
Grotta del Romito
Inquadramento territoriale
Passo del Monaco e il Riparo da esso identificato, oggetto del presente lavoro, è ubicato in Calabria, nella porzione Nord-occidentale della regione attraversata dal Fiume Lao nel suo percorso verso il Mar Tirreno. Il corso d’acqua nasce in Basilicata nel territorio comunale di Viggianello (PZ) e delinea un percorso vallivo articolato su oltre 50 chilometri in direzione Est-Ovest sfociando infine presso Scalea (CS).
La valle del Fiume Lao è senza dubbio un piccolo scrigno naturale di flora e fauna che include molteplici ambiti comunali tra i quali figura anche quello di Papasidero (CS). Quest’ultimo, oltre che per la bellezza dei luoghi, è principalmente conosciuto per le testimonianze di straordinario interesse archeologico derivanti dalla Grotta del Romito. Questa cavità è un importantissimo sito preistorico, conosciuto a livello internazionale; la sua notorietà è dovuta prevalentemente alle attestazioni di arte rupestre presenti. Nel riparo antistante le parti più interne della cavità, si riconoscono, incisi nella roccia calcarea, svariati segni lineari ed alcune raffigurazioni di natura zoomorfa tra le quali spicca l’immagine di un bos primigenius, un antenato dei bovidi moderni altrimenti detto uro, rappresentato di profilo con una restituzione accurata delle peculiarità somatiche. Le incisioni furono individuate grazie alla segnalazione di Agostino Miglio e divennero oggetto di studio dapprima da parte di Paolo Graziosi, quindi di Fabio Martini.
Le attestazioni di Grotta del Romito, la cui datazione è stimata in un periodo compreso tra i 14000 ed i 12000 anni da oggi, costituiscono uno dei più felici esempi di arte rupestre paleolitica presenti in Italia.
Passo del Monaco
Il Riparo di Passo del Monaco si apre su una parete rocciosa verticale sulla sinistra idrografica del Fiume Lao, nel territorio del comune di Papasidero, ad un’altitudine compresa tra 206 e 208 metri s.l.m. Ha una larghezza totale di circa 67 metri, ubicato a strapiombo sul corso d’acqua, e risulta esposto in direzione N-NW. Il riparo viene interamente attraversato da un sentiero che collega l’alveo del Lao con il nucleo abitativo di Papasidero e individua un importante punto di “scollinamento”.
La presenza di attestazioni di arte rupestre nel riparo viene riscontrata il 20 luglio 2003, conseguentemente ad un’attività di ricognizione condotta dal Centro Regionale di Speleologia “Enzo dei Medici”. Della ricognizione permane una breve, ma esaustiva relazione manoscritta, corredata da schizzi a matita di alcune figure che riportano ai margini le rispettive misurazioni preliminari e da alcune immagini fotografiche. Il materiale ha rappresentato per molto tempo l’unico nucleo di informazioni riguardanti l’arte rupestre del riparo.
A partire dal 2015, con una rinnovata attenzione, si è potuta ampliare la raccolta di dati e lo studio delle varie raffigurazioni presenti. È stata realizzata una nuova documentazione fotografica delle figure e dei luoghi insieme al rilevamento topografico integrale del riparo. È stato inoltre eseguito il rilievo delle attestazioni tramite il metodo “a contatto” una tecnica ampiamente adoperata per la documentazione e lo studio dell’arte rupestre.

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Le testimonianze di arte rupestre
Le testimonianze d’arte rupestre di Passo del Monaco sono riscontrabili in aree ben differenziate del riparo; ad ognuna, per facilità di distinzione e ragioni di studio, è stata assegnata una sigla del tutto convenzionale che sintetizza il sito, la roccia di supporto e il numero della figurazione. Le attestazioni, in base alla tecnica di realizzazione, si differenziano in due gruppi: figure incise mediante picchettatura e figure dipinte.
Le figure incise, denominate PdM 1-01 e PdM 1-02, sono realizzate su una superficie rocciosa ben levigata naturalmente che presenta un profilo digradante, con inclinazione rivolta verso l’interno del riparo ed a livello del piano di calpestio. Si tratta di due antropomorfi di natura schematica definiti direttamente da una picchettatura grezza, a trama mediamente larga e grana grossa, senza alcun contorno predeterminato. La figura PdM 1-01 corrisponde ad un antropomorfo cruciforme lungo 27,5 cm e largo circa 17 cm, dotato di un vistoso copricapo “cornuto”. La figura PdM 1-02 è visibile a poca distanza e restituisce le fattezze di un uomo con le gambe divaricate, le braccia in alto sul corpo con profilo vagamente ad “U” ed un accenno di mano; è affine alla tipologia dell’orante e presenta un’altezza di 28,5 cm ed una larghezza di 18,5 cm. È altamente probabile che per la realizzazione di tali antropomorfi sia stata impiegata una percussione diretta.
