La Calabria di Padula: INGIURIE E SOPRANNOMI

Ogni paese dà un’ingiuria al paese vicino, e di questo fatto, onde gli archeologi non si sono occupati, io intendo di trarre qualche insegnamento.

I paesi finora enumerati formano il circondario di Paola, ch’è (e ne diremo in seguito le ragioni) il più povero tra tutti. Ora vediamo che giudizio fa ciascun paese del suo vicino.

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Mezzacazetta di Tortora. Si vuole con ciò accennare la miseria di quel popolo, le cui donne portano i piedi scalzi, ed un calzette che va dal malleolo in su.

Buggiardi e fantastici, nivuruni e ciavulari di Aieta. Aieta ha dato parecchi uomini valenti nelle lettere e nelle scienze. È naturale quindi che fossero fantastici gli abitanti.

Cape-sarde e Judei d’a Scalia. E noi notammo  l’origine di questa ingiuria. — Patria di Gregorio Caroprese, nato… e morto al 1720.

Mangialardo di S. Domenica.

Culinivuri, crocaciusi o mangiarane d’Orsormarso. Il primo agnome è perché le donne vestono tutte a nero; ed i secondi sono identici. Cròcaci nel nostro dialetto è voce imitativa, e vale « rana ».

Pacchiusi di Verbicaro, cioè peccioni o tripponi; e ciò alle febbri miasmatiche, e queste da riferirsi alle paludi. Παχυς , pingue; σταχυς (spica) = tacchiu.

Trìppicuotti di Cipollina, o (meglio) trippaccbiuti = trippacchiusi.

Sasèi di Grisolia. È una parola stupenda, ed ingiuria antichissima, tanto che gli abitanti medesimi ne ignorano il significato. Sas in ebreo vale «pidocchio», i Greci ne fecero σης (tigna): tanto è vero che neppure i pidocchi sono greci. Sasèo vale dunque «tignoso» e «pidocchioso». — Si dicono pure mezzi-cauzietti.

Cipullari di Cirella. Vi nascono cipolle bellissime.

Scavuza-cani di Maierà.

Passulilli e giannizzeri di Diamante. Vivono di passi; e se un forestiero offende per poco un diamantese, tutti gli vanno addosso, e di qui il nome di giannizzeri.

Zaccanari di Bombicino, pel grande macigno che sorge a fianco del paese.

Pizzula-fichi e cucuzzari di Belvedere; e quando altri incontra un naturale di esso paese, gli dà la berta, cantando:

Alla chiazza di Bellividiri,

si vu’ a mammeta, mammeta truovi.

Cu tri calli ci ha’ tri cose:

nu fichiciellu, nu passuliellu,

e nu biellu ‘nfin-nfin-firrì. (1)

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Cuccuzzari di Sangineto.

Ciuoti di Bonifati. Questi versi si cantano in tutta la provincia:

Visignanu fo lu padri,

Fuscaldu fo la madri,

chi ficiro due frati:

Albidona e Bonifati.

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La omofonia tra Bonifati e « fatui » ha dato origine all’agnome. — Un bonifatese portava formaggio: incontra uno di Maierà, e gli dice: «Indovina che porto, e te ne darò una forma». Ma sono i migliori pastori, e il loro cacio è stupendo.

Spagari di Cetraro. Vi si fa molto lino, ed i funaiuoli sono molti. — Paese appartenente a Montecasino.

… d’Acquappesa.

Eretici di Guardia. Quando scoppiò la Riforma in Germania, la mia provincia non rimase indifferente. Gli abitanti di Guardia mandarono in Ginevra per avere un ministro. Vi venne il piemontese Lodovico Pasquale. Un prete, nativo di Taverna, un tale Giannantonio Anania, cappellano di Spinelli marchese di Fuscaldo, nel 1561 (1553?) ne scrisse in Roma al cardinale Michele Ghislieri (poi Pio V). Il papa ne scrive a Napoli al viceré duca d’Akalà. Questi manda in Cosenza Annibale Moles giudice della Vicaria con forza di soldati. Gli abitanti di Guardia e di altri paesi (onde ci occuperemo in seguito) si armano. Il viceré ne scrive allo Spinelli marchese di Fuscaldo, che ricorrendo all’astuzia finge di mandare carcerati alcuni suoi militi nell’inespugnabile Guardia, e così la piglia. Confiscati i beni, bruciati vivi i ribelli, tra cui Lodovico Pasquale. Fu loro vietato il matrimonio, finché non si convertissero; e per convertirli. vi si fondò un convento di Domenicani.

