moglie a ritirarsi in un chiostro di Sacre Vergini. Però il nome di battesimo del nostro santo era quel di Nicola. Anzi é tradizione in Rossano (De Notis, op. cit.) che Nilo fosse della illustre famiglia dei Malena, di cui l’unico discendente oggi superstite, mi si dice, è un qualificatissimo cittadino.

10 Tali spaventi non confermano punto che Nilo stesse in una vita di peccato, quantunque pure per accidentalità potesse aver peccato… altri Santi ebbero di cosiffatti spaventi. Sarebbe sufficiente a spiegarsi l’aver lui preso moglie contro l’ispirazione di Dio, che forse da prima lo chiamava a vita perfetta.

11 Sal. CXVIII, 32.

12 Questi monasteri sebbene stessero nella provincia di Rossano, erano dissiti assai dal capo-luogo; e se Nilo fece tutto il viaggio a piedi, vi ebbe ad impiegare parecchi giorni per arrivarvi. Essi erano nella Calabria ulteriore prima; e la regione, dice il ch. Ant. De Salvo (Metauria e Tauriana. Napoli, 1886, p. 99, nota) è fra le contrade di Sidaro e di Prato, e con esse fra le città di Gioia-Tauro e di Palmi, sorte o aumentate dopo la prima metà del sec. x dalle ruine dell’antica Tauriana (Palmi, Seminara e Gioia-Tauro, op. dello stesso ch. autore. Palmi, 1899, pp. 1-50). E qui rendiamo pubbliche grazie al gentile scrittore per averci donate le dotte ed erudite sue opere.

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