Le figure dipinte, siglate PdM 2-01, PdM 2-02, PdM 2-03 e PdM HeΦ sono tutte realizzate in ocra rossa e sono dislocate in due differenti punti sulla parete interna del riparo. Le attestazioni denominate PdM 2-01, PdM 2-02 e PdM 2-03 corrispondono ad una serie di tratti di difficile interpretazione insistenti su di uno spigolo roccioso; le particolarità morfologiche del supporto litico, nella porzione di roccia in questione, espongono tali segni dipinti ad un’intensa azione erosiva da parte degli agenti atmosferici, pertanto il loro stato di conservazione risulta fortemente compromesso. Di conseguenza, è alquanto difficoltoso comprendere se si tratti di segni residuali, appartenenti ad un’unica realizzazione originaria, oppure riconducibili a raffigurazioni differenti tra loro. Di questo gruppo, la PdM 2-01, la dipintura più rimarchevole, è costituita, principalmente, da un lungo segmento verticale che insiste sul suddetto spigolo roccioso; da tale tratto verticale si diparte un secondo segno pittorico orizzontale, lievemente curvilineo, lungo circa 10 cm. L’altezza complessiva della PdM 2-01 è di circa 53 cm. Subito di fianco si possono osservare la PdM 2-02, un tratto verticale di 20,5 cm e, poco discosto a destra, la PdM 2-03, un segno dipinto di forma indefinita. Lo spessore dei tratti pittorici, compreso tra i 3-4 cm, è omogeneo per tutte le figure.

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La figura PdM HeΦ è posta in corrispondenza del punto più alto del sentiero. Si tratta di una raffigurazione schematica antropomorfa ascrivibile alla tipologia dell’homme en phi: la figura umana è descritta tramite un ellissoide che viene diviso, nella sua porzione mediana, da una linea verticale e ricorda proprio la forma della lettera Φ (phi) dell’alfabeto greco; il segmento lineare rappresenta la testa ed il corpo dell’antropomorfo, mentre i tratti curvilinei, che si dipartono ai lati di quest’ultimo, delineano gli arti superiori della figura, come fossero le braccia di un uomo inarcate in vita; comunemente, queste ultime vengono definite con il termine di “anse-braccia”. Più in basso, discosto di poco dall’asse centrale della figura appena descritta, si riconosce un elemento simile ad un “pettiniforme” che originariamente era parte della stilizzazione degli arti inferiori dell’antropomorfo, pur apparendone visibilmente sconnesso. Lo stato di conservazione è buono, anche se lievemente compromesso da un distacco superficiale di roccia e da una velatura calcitica che ricopre parzialmente la figura. La dipintura misura 63 cm di altezza e la sua larghezza massima è pari a 28,5 cm, dimensioni sicuramente importanti che unitamente alla posizione della stessa all’interno del riparo, focalizzano su di essa l’attenzione di chi l’osserva. Sono ben riconoscibili, in particolar modo dai tratti che rappresentano le braccia, tracce di colatura del colore; anche per questa figura, lo spessore dei tratti pittorici è compreso tra i 3-4 cm.
Oltre alla colorazione, tutte le pitture rupestri presenti nel riparo condividono alcuni aspetti: le vistose colature che si notano sulle dipinture e una certa omogeneità dello spessore dei tratti dipinti. Con buona probabilità si può supporre che per la realizzazione delle figure sia stata impiegata una tintura alquanto diluita, opportunamente stesa con uno strumento apposito che porta ad escludere l’impiego della tecnica a “gessetto”.
Un rilevante contributo per lo studio delle attestazioni dipinte è inoltre stato fornito dall’utilizzo del D-Stretch: un plug-in di ImageJ, un programma da computer atto a processare ed analizzare immagini fotografiche. D-Stretch è concepito appositamente per lo studio dell’arte rupestre e sfrutta l’esasperazione mirata dei colori. Il suo impiego ha permesso di confermare l’esattezza dei rilievi, ma soprattutto ha reso possibile l’individuazione di tratti pittorici che costituivano parte integrante della stilizzazione degli arti inferiori dell’homme en phi, altrimenti non visibili ad occhio nudo. Si è potuto così comprendere che l’aspetto originario dell’antropomorfo stilizzava una figura umana con braccia inarcate in vita e gambe pressoché divaricate; quest’ultime erano riprodotte con elementi tra di loro speculari e presumibilmente volevano rappresentare, tramite dei tratti orizzontali, degli aspetti decorativi tendenti alla resa di un particolare.
