Gli europei hanno conquistato quasi tutto il mondo negli ultimi cinque secoli: perché non è successo il contrario?

 

È il 1972, e in una lunga camminata su una spiaggia della Nuova Guinea un giovane politico locale, Yali, chiede al biologo americano Jared Diamond come sia avvenuto che la sua terra, abitata da 1000 popolazioni indipendenti per 60.000 anni, sia stata conquistata dagli europei nel giro di due secoli. Il biologo rifletterà a lungo sulle implicazioni di quella domanda, che non riguarda solo la Nuova Guinea ma il mondo intero. Perché è stato un genovese (o catalano che fosse) a «scoprire» il Nuovo Mondo, e un capitano spagnolo con 168 soldati si è impadronito dell’imperatore inca, difeso da un esercito di 80.000 uomini? Perché non è stato invece un principe inca a sbarcare a Cadice e a catturare il re di Spagna? Gli europei hanno conquistato quasi tutto il mondo negli ultimi cinque secoli: perché non è successo il contrario? Dopo oltre vent’anni, Diamond, oggi professore di fisiologia a Los Angeles, ci propone la risposta, in un libro destinato a divenire una pietra miliare della ricerca preistorica e storica, entusiasmante per la novità e la forza delle argomentazioni: Armi, acciaio e malattie. Attingendo ai risultati di indagini finora scarsamente note al grande pubblico, Diamond riscrive la storia dell’uomo moderno, o forse dovremmo dire che la scrive per la prima volta, perché si basa su informazioni che solo di recente si sono rese disponibili, ma da cui non sarà possibile prescindere in futuro.

Il racconto prende le mosse dal «grande balzo in avanti» di 70.000 anni fa, quando gli uomini anatomicamente moderni si diffusero su tutto il pianeta, raggiungendo Nuova Guinea e Australia almeno 60.000 anni fa, l’Europa intorno ai 40.000, le Americhe forse già 30.000 ma senz’altro dopo i 15.000 anni fa. In questa espansione – osserva l’autore – gli uomini sterminarono tutte le grandi specie di mammiferi della preistoria, come il mammut in Eurasia e nelle Americhe, i marsupiali giganti e certi enormi uccelli senz’ali simili a struzzi in Nuova Guinea e in Australia, il moa in Nuova Zelanda, e in America elefanti, cavalli, cammelli e bradipi giganti. Queste estinzioni in massa produssero un risultato irrevocabile: da interi continenti scomparvero tutte, o quasi tutte, le specie di mammiferi che si sarebbero potute addomesticare e allevare in epoca successiva, quando se ne sarebbe presentata la necessità. A partire da oltre 10.000 anni fa, agricoltura e allevamento si sviluppano indipendentemente in più parti del mondo; 10.500 anni fa in Medio Oriente, 9500 in Cina, 5500 in Centroamerica e nelle Ande, 4500 nelle regioni atlantiche degli attuali Stati Uniti, e forse sempre indipendentemente in Nuova Guinea 9000 anni fa, subito a sud del Sahara 7000, in Africa occidentale 5000, e in Etiopia in data incerta.

Inizialmente la produzione di cibo rappresenta un’alternativa a caccia e raccolta, utile a integrare la dieta, ma in breve volgere di tempo si rivela così vantaggiosa da soppiantarle. Numerosi fattori giocano a favore della coltivazione dei campi: la diminuzione degli animali selvatici decimati dalla caccia (come le gazzelle in Medio Oriente); la nuova abbondanza, invece, di cereali selvatici, a seguito di mutamenti nel clima; lo sviluppo di tecnologie di raccolta e conservazione (lame d’ossidiana, cesti, mortai, metodi di immagazzinamento). Un ettaro di terreno coltivato nutre da 10 a 100 volte più contadini che cacciatori/raccoglitori se incolto, e l’aumento di popolazione determinato dalla maggiore disponibilità di alimenti rende irreversibile la scelta di produrre il proprio cibo.

Gli agricoltori neolitici si dimostrano genetisti capaci. Le piante con cui lavorano sono state plasmate dall’evoluzione per riuscire a sopravvivere e riprodursi, non per essere cibo per l’uomo. Il chicco di grano è protetto da una scorza robusta. I piselli, quando sono maturi, esplodono lanciando i semi tutt’intorno. È necessario selezionare pazientemente gli occasionali mutanti, le piante con baccelli che non esplodono e con chicchi rivestiti di scorza sottile, e continuare a modificarli per renderli sempre più adatti alle esigenze umane. È così che nell’arco di settemila anni la pannocchia di granturco, ad esempio, passa da una lunghezza di un centimetro alle dimensioni attuali. Le piante coltivate procurano anche tessuti, coperte, funi e reti. Gli animali domestici forniscono carne, latte, fertilizzante per i campi, e una fonte di energia fondamentale, perché tirano gli aratri e sospingono le macine dei mulini. Forniscono anch’essi tessuti: lana e seta. Saranno gli unici mezzi di trasporto per via di terra disponibili fino all’invenzione del treno. Il cavallo viene trasformato in un formidabile strumento di combattimento.