Ciuoti di Fuscaldo. E si dà la berta al fuscaldese dicendo:

«Jamu supra u munticeddu, là pigliamu a luna cu lu matassaru».(3)

Scolavruodu e zinzulari di Paola. Paese cencioso, e che compra e vende cenci.

Pezzevecchiari e furmiculari di S. Lucido. E si dice che S. Lucido sia il paese delle quattro f: fumo (4), fame, fessa (5) e formiche. — Gittano i vasi per le strade.

Ladri di Falconara.

Sucavientu e marciaruoli di Fiumefreddo. Girano per tutto come merciaiuoli, e si ritirano nel solo Carnevale.

Crucifissuori di Longobardi. Dicesi ch’essendovi un tristo delatore, lo inchiodassero vivo ad una quercia.

Cipullari di Belmonte: perché il basso popolo vive tutto l’anno di cipolle. —

«Bellimuntisi,

 scurcia li ‘mpisi, /

e di la pelli fattinne cammisi»(6)  — Sono avari.

Mangiavilelle e votacannella: perché mangiano crude le vitelle(7), pesciolini che l’onda spinge al lido. — Si narra poi  che un asino avendo bevuto nella pila dell’acqua benedetta, gli si fece un processo, e fu condannato ad essere gonfiato. Gli si ficca dunque nel culo un cannello: i contadini vanno prima a soffiarvi. Venuta la volta dei galantuomini, questi dissero: « Vota(8) cannella, che tocca ai galantuomini».

Mandioti / culi a ruotu: / cacu e pisciu alla pignata,/  e si ni piglia na cucchiarata(9). — Sono fanatici per la nobiltà. Uomo dalla scarpa bianca lì vuol dire nobile; né vi è maggiore ingiuria che dire: « Tu hai sporcata la scarpa bianca ». Ciò perché tutti i nobili entravano nella chiesa dell’Immacolata, e per distinguersi calzavano una scarpa bianca. — Sono realisti, e nel dì di S. Antonio bruciano il bosco del baco.

Scurciacapre di Lago. — Vi è peggio ancora. Chi passa. per le campagne di Lago, appena incontra una laghitana, le dice: « Quanto ci è da Lago a Laghicello? ». E quella imbestialita risponde: « Quanto dalla fessa al culo di mammeta(10) ».

Ginocchiuti di S.. Pietro. I Greci avrebbero detto ιχνοπαχυς (= genua pinguis)

Tignusi di Terrati. Uomini e donne con rizzale; se ne reca la causa all’acqua.

Vurpari della Serra (d’Aiello).

Tammurrari d’Aiello, perché suonano in tutte le feste. E si dice pure:

« Avellisi, scurcia li ‘mpisi, /

e de la pelle jattinni cammisi, — //

Ajiellu, Ajiellu, /

 allu miegliu d’u mangiari /

tu stipati u curtiellu ».

Suriciari o mangiasurici di Pietramala. Questo costume notabilissimo, eh’è in Pietramala e nei suoi villaggi Cannavaie e Savuto, e che troveremo anche altrove, è costume semitico presso i popoli vicini agli Ebrei e fra le abominazioni degli idolatri Isaia (1, 16, c. 17) nota abominationem et murem

NOTE

  1. Sulla piazza di Belvedere, / se vuoi tua madre, tua madre trovi. / Con tre carlini hai tre cose: / un piccolo fico, un piccolo passo / ed un bel ‘nfinfinfirrì.
  2. Bisignano fu il padre, / Fuscaldo fu la madre, / che generarono due fratelli: / Albidona e Bonifati.

3. Andiamo sul monticello: lì prenderemo la luna coll’aspo :

4. Cioè superbia» [_N.d,A.~\.

  • Variante indicata dall’A. nel ms.: « fieto ».

6. O belmontese, / scuoia gl’impiccati, / e della pelle fanne camicie.

7.Menole, E’ la maena dei naturalisti: vive su fondi algosi

8. Inverti.

9.Abitante di Mandia / culo a tegame: / merda e orina nella pignatta, / e ne prende una cucchiaiata.

10. Tua madre.

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Da CALABRIA PRIMA E DOPO L’UNITA’, di Vincenzo Padula – Laterza

FOTO: Rete

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