Jacques-Louis David: “Marte disarmato da Venere e le Grazie”

 

II mito come rifugio dalle delusioni della storia

Jacques-Louis David (Parigi, 1748-Bruxelles, 1825) è uno dei principali protagonisti del neoclassicismo europeo. Si forma come pittore a Parigi con dipinti di tema mitologico e storico. Soggiorna a lungo a Roma (1775-80 e 1784-85), presso l’Accademia francese, entrando in contatto con il vivace ambiente artistico di quegli anni. Partecipa attivamente alla rivoluzione francese, diventando deputato e per un certo periodo presidente della Convenzione. In questi anni David dipinge fatti e personaggi contemporanei con passione etica e civile. In seguito diventa pittore ufficiale di Napoleone, del quale è un sincero ammiratore. Con la Restaurazione viene esiliato a Bruxelles, dove torna a dipingere soggetti storici e mitologici. Tutta la sua produzione, anche quella precedente alla rivoluzione, è stata in seguito valutata alla luce del suo impegno politico, esaltata o condannata a seconda dei diversi periodi e regimi. Solo gli studi più recenti hanno permesso di fare chiarezza sul ruolo politico della sua arte, ricostruendo il clima intellettuale del periodo, e analizzando le differenze tra i vari momenti dell’attività del pittore.

L’opera

La grande tela, datata e firmata in basso al centro “L DAVID BRUX. 1824”, appartiene all’ultimo periodo del pittore, quello dell’esilio a Bruxelles, e fu iniziata, come altri dei suoi lavori più impegnativi, senza commissione. Esibita nel 1824 a Bruxelles e a Parigi, l’opera provocò  reazioni contrastanti, dovute alle nuove tendenze ormai emergenti sulla scena francese; fu poi presentata senza successo alle vendite del ’26 e del ’35. Dopo la morte del pittore, che coincise all’incirca con il trionfo della generazione romantica, le opere di David furono accusate di freddezza, di mancanza di spontaneità, di essere popolate solo di figure inerti e false.

1824, olio su tela, 308 x 262 cm Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique

Analisi

La vita senza tempo degli dei

Al centro dominano le figure di Marte e di Venere, adagiate su un letto “a barca” (tipico dello stile impero del periodo napoleonico). In primo piano Cupido, che ha ormai deposto arco e frecce, strumenti da lui utilizzati per provocare ferite d’amore, toglie i calzari al dio. Venere, distesa su un fianco e inquadrata di spalle, è colta nell’atto di cingere il capo di Marte con una ghirlanda di fiori. Sulla destra della composizione continua l’azione che fornisce il titolo dell’opera: due Grazie ripongono l’elmo e lo scudo di Marte, riccamente decorato da scene mitologiche, mentre la terza versa da bere in una coppa. L’episodio allude alla forza dell’amore che trionfa sullo spirito bellicoso, mostrando anche il dio della guerra vittima degli incanti di seduzione operati dalla divinità della bellezza.

Una rigida organizzazione dello spazio

L’impaginazione, estremamente severa nella sua rigida frontalità, che Ingres riprenderà nell’Apoteosi di Omero, rivela l’impiego di schemi geometrici, con forte prevalenza delle linee orizzontali.

La struttura architettonica sul fondo, che sembra il pronao di un immaginario tempio antico eretto fra le nubi, è l’elemento che accentra e organizza la composizione. Essa delinea  una vera e propria scatola spaziale che, più che suggerire la profondità, crea le coordinate in cui si inseriscono, scalati su una serie di piani paralleli, i vari protagonisti della scena.

Commodo come Ercole

Purezza di linee e assenza di chiaroscuro

Le figure, per l’attenzione nel disegno e la fermezza di modellato, sembrano concretizzare statue antiche. Non mancano precisi riferimenti a opere della classicità, per esempio nella posa di Venere, ispirata a un’incisione tratta da un modello antico, o nella figura di Marte, che ricorda la statua dell’Imperatore Commodo come Ercole. David pone le figure in piena luce, rifiutando qualsiasi effetto chiaroscurale e ottenendo in alcune parti la trasparenza del vetro. I colori risultano vividi, con squillanti accordi di blu e rossi aranciati.

Il sogno di un mondo incorrotto

Dalla tensione tra ideale e reale, motivo centrale dell’arte neoclassica, scaturisce questo inno all’universo del mito, evocato in un’atmosfera tersa e incorruttibile. L’ultimo grande quadro di David quasi ottantenne rappresenta l’estremo risultato di un’attività volta a ricercare, nell’antichità, esempi illustri da cui trarre orientamento per il presente.

Venuta meno la tensione politica e le istanze civili della prima fase del neoclassicismo, di cui David era stato massimo esponente, l’artista evoca un mondo perduto e vi cerca rifugio dalle delusioni dell’esilio.

 

In “STORIA DELL’ARTE 3” – Electa – Bruno Mondadori

Foto: RETE

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