L’arte di patire il paese

 

 

Cammino solo

per le strade del paese

nemmeno un cane

dalla casa alla piazza

Riempio il vuoto di ricordi

e di persone e di volti

Ogni luogo non è un luogo

è’ mille storie che confondo

e che alla fine mi sembrano inventate

La fontana non è quella fontana

è circondata  da fantasmi

scampati all’inesorabile

passare del tempo

Sono straniero

nel posto dove ero rimasto

per sentirmi a casa

Non riconosco la casa

quelle familiari sono chiuse

Mi arriva un buongiorno

da qualcuno che non conosco

e penso di essere io il fantasma del paese

il custode delle memorie

che non verranno mai svelate

l’accompagnatore degli ultimi defunti

che non ho fatto in tempo a seguire da vivo

Sono il vuoto di questo vuoto

i rumori che non sento

gli ambulanti

che non camminano più

Sono tutti quelli che se ne sono andati

Tutti quelli che aspetto e non tornano

Tutti quelli che tornano e non conosco

Sono sempre alla domanda di ogni giorno

Perché non me ne sono andato

e perché non sono nemmeno rimasto.

Mia madre vuole il medico perché si sente male

Il medico viene e le dice

Va a finire che abbiamo il malocchio

E mia madre sorride

Forse è il paese del malocchio

della scomunica ricevuta da un Papa medievale

Il bar è aperto

Lo Stretto è lontano, muto

senza sguardi

Lisa cammina col bastone

e la rumena che la accompagna.

Si preparano cene per la sera

e piccole feste per l’estate

Non si rassegnano

 i pochi rimasti

e non sanno se sono sopravvissuti

che cercano scampo nelle fantasie

e nei litigi

nel paese di sempre

e nel mondo che è qui

L’edicola è chiusa

Chi vuoi che compri il giornale prima delle dieci

dice Isabella

che segue un gruppo di persone

che giocano al lotto

Arrivano odori del ragù

da case che non so più individuare

Il mio vuoto lo trasferisco ai luoghi

o i luoghi mi hanno reso vuoto?

Non c’è più tempo per domandare

Non c’è tempo per riscrivere il passato

Mio figlio non può sapere che quelle case erano piene

Le stanze abitate da dieci persone e da animali

È nato quando tutto era accaduto

È un contemporaneo in un paese morto

In attesa di fuggire, come tutti gli altri

Gli orti sono là e anche i fichi

ma il paesaggio è silenzioso

tra i rumori.

Non si torna

Mi toccano tutti gli attimi che sono stato

e ho nostalgia degli attimi che non sarò.

Torno solo a casa

e vedo tanti miei io tornare

in tempi diversi

con gli stati d’animo cangianti

La volta che correvo e tagliavo il vento

la notte che cantavo e suonavo serenate

Quella in cui era una comitiva per le strade

I giri delle processioni

e quelle per le vittorie elettorali

La volta che non arrivai in tempo

per vedere gli ultimi istanti di mio padre

dopo averlo vegliato per anni

La corsa con la mano nella mano

di tante donne che mi sembrano una

la stanza dove suonavo la batteria

e immaginavo Ringo Star

Torno solo

e sono chiuse le case di Angela

e delle Posterare

Per non vedere chiusa la loro casa

l’ho comprata e ho ampliato quella ereditata

Da mio padre

Non credo che sia questo il problema

dei figli

Grande illusione della continuità

Ciccio Bellissimo è invecchiato come me

Tornerà nel Canada dove è partito per caso

ed è rimasto per sempre

Se va bene ci vedremo ancora poche volte

e poi tutto finirà

anche i ricordi dei figli che ci conoscono ma non si conoscono

Incanto della sopravvivenza a se stessi

VITO TETI

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