LA RELIGIONE NELL’EUROPA ARCAICA

«La signora dormiente» di Malta, statuina fittile da un ipogeo nei pressi di Taxien (Malta), risalente al JV-III millennio a.C., Museo Nazionale di Archeologia, La Valletta. In epoca neolitica è documentata la venerazione di una dea principale che incarna il principio della creazione e della fertilità. Secondo l’ipotesi di alcuni studiosi, le «veneri» dei periodi più antichi diventano «dee madri» nell’ambito di una cultura agricola e sedentaria probabilmente matrilineare.

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Un nuovo nome, civiltà dell’Europa Arcaica, andrebbe introdotto per indicare l’identità e le realizzazioni collettive delle varie culture dell’Europa sudorientale nel Neolitico e Calcolitico. L’area di questa civiltà si estende dall’Adriatico e dall’Egeo (con le relative isole) alla Cecoslovacchia, alla Polonia meridionale e all’Ucraina. Tra il 7000 e il 3500 a.C. i suoi abitanti svilupparono un’organizzazione sociale assai più complessa dei loro vicini a ovest e a nord, implicante grandi insediamenti, specializzazione del lavoro e istituzioni politiche e religiose.

Le vestigia più eloquenti sono le sculture, che testimoniano aspetti della vita solitamente inaccessibili all’archeologo, come le mode del vestire, la cerimonialità religiosa e le immagini mitiche. La società dell’Europa Arcaica era caratterizzata dalla dominanza della donna e dalla venerazione di una dea principale e universale, che incarnava il principio creativo come fonte e datrice di tutto: vita, fertilità, nascita. L’elemento maschile, umano e animale, rappresentava i poteri spontanei e stimolanti della vita, ma non generativi.

Vasi antropomorfi della cultura neolitica di Peceler, in Ungheria, rinvenuti in contesto funerario,
IV millennio a.C., Museo Nazionale, Budapest.

In questa ipotesi si dà per scontato che l’economia agraria abbia legato uomini e villaggi alla terra, ai ritmi biologici delle piante e degli animali da cui l’esistenza interamente dipendeva. Il moto ciclico di morte e resurrezione fu ascritto a forze soprannaturali, per cui si provvide a proteggere con opportuni simboli e riti le capricciose forze della vita e ad assicurare la loro perpetuazione. Dal VII millennio a.C., nell’Europa Arcaica, i caratteri della psicologia e della religione dei contadini cominciarono a manifestarsi nella scultura, all’inizio non imitativa delle forme naturali, ma mirante piuttosto a esprimere concezioni astratte.

L’Europa Arcaica è una civiltà pre-indoeuropea, matrifocale e probabilmente matrilineare, agricola e sedentaria, egalitaria e pacifica. Essa si porrebbe in acuto contrasto con le successive culture indoeuropee, dipinte come patriarcali, stratificate, pastorali, mobili e inclini alla guerra; culture che si sarebbero impiantate in Europa, tranne che nelle frange meridionali e occidentali, durante tre ondate di infiltrazione dalla steppa russa tra il 4500 e il 2500 a.C. Nei suoi vari aspetti, la «Dea creatrice» fu allora largamente sostituita dagli dei perlopiù maschili degli Indoeuropei, e ciò che si sviluppò in seguito fu un incrocio dei due sistemi mitici, quello europeo arcaico e quello indoeuropeo.

Statuirla fittile con due leste appartenenti al genere definito delle «donne-uccello» della cultura Vinca-
Pìocnik, V-IV millennio a.C., Vojvodjanski Muzej, Novi Sad (Jugoslavia). La dea-uccello balcanica, dal
•volto munito di becco, simboleggiava probabilmente i cicli rigenerativi che si ritrovano nelle migrazioni

Della religione dell’Europa Arcaica parlano non solo trentamila statuette, plasmate o scolpite nei materiali più vari (fra cui per la prima volta l’oro e il rame), ma vaste quantità di vasi ornati, oggetti liturgici, altari, modellini di santuari, siti con santuari autentici, dipinti su ceramiche e su pareti, e segni grafici convenzionali simboleggianti idee astratte (ideogrammi). Nei quattro millenni di vita, le immagini mitiche e cultuali evolvono verso rappresentazioni più naturalistiche e descrittive, meno prigioniere del loro antico simbolismo esoterico. E se è vero che il mondo egeo venne a costituire una specie di reliquiario delle sia pure contaminate eredità dell’Europa Arcaica, echi di queste dovrebbero percepirsi ancora nella mitologia e nei culti della Grecia classica.

Con lo studio comparativo e diacronico di questa massa di dati, si è ritenuto possibile individuare un sistema e un pantheon: dee, dei, le loro «epifanie» o manifestazioni visibili (perlopiù animali), un’associata cosmologia, scene di culto, le vesti e i paramenti dei devoti. La religiosità privata e pubblica, le feste religiose periodiche ravvivate dalle emozioni del «dramma rituale», sembrano avere avuto un fulcro tangibile nell’usodi idoli e arnesi: simulacri e statuette, altari e brucia-aromi, offerte votive, costumi e maschere. Sono documentate figure danzanti e non è difficile immaginare invocazioni e preghiere. Come indicano gli edifici di culto scoperti in alcuni siti, almeno una parte di questo scenario è corretta.

Altare neolitico con quattro teste di ariete da Szeged, Ungheria, V-IV milennio a.C., Museo Nazionale,
Budapest. Anche sui tetti dei templi venivano esibiti bucrani (teste di buoi) o altri emblemi animali.