Confronti
Le manifestazioni di arte rupestre di Passo del Monaco rientrano nell’ambito di tipologie figurative ben attestate, sia a livello nazionale che internazionale. I maggiori riscontri si hanno per la tipologia dell’homme en phi. Sul suolo italiano uno dei primi siti da citare è sicuramente l’Arnalo dei Bufali, presso Sezze Romano, un comune dell’agro pontino. L’antropomorfo dipinto, scoperto nel 1936 da Alberto Carlo Blanc, è infatti la prima attestazione di uomo a phi segnalata in Italia e per lungo tempo l’unica nota nel nostro Paese; la cronologia proposta per questa figura inquadrerebbe un periodo compreso tra il Neolitico e la successiva Età dei Metalli.
Altri esempi sono riscontrabili presso il Riparo della Pineta (Lama dei Peligni, CH), il Riparo di Pale (nei pressi dell’abitato omonimo, PG); anch’essi sono analoghi, sul profilo cronologico, all’Arnalo dei Bufali. Altri esempi di homme en phi per lo più incisi, provengono dal Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane, dal Dos dell’Arca presso Capo di Ponte (BS), dal Doss de la Furca presso Teglio (SO). Nel meridione d’Italia, in contesti geograficamente più vicini, antropomorfi a phi sono osservabili presso la Grotta del Riposo (Rignano Garganico, FG), ed è doveroso citare le raffigurazioni affini della ben nota Grotta di Porto Badisco (Otranto, LE), seppur esse siano tipologicamente più articolate.
Al di fuori del territorio italiano è sicuramente l’arte rupestre spagnola ad offrire rimarchevoli attestazioni di homme en phi, principalmente riscontrabili in contesti ubicati nell’area meridionale e Sud-orientale della Penisola Iberica. A livello indicativo si possono citare gli antropomorfi del Barranco de la Cueva (Aldeaquemada),della Cueva de la Graja nei pressi della città di Jean, di Cueva de los Grajos e Cueva-Sima de la Serreta vicino Cieza (Murcia).
Per le attestazioni incise, possibili confronti sul territorio nazionale sono riscontrabili in vari siti, ma è bene precisare che si riconoscono differenze sia tipologiche che tecniche. La tipologia maggiormente rappresentata e più in linea con le testimonianze incise di Passo del Monaco è quella degli antropomorfi con copricapo cornuto; alcuni esempi citabili provengono dal Riparo Caprara (Civitella Messer Raimondo, CH), dal Riparo di Sant’Onofrio I (Sulmona, AQ), dai Ripari di San Bartolomeo II e III nei pressi di Roccamorice (PE).
Conclusioni
Nello studio dell’arte rupestre, quello dell’inquadramento cronologico rappresenta un quesito alquanto difficoltoso da risolvere che raramente può condurre ad esiti assoluti e certi; in questo contesto, si rivela necessario rimarcare le affinità tra le tipologie figurative presenti nel sito calabrese con talune altre osservabili sia in Italia che all’estero.
Da un’analisi dei confronti si evince che gli esempi che trovano maggior riscontro positivo con le attestazioni del Passo del Monaco sembrano essere riconducibili ad un periodo compreso tra l’età neolitica e l’Età del Rame; pertanto, e con le dovute cautele, si può ipotizzare che la produzione delle testimonianze di arte rupestre del sito suddetto potrebbe ricondursi al medesimo arco temporale, ma è bene ribadire che sia alquanto complicato offrire certezze univoche sul piano cronologico.
Le attestazioni del Passo del Monaco rientrano a pieno nei canoni figurativi dell’arte rupestre schematica. Aspetti interessanti sono l’utilizzo della picchettatura per la realizzazione delle figure incise del riparo, una tecnica inusuale all’interno dell’ambito territoriale in esame, e l’impiego dell’ocra rossa per la realizzazione delle figure rupestri dipinte. Di notevole importanza è poi la presenza della raffigurazione antropomorfa a φ che rappresenta il primo esempio di homme en phi riconosciuto in Calabria.
In conclusione, risulta chiaro che il Riparo di Passo del Monaco si configura come un piccolo ma fondamentale tassello all’interno di un ben più noto mosaico di attestazioni di arte rupestre che caratterizzano la valle del Fiume Lao e testimonia, strenuamente, la presenza di culture figurative di età post-paleolitica in questa specifica area della regione Calabria.
Davide Servidio
Fonte:
DAL POLLINO ALL’ORSOMARSO RICERCHE ARCHEOLOGICHE FRA IONIO E TIRRENO
Atti del convegno internazionale San Lorenzo Bellizzi, 4-6 ottobre 2019
A CURA DI GLORIA MITTICA, CARMELO COLELLI, ANTONIO LAROCCA, FELICE LAROCCA
Foto: Rete