Tre semplici fattori hanno dato un forte vantaggio iniziale a quella regione del mondo che va dal Medio Oriente alla valle dell’Indo verso est, all’Europa e al Nordafrica verso ovest: la produzione di cibo vi ha avuto inizio con buon anticipo sul resto del mondo; è stata la terra d’origine della stragrande maggioranza di piante coltivabili e degli animali che si prestano a essere allevati; è distribuita su una fascia di uguale latitudine, per cui gli agricoltori hanno potuto diffondersi capillarmente, portando con sé piante e animali già adattati a quel clima, e insieme a essi ogni loro invenzione. Questo ha consentito uno straordinario aumento di popolazione e uno sviluppo tecnologico senza uguali in altre parti del mondo, se non in Cina, perché la tecnologia si sviluppa più rapidamente in grandi regioni agricole con grandi popolazioni umane, numerosi inventori potenziali, e molte società in competizione. Non c’è animale che l’uomo non abbia provato ad addomesticare, né pianta che non abbia provato a coltivare, come non c’è invenzione che non sia stata usata, se era utile. Ma molti dei cereali più nutrienti si trovavano concentrati in Medio Oriente, e gli animali da allevare erano scarsi o assenti in altre parti del mondo.

Sugli altipiani della Nuova Guinea si sono coltivate piante locali per oltre 9000 anni, ma non vi erano animali che si prestassero all’allevamento (sterminati nel Paleolitico), e la cacciagione locale è piccola e poco nutriente. La mancanza di proteine ha stimolato il cannibalismo, durato fino a oggi. La savana africana è ricca di meravigliosi mammiferi, ma nessuno di loro è mai stato addomesticato, semplicemente perché non si lasciano addomesticare. Già 27.000 anni fa si trovano figurine di terracotta e tessuti in Cecoslovacchia, ma finché i gruppi umani non sono divenuti sedentari o non hanno posseduto animali da trasporto non hanno saputo che farsene di pentole e telai, troppo pesanti da portare con sé negli spostamenti; la ceramica ricompare in Giappone solo 13.000 anni più tardi, utilizzata da una popolazione stanziale. Inventata nella steppa asiatica, la ruota raggiunge l’Atlantico come il Pacifico. Inventata in Messico, viene usata solo come giocattolo, e non raggiunge mai l’unico animale americano usato per trasporto, il lama, allevato nelle Ande centrali.

Chi non ha mai avuto bisogno dell’agricoltura non l’ha mai sviluppata; gli indiani della California, ad esempio, che abitavano una delle zone più fertili del mondo, avevano troppa abbondanza di pesce e di piante selvatiche per avere bisogno di produrre il proprio cibo.

E molto probabile che gli europei abbiano ricevuto parecchie malattie infettive dagli animali domestici con cui hanno convissuto: vaiolo e morbillo, tifo e influenza, tubercolosi, peste bubbonica, colera e così via; ma nel corso dei millenni hanno sviluppato una relativa immunità. Quando spagnoli e portoghesi, francesi e inglesi sbarcarono in America, i germi che portano con sé fanno strage, sterminando fra il 50 per cento e il 100 per cento delle popolazioni locali. Cortéz sbarca in Messico nel 1520. Nella sua truppa c’è uno schiavo malato di vaiolo. L’epidemia che colpisce gli aztechi è l’arma finale dei conquistadores; in meno di un secolo, la popolazione messicana crolla da venti milioni a poco più di un milione e mezzo di persone. La stessa epidemia devasta gli inca a sud, e determina la scomparsa della grande civiltà pellerossa del Mississippi prima ancora che vi giungano fisicamente i coloni francesi. La popolazione di Hispaniola, che conta un milione di persone quando vi sbarca Colombo nel 1492, nel 1535 è ridotta a zero da epidemie e massacri. Ancora nel 1837, quando un battello a vapore che risale il Missouri trasmette il vaiolo agli indiani mandan, una delle popolazioni culturalmente più avanzate delle Grandi Pianure, la popolazione di un villaggio crolla da 2000 a meno di 40 persone in poche settimane. I batteri europei sterminano gli aborigeni in ogni parte del mondo, dalle isole del Pacifico all’Australia, al Sudafrica, spianando la strada ai cannoni e alle armi d’acciaio dei conquistatori.

Partire presto e con un immenso vantaggio ecologico (flora, fauna, clima) le civiltà mediorientali sono le prime a sviluppare un’articolata organizzazione sociale, secondo una dinamica che si riscontra uguale in ogni altra parte del mondo dove è sorta l’agricoltura: settori della popolazione si liberano della necessità di lavorare per vivere (che è universale per ogni individuo fra i cacciatori/raccoglitori), e sorgono gruppi di specialisti, re, burocrati, sacerdoti e guerrieri. Nasce la «cleptocrazia»: un’élite si appropria di parte della ricchezza prodotta dalla società e vive con maggiore agiatezza, variamente giustificando questa appropriazione.