Se anche fosse anacronistica la nozione di un pantheon, in quanto basata di riflesso su una società umana differenziata in mestieri e classi, andrebbe accettata l’esistenza di un sistema religioso centrato su una Grande Dea dalle molte trasformazioni, affiancata da un dio maschile, «prototipo di Dioniso». Dea e dio non sarebbero stati concepiti come poli sessuali opposti, ma in una coesistenza funzionale unitaria, espressione della rigenerazione simbiotica che sola assicura la vita.

Nella Grande Dea coesistono molte funzioni e ipostasi: dispensatrice di vita, morte e rigenerazione; dea madre; dea gravida della vegetazione; signora degli animali; signora della pioggia e dell’acqua; rigida signora bianca. E quanto alle epifanie, basti citare l’uccello acquatico e il serpente, la crisalide e il rospo, l’ape e la farfalla, il cane e l’orso, la cerbiatta e la scrofa. A ciascun aspetto corrisponde un certo corredo di simboli grafici (il meandro, la spirale, lo zigzag, la losanga…) e certamente di miti. A sua volta il dio maschile è simultaneamente il toro, il signore della rinascita annuale, il divino pargolo, e ha per simboli prediletti il fallo e le onnipresenti corna taurine.

Modellino in terracotta che riproduce un edificio cerimoniale, V millennio a.C., Museo Storico Nazionale, Bucarest. Sul tetto sono raffigurate due teste animali. Nell’Europa orientale sono stati rinvenuti edifici rettangolari con bucrani o altri emblemi animali sul tetto e corredi interni per i riti (altari, ex voto, bruciatori, vasi).

Altri segni e idoli aprono spiragli sulla visione cosmologica e cosmogonica. I più ricorrenti simboli dell’Europa Arcaica, che sarebbero autentici ideogrammi, rientrano fondamentalmente in due categorie: quelli connessi all’acqua (serpente e uccello), e quelli esprimenti il divenire e la rigenerazione ciclica (croci, corna, bruco, uovo cosmico, pesce). Questi secondi sono associati alla luna, al ciclo vegetale, alla rotazione delle stagioni; la croce connette i quattro angoli dell’universo e ricorda che l’anno è un viaggio attraverso i quattro punti cardinali.

Molti aspetti di questo «grande sistema» non trovano opinioni concordi tra gli studiosi. Eppure è innegabile che in esso vi sia molto di vero: che per millenni una certa area europea sia stata caratterizzata da manifestazioni religiose vastamente conformi a certi concetti sulla struttura del cosmo, su ciò che è cruciale per la vita contadina, sull’origine del mondo, dei viventi e dell’uomo. Se l’ambiziosa ricostruzione ideologica solleva perplessità, restano comunque le prove tangibili del culto, che appunto non mancano. Basti un accenno.

In Romania e Moldavia si conoscono grandi edifici rettangolari, anche a due piani, da identificare con templi.Sul tetto esibivano bucrani o altri emblemi animali. All’interno ospitavano un altare a bancone, un «trono» di terracotta a grandezza di persona, un forno, macine, pilastri dipinti, e avevano pareti colorate. Sul bancone, su tavolini o sul pavimento erano disseminati statuette, ex voto, bruciatori e vasi rituali. Non c’è dubbio che il culto vedesse all’opera uno o più officianti – o la «dea» stessa? – e che comprendesse la macinatura e tostatura rituale del grano, forse la cottura di pane consacrato, e l’inalazione di fumo aromatico o inebriante.

Nelle varie regioni dell’Europa Arcaica, così come nel corso della sua lunga durata, questa religione assunse particolari coloriture. Ci si limita a ricordare la consacrazione dello spazio domestico; le offerte e i sacrifici votivi di frutti, animali e fanciulli; la convivenza degli antenati con i vivi; l’uso religioso delle grotte. I riti e i depositi «di fondazione» entro pozzetti sotto le case hanno aspetti in comune con le offerte sacrificali raccolte in fosse o bothroi, talvolta opulente e vistose (teste di bue, parti di cadaveri umani ecc.). Alcuni autori scorgerebbero autentici sacrifici umani, d’altronde documentati nei coevi villaggi trincerati dell’Europa occidentale, e nei riguardi di neonati e bambini abbastanza diffusamente.

L’uso religioso delle grotte è ben noto nelle regioni aride in cui l’acqua costituisce un bene vitale, per esempio nell’Italia peninsulare, dove un’autentica «religione sotterranea» venne a comprendere la raccolta cultuale dell’acqua di stillicidio, l’uso simbolico di stalattiti, offerte di primizie come cereali e fave, una sorta di infanticidio votivo, riti iniziatici (l’antico significato «liminale» delle grotte!) e pitture esoteriche sulle pareti calcaree. Che gli dei dell’acqua risiedano sottoterra è un’interessante credenza diffusa in molte culture.

Con la vita contadina e sedentaria l’uomo fu obbligato a reinventare il senso del tempo, prestando nuova attenzione al passaggio e alla continuità delle generazioni, ai legami di dipendenza tra antenati e discendenti. In tutta Europa è usuale seppellire i morti dove si abita, ma nel mondo dell’Europa Arcaica si osservano esempi di un preciso culto degli antenati: il morto è interrato in casa come a volerlo ancora partecipe delle faccende dei vivi. Così nei villaggi di pescatori alle Porte di Ferro sul medio Danubio, dove accanto al focolare, sopra la tomba-santuario, si erigono straordinarie sculture in ciottoloni di fiume; così con molteplici riti altrove. Inoltre comincia a comparire la consumazione della salma mediante il fuoco (incinerazione).

Da STORIA DELLE RELIGIONI, La Biblioteca di Repubblica

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