«Manneja Cristoforo Colombo»

L’inquietudine, la nostalgia, il desiderio d’America sono sentimenti e caratteri nuovi dei calabresi che affrontano un’inedita, sconosciuta, rischiosa forma di viaggio. Un viaggio che comporterà impossibilità di ricostruire il punto di partenza. Anche dietro il desiderio irresistibile del viaggio oltreoceano, dietro la fuga irrefrenabile in America, non è difficile scorgere le antiche ansie, gli antichi sogni, le antiche utopie delle popolazioni.

Il paese uno che esce fuori di sé, che si sdoppia, rinasce altrove in un paese due. I due paesi, divisi e inseparabili, continuano e rinnovano tradizionali forme di doppiezza della società calabrese, e nello stesso tempo determinano, interagendo, l’affermarsi di una nuova cultura, di una nuova mentalità, di una nuova identità sia tra le persone partite sia tra le persone rimaste.

Cristoforo Colombo diventa in quel periodo un personaggio mitico su cui le popolazioni calabresi riversano dolori, timori, invettive, aspettative, delusioni, gratitudini, entusiasmi. L’immagine di Colombo catalizza gli strali, le rabbie e le paure da esorcizzare di chi resta in Calabria, di quelli a cui è rubata la migliore gioventù. Ma la caratterizzazione negativa di Colombo durerà poco. Egli è anche l’emblema di quell’abbondanza, di quell’utopia realizzata, che gli emigranti calabresi, al loro arrivo in America, in qualche modo, riescono a sperimentare. Gli «americani» che ritornano cambiano, infatti, nel giro di pochi anni l’antico volto dei paesi e delle campagne. Nuove abitazioni, nuove tecniche di costruzione, nuovi mestieri, nuovi commerci, nuovi consumi e abitudini. Di fronte a tutte queste novità, i proprietari terrieri, gli agrari, i baroni, i signori, che vedono venire meno antichi privilegi, inveiscono contro gli americani viziosi, oziosi, fannulloni, inquieti, esigenti. Proprio queste immagini stereotipate – che come tutte le immagini stereotipate hanno un riscontro nella realtà e mescolano verità e menzogna – danno il senso dei grandi mutamenti economici, sociali, culturali che si verificano nei paesi, nei centri urbani, nelle campagne calabresi.

Gli americani ritornati e i loro familiari diventano una «nuova classe sociale» […], introducono nuovi valori e nuovi comportamenti. Ed è in questa cornice che Cristoforo Colombo, come ricordano molte testimonianze di inizio Novecento, diventa un eroe fondatore di un nuovo paese, sia del paese due sia del nuovo paese uno; il salvatore e il protettore di generazioni di affamati. Diventa un nuovo santo. La Statua della Libertà nel porto di New York a Liberty Island davanti a Ellis Island, dove gli emigranti vengono accolti e visitati prima del visto d’ingresso (ma molte volte vengono rispediti indietro perché ammalati), viene vissuta, trasfigurata, descritta come una nuova Madonna che benedice e protegge i suoi nuovi figli giunti da così lontano […]. I luoghi d’arrivo, le porte d’ingresso, porti e stazioni, nella loro maestosità, nella loro grandezza che dovette impressionare non poche persone che abitavano poveri tuguri e misere case di canne e terra, vengono caricati di sacralità quasi fossero luoghi di un nuovo pellegrinaggio. Gli emigranti, come i pellegrini antichi che «da lontano» si recavano nei santuari per chiedere grazia e protezione, si inginocchiano e si fanno il segno della croce davanti a quelli che apparivano loro come nuovi luoghi di salvezza.

L’etnicità degli italo-americani o degli «americanitaliani» si costruiva e si definiva sia in rapporto al mondo di origine, spesso mitizzato e reinterpretato, sia in rapporto al nuovo mondo, ai comportamenti degli emigranti, ma anche alle immagini che essi offrivano di sé agli altri. Il mito delle origini e la retorica di un passato glorioso e nobile appaiono fondamentali per il costituirsi dell’etnicità degli emigranti italiani negli Stati Uniti. L’etnicità non è un fatto residuale, di memoria e di nostalgia inconcludente, ma un processo attivo, dinamico, di produzione e riproduzione di azioni, comportamenti, ricordi, nostalgie, un processo di creazione di immagini, di trasformazioni culturali, di scambi, scontri, confronti tra il «noi» e gli «altri»[…] Sia la Mano Nera sia il tentativo di opporsi ad essa con immagini e comportamenti positivi, fondati sul ricordo e la mitizzazione del passato, sono state fondamentali per il costituirsi della cultura delle Little Italy.

Cristoforo Colombo, figura di mediazione tra i due mondi, fa da modello per la scoperta di un’italianità che consentiva un ingresso legittimo e orgoglioso in America. Allo stesso tempo, la riappropriazione popolare del personaggio Colombo, la sua trasformazione in santo mitico e protettore, la mitologia colombiana costruita dagli emigranti per ragioni connesse alle loro vicende d’oltreoceano, vengono trasferite dagli emigrati nei loro paesi di origine. L’immagine positiva di Colombo, costruita in America, arriva anche nei paesi calabresi per iniziativa degli americani. È un’immagine che si sovrappone a quella negativa elaborata al momento delle prime partenze, quando l’emigrazione veniva vissuta come lutto e come morte. Ma non bisogna pensare che sia possibile determinare con precisione il passaggio da una percezione negativa a una positiva della figura di Colombo. Le due connotazioni si sovrappongono, coesistono, si confondono. La maledizione e la benedizione di Colombo spesso sono presenti in uno stesso individuo. L’America è stata insieme rovina e salvezza, perdita e rinascita. La maledizione o la benedizione di Colombo, nuovo santo popolare, erano legate ai diversi periodi dell’emigrazione, ma anche alle diverse vicende familiari e personali, alle differenti fortune e sfortune degli emigrati e dei rimasti. Certo è che, a inizio Novecento, Colombo e l’universo a cui rinviava erano ormai entrati a far parte di una nuova storia, di una nuova mentalità e di una nuova cultura delle popolazioni calabresi.

«Mannaja Cristoforo Colombo» è la bestemmia che ancora oggi ricorre nei dialetti e nei modi di dire calabresi. È la prova di come Colombo sia stato trasformato in un nuovo santo popolare, e, come altri santi popolari, sia a volte percepito come dispettoso e responsabile di «mali». L’espressione «Si non era per Cristoforo Colombo…!» («Se non fosse stato per Cristoforo Colombo…!»), anch’essa ancora diffusa, esprime il riconoscimento e la gratitudine nei confronti del navigatore genovese per le trasformazioni positive verificatesi nei paesi dopo l’emigrazione in America, dopo l’arrivo dell’America nei paesi. Ma la presenza di Colombo in un nuovo folklore calabrese è – invece – attestata da un aneddoto, da un leggenda che ho sentito spesse volte narrare ora in tono scherzoso, ora con una certa solennità. Quando Cristoforo Colombo tocca il suolo di quella che poi sarebbe diventata l’America chi trova ad aspettarlo? Chi l’ha preceduto nella sua scoperta? Alcuni «mostacciolari» di Soriano. Erano già li ad attendere l’equipaggio di Colombo a cui vendere i «mostaccioli». Non è da escludere che questa credenza sia legata anche al dato storicamente accertato che dell’equipaggio di Colombo facesse parte anche un calabrese. E da dove poteva venire il calabrese se non da uno dei luoghi metafora dell’erranza e della mobilità dell’intera regione?

 

VITO TETI

Da “TERRA INQUIETA”, Rubbettino

Foto: Rete

C’è molto da apprendere da questo libro

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