La Quaresima, tempo dello spirito

Siamo in tempo di Quaresima, un tempo dello spirito che non è soltanto cristiano ma appartiene a molte tradizioni, da Oriente a Occidente. Quaresima deriva dal latino quadragesima dies, quarantesimo giorno, perché originariamente in Oriente, dove questa prassi penitenziale era nata, si digiunava per otto settimane prima della Pasqua, esclusi il sabato e la domenica, vale a dire per quaranta giorni.

Nella tradizione biblica i giorni di penitenza e di purificazione erano sempre stati quaranta. Quaranta i giorni del diluvio universale, quaranta quelli di Mosè sul Sinai, quaranta quelli trascorsi dal Cristo nel deserto. Non casualmente erano quaranta perché questo numero simboleggia universalmente l’attesa, la purificazione, la prova o il castigo, tant’è vero che si chiama quarantena il periodo di isolamento cui sono sottoposti i passeggeri di una nave o di un aereo sospettati di essere possibili portatori di un’epidemia.

Nell’islam e nell’ebraismo il numero quaranta indica, come nel cristianesimo, il periodo di purificazione: le puerpere restano impure per quaranta giorni, che sono anche quelli del lutto. Ma è anche il numero che conclude un periodo di prova e di preparazione: non casualmente Maometto ricevette la sua prima rivelazione a circa quarant’anni.

La Quaresima cristiana è nello stesso tempo periodo di attesa e di preparazione alla Pasqua, di penitenza e di purificazione: comincia nel rito romano col Mercoledì delle Ceneri imposte a tutti i fedeli con la celebre formula, «Memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris». Queste ceneri sono ottenute dai rami di olivo benedetti l’anno precedente nella Domenica delle Palme.

Fin dai primi secoli si è considerato l’olivo simbolo del Cristo. Nel Vangelo apocrifo di Nicodemo, che risale ai secoli IV-V, si narra che mentre i giusti si trovavano all’Inferno si levò una luce abbagliante che annunciava la discesa agli inferi del Cristo per resuscitare nella gloria divina Abramo, i patriarchi e coloro che con una vita buona avevano meritato la salvezza. Allora Seth, il terzo figlio di Adamo, narrò agli altri abitanti degli inferi:

«Ascoltate, profeti e patriarchi! Una volta mio padre Adamo, il primo creato, caduto in punto di morte, mi mandò dal Signore perché mi facesse accompagnare da un angelo fino all’Albero della Misericordia e io potessi prendervi olio e ungere mio padre affinché si riavesse dalla malattia. Ma un angelo mi rispose: “Tu Seth desideri l’olio che cura i malati o l’albero che produce l’olio capace di curare il male che affligge tuo padre, la morte? Questo non si può trovare adesso. Va’ dunque da tuo padre e digli che quando saranno trascorsi cinquemilacinquecento anni dalla creazione del mondo scenderà sulla terra l’unigenito Figlio di Dio fatto uomo ed egli stesso ungerà con questo olio e guarirà da ogni malattia. Ora però questo è impossibile”».

Sulla scia del racconto si formò nel corso del Medioevo una leggenda secondo la quale sulla tomba di Adamo era nato un olivo da cui la colomba del diluvio universale avrebbe staccato il ramoscello per Noè e più tardi sarebbe stato tagliato il legno per la Croce. Ma la Croce è simbolicamente il Cristo stesso, sicché non sarebbe infondato congetturare che la cenere dell’olivo usata alle Ceneri sia il simbolo del destino di ogni uomo cui si assoggettò anche il Cristo mentre il ramoscello che viene dato ai fedeli durante la Domenica delle Palme figura il Risorto e la Resurrezione dei morti.

Con l’olivo benedetto si fabbricavano anche crocette-amuleti, si fumigavano le bestie malate, gli ambienti della bachicoltura, chi era colpito da malocchio, le mammelle infiammate; si ornavano immagini sacre e acquasantiere. Lo si riponeva infine fra la biancheria o lo si gettava negli angoli dei campi.

ALFREDO CATTABIANI

Da “LUNARIO” – Mondadori

FOTO: Rete

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