Quando gli europei, nel Rinascimento, sviluppano la navigazione oceanica e si dirigono verso ogni angolo del pianeta, le migliaia di anni di vantaggio accumulate si sono tradotte in una formidabile superiorità nelle dimensioni delle popolazioni, nella produzione di cibo su vasta scala, nell’organizzazione sociale, nelle tecnologie, nei mezzi di comunicazione. La scrittura ha alle spalle 5000 anni di sviluppo, che ne fanno uno strumento senza eguali per muovere eserciti e organizzare il dominio nei paesi conquistati. Anche in Centroamerica esiste la scrittura (nell’impero azteco), già da quasi 1000 anni prima che arrivino gli spagnoli, ma è ancora allo stadio in cui si trovava in Medio Oriente 1000 anni dopo essere stata inventata; uno strumento riservato alla burocrazia di palazzo. In tempi storici, l’asse del potere si sposta lentamente verso Occidente, dalla Mesopotamia alla Grecia, a Roma, all’Europa occidentale. Gli imperi mediorientali dell’antichità e la civiltà greca escono di scena, vittime di una sorta di inconsapevole suicidio collettivo, a seguito del degrado ambientale indotto da irrigazione e deforestazione.

Al principio del 1400 è la Cina a detenere il primato tecnologico. Ha inventato, fra le altre cose, la polvere da sparo e la bussola, la ghisa, la carta e la stampa. Quasi un secolo prima che gli europei affrontino la navigazione oceanica, la Cina invia regolarmente fino alla costa orientale dell’Africa spedizioni che contano fino a 28.000 uomini, imbarcati su flotte di centinaia di navi, di dimensioni ben superiori alle caravelle di Colombo. Ma verso la metà del secolo prevale una fazione isolazionista, che vieta la costruzione di flotte e fa chiudere tutti i cantieri. Nell’immenso e unificato impero cinese, la decisione di un gruppo al potere determina il futuro dell’intera nazione. Nella più piccola Europa, frammentata in centinaia di staterelli, Colombo si rivolge a cinque diversi principi, e alla fine ne trova uno disposto a finanziare il suo viaggio. La Cina si richiude su se stessa per secoli, mentre l’Europa occidentale colonizza due terzi del pianeta.

In un’opera che ai tempi conobbe un grande successo, il Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane, completato nel 1855, il diplomatico francese Joseph-Arthur de Gobineau poneva le basi del razzismo europeo moderno, teorizzando la superiorità intrinseca (oggi diremmo «biologica») dei popoli di pelle bianca sugli altri abitanti del pianeta, e mettendo in guardia i suoi contemporanei dalla mescolanza con genti di colore, che avrebbe inevitabilmente determinato il declino della civiltà occidentale. Benché francese, Gobineau attribuiva ai tedeschi il primato della purezza razziale, e non sorprende che in Germania, dove già andava sviluppandosi un forte movimento razzista autoctono, la sua visione conquistasse numerosi adepti nei decenni successivi: fra i più noti Wagner, Nietzsche, Hitler. I progressi della genetica in questo secolo hanno confutato le affermazioni di Gobineau: non esistono fattori biologici che conferiscano ai bianchi una superiorità innata. Il colore della pelle e la forma del corpo rappresentano semplici adattamenti al clima di diverse regioni. La nozione di «razza» si applica bene a cani e cavalli, ma non può essere trasferita alla specie umana. Se oggi non è più possibile, se non per ignoranza o in malafede, mantenere una posizione razzista sul piano biologico, rimane però diffuso un razzismo di tipo culturale. Si invoca la superiorità della propria cultura per spiegare le ragioni della ricchezza o del successo della società di cui si è parte. Così in Italia ci sono settentrionali che disprezzano i meridionali perché non hanno sviluppato, poniamo, la grande industria, e dappertutto vi è chi giudica primitive le società che non hanno, ad esempio, una letteratura scritta. Negli ultimi cinquecento anni gli europei hanno occupato due interi continenti (America e Australia), rimpiazzando popolazioni che li avevano abitati per decine di migliaia di anni. Hanno portato gli africani a lavorare come schiavi in Europa e in America e hanno imposto il loro potere alla maggior parte del mondo. Ancora oggi, molti sono convinti che ciò sia accaduto perché gli europei dispongono di un’intelligenza superiore. Il lavoro di Jared Diamond fa giustizia di questo pregiudizio, mostrando con chiarezza come le attività umane di cui è fatta la storia siano state rese possibili, in sostanza, dalla geografia e dall’ecologia, che hanno dato un vantaggio di partenza ad alcune regioni particolari.

Forse l’alta opinione che gli occidentali hanno avuto di sé per tanto tempo svanirà comunque nel XXI secolo, quando l’asse del mondo sì sarà spostato a Oriente. Speriamo almeno che la conoscenza della storia aiuti i futuri padroni del mondo a non essere, a loro volta, razzisti.

LUCA e FRANCESCO CAVALLI-SFORZA

Da “Armi, acciaio e malattie” – di Jared Diamond – Einaudi

 

FOTO: Rete.

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