Una rosa è una rosa è una rosa

 

 

«Una rosa è una rosa è una rosa», volle come epitaffio Gertrude Stein sulla sua tomba parigina; e mai definizione del fiore per eccellenza nella tradizione occidentale fu così perfetta. Contemplandola si evocheranno secondo la nostra condizione psichica e spirituale tanti e diversi simboli: il più elementare, ispirato dalla sua breve durata, è l’impermanenza della vita, come Decimo Magno Ausonio scriveva nel IV secolo sulla scia di molti poeti latini:

Un unico giorno abbraccia la vita della rosa,

in un istante essa unisce gioventù e vecchiaia.

Ispirandosi a questa immagine i poeti dal Medioevo ai nostri giorni hanno intrecciato corone di poesie sulla fuggevole bellezza femminile, sino a sfiorare il luogo comune:

Rosa, ella ha vissuto ciò che vivono le rose,

Lo spazio d’un mattino

scriveva Francois de Malherbe rievocando la figlia morta di un amico. A causa dell’effimera vita la rosa aveva assunto nell’antichità anche il ruolo di un fiore funerario particolare: simboleggiava sui sepolcri chi era morto precocemente. «Rosa similfloruit et statini periti», diceva un’iscrizione.

Ma la sua struttura concentrica ha evocato anche l’idea della ruota, simbolo del tempo che scorre, dell’eterno ciclo di vita-morte-vita. E non per caso l’oculo a raggiera aperto nelle facciate delle chiese medievali, che gli storici dell’arte chiamano rosa o rosone, è detto propriamente «rota». Il suo centro – che può assumere l’immagine del Cristo pantokràtor, oppure dell’Agnello di Dio con il vessillo della vittoria o della Madonna in atteggiamento orante con le braccia allargate e levate o infine della Vergine seduta in trono reggendo il Bambino – simboleggia l’Uno da cui traggono origine il cosmo e il tempo.

Il rosone è immagine, come spiegava Niccolò Cusano nel trattato sul Gioco della palla, di «un moto circolare, un movimento della vita perenne e indefinita. In ogni movimento circolare dev’esserci la rotondità, la quale fa sì che tale movimento si svolga su se stesso. Né il concetto né la natura del movimento circolare o della perennità possono essere conosciuti o posseduti in altro modo se non prendendo come principio il centro intorno al quale il movimento continuo si muove, tanto che se esso [il centro] non esistesse, non potrebbero essere conosciuti o esistere né la durata né il movimento perenne della vita, [movimento] che trova il proprio riferimento nell’eguaglianza fino all’identità; perciò tale è anche la relazione del centro, che è Cristo, rispetto a tutte le orbite».

Il turbine dei petali verso il centro del bocciolo, quasi sfere concentriche rotanti, è infatti un’immagine della manifestazione dell’Uno che si dispiega negli archetipi; sicché il poeta sufi Gialal ad-Dan Ruma poteva scrivere:

Ogni rosa, pregna di intenso profumo, narra,

quella rosa, i segreti del Tutto.

Ma l’Eterno è l’inconoscibile per l’uomo che vive nella dimensione del manifestato, come spiegava un altro mistico sufi, Muslih ad-Dàn Sa’dà, nel suo Roseto: «Un uomo pieno di discernimento aveva nascosto il capo nelle pieghe del mantello della meditazione ed era sprofondato nel mare della contemplazione. Quando, emergendo dalla meditazione, ritornò in sé, un amico gli domandò per scherzo: “Che cosa ci porti in regalo da quel giardino in cui sei stato?”. Egli rispose: “Avevo in animo che quando fossi giunto all’Albero della Rosa me ne sarei riempito il grembo come dono per gli amici. Ma quando vi giunsi, il profumo della Rosa mi inebriò così tanto che mi sfuggì di mano il lembo già pieno della veste”».

Non diversamente la cantava William Butler Yeats in una poesia

intitolata Alla rosa segreta:

 

Rosa inaccessibile, più segreta e inviolata,

Nell’ora mia suprema avvolgimi: dove

Chi ti cercò nel santo sepolcro o nel tino,

Dimora oltre l’inquieto tumulto

Dei sogni sconfitti: sprofondati tra palpebre pallide,

Grevi di sonno, uomini hanno dato nome alla bellezza. […]

Quando saran soffiate per il cielo le stelle

Come faville soffiate da forgia, e moriranno?

È davvero venuta la tua ora, soffia il tuo gran vento,

Rosa inaccessibile, la più segreta e inviolata?

 

ALFREDO CATTABIANI

 

Da “Florario” – Mondadori

Foto: Rete

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