La sposa-bambina

 

Cara Lorenza, sono una giovane donna sposata da pochi anni e ho un bambino. Ho vissuto fino a 21 anni normalmente una vita con le sue gioie e i suoi dolori. Sono di temperamento impulsivo e temo di non essere troppo matura per la mia età. La sera del mio ventunesimo compleanno, ho subito una specie di choc: ho incominciato a piangere e a ridere nello stesso tempo e non riuscivo a smettere e allora mi sono impaurita ho sentito come accendere un interruttore dentro di me e mi sono convinta di diventare pazza. Da quella sera non ho più avuto un momento di pace…

Mi sono rivolta al medico spiegando tutta la situazione, ma la cura che mi ha dato non mi ha fatto migliorare affatto, anzi stavo sempre peggio, sempre più depressa e avevo sempre più paura. Il pensiero di andare con mio marito mi faceva venire un forte tremito, cosa che non era mai successa prima… Sono stata anche a farmi vedere tre volte alla neuro dell’ospedale, dove mi hanno fatto diverse cure e sono stata un po’ meglio, ma solo un po’. Il peggio è che una domenica, poco dopo la prima volta che mi era sentita male, mi sono trovata sola in camera con il mio bambino e mi è venuto un pensiero terribile, così in un lampo, di potergli fare del male; soffro dei miei pensieri e ho paura di fare veramente del male a mio figlio e credimi tale idea è una cosa terribile: la mia creatura alla quale voglio più bene che a me stessa. Non so se sono riuscita a spiegarmi bene, ma ti prego cerca di capirmi. I rapporti con mio marito ora sono tornati normali e passo dei giorni tranquilli e mi sembra di essere la donna più felice del mondo, quando non mi vengono quei pensieri terribili contro il mio bambino. Anche oggi sono voluta rimanere sola con lui per provarmi, perché credevo che quei pensieri mi fossero passati, e invece sono tornati di nuovo: sono andata subito dal medico, che mi ha prescritto una cura. Ho tanto bisogno di un po’ di pace, cerco di farmi forza da me stessa, ma non ci riesco…

Lettera firmata

 

Quest’altra parte di noi che produce pensieri e associazioni e immagini a volte riprovevoli, alla luce della nostra volontà etica è come una bambina in noi che dice tutte le cose che le vengono in mente, senza controllarle o censurarle, anche se non sta bene o non è morale. Ora questa bambina parla e fintanto che parla nel sogno l’accettiamo perché non ci sentiamo responsabili di ciò che essa pensa quando abbiamo gli occhi chiusi; il guaio comincia allorché ci sentiamo responsabili di ciò che la bambina pensa quando abbiamo gli occhi aperti. Essa a volte dice cose orribili, e più l’ascoltiamo con indignazione più dice cose tremende, parla di uccidere e via, e la cosa sconvolge chiunque non sia abituato a parlare con l’altra parte di sé.

Lo spavento che hai provato deriva tutto dall’aver scoperto l’altra parte di te. Tu ti senti responsabile di tali pensieri e di qui l’angoscia, l’ansia, l’orrore di te, il tremito, l’impossibilità di avvicinarti a tuo marito non sentendoti degna. È chiaro che nessuna pillola potrebbe guarirti da tale scoperta. Potrà guarirti solo il comprendere che le fantasie ostili a tuo figlio non sono intenzionali, non sono volontarie, ma fanno parte del meccanismo della psiche umana che mette in moto desideri, associazioni di immagini e ragionamenti al di fuori della tua volontà. Il nostro cervello non è posseduto dalla nostra volontà e non produce solo ciò che noi vogliamo. Conoscere se stessi significa conoscere i bisogni occulti che esistono in noi contro la nostra volontà, conoscerli appunto per non esserne travolti, perché se restano occulti alla nostra coscienza possono provocare atti inconsulti.

Dunque sai già su una buona strada, salvo due errori: il primo è quello di identificare te stessa con la voce del tuo inconscio e di scandalizzarti di te stessa; come se tu fossi responsabile del tuo lato ombra, il quale lato ombra vive in noi di intenzioni e desideri al di fuori della nostra volontà. Esso è la parte naturale del nostro essere e cioè involontaria. L’altro errore consiste nell’inutile, errato senso di colpa, che deriva dal ritenerti responsabile di tali fantasie ostili a tuo figlio, e da tale senso di colpa deriva anche la tua malattia fisica.

La chiave per tale spiegazione ce la dà la crisi del giorno del compleanno. Tu sai che il compleanno è un rito, non solo una festa. Esso rappresenta il raggiungimento della maturità; nei popoli primitivi tale rito aveva un significato più chiaro per chi lo compiva e il rito era anche più complicato. Esso rappresentava il distacco del Figlio dalla protezione della Madre e del Padre. Tu che ti sei sposata minorenne e sei diventata mamma da minorenne, sei rimasta una sposa-bambina e una madre-bambina fino a quando gli altri con il rito del compleanno ti hanno guardato con nuovi occhi, considerandoti non più bambina. Ti sei accorta improvvisamente che la tua personalità, il tuo essere, non corrispondeva alla veste che ti si dava attraverso il rito. Il conflitto tra la realtà interiore e la realtà esteriore ha creato la cristi, la prima crisi, e una serie di pensieri involontari e inconsci si è sviluppata in quel momento, in un’equazione della quale tu hai avuto coscienza solo del risultato finale: l’odio per il tuo bambino.

Tu hai scoperto questo sentimento sconvolgente e riprovevole ma non hai saputo dare una ragione del perché è sorto in te, hai solo avuto orrore di te. Come vedi, eliminato l’orrore per le ragioni suddette, resta da individuare la serie di associazioni di pensiero che la tua psiche ha prodotto meccanicamente, come un cervello elettronico, seguendo meccanismi al di fuori della tua volontà.

Ecco che cosa hai pensato, pressappoco:

io sono una bambina piccolina e si pretende da me che io sia una madre e una sposa; io invece sono e voglio rimanere una figlia, una sposa-figlia, una sposa-bambina; fino ad oggi io ero la figlia di mio marito, la sua bambina, oggi vengo pubblicamente spodestata dalla mia culla, la figliolina viene messa da parte e al posto suo viene un figliolino vero che ha tutti i diritti di figlio; io mi rifiuto di fargli da madre perché questo significa che io non sono più la sposa-bambina, la figliolina del mio sposo-padre, resto bambina e sono la sorellina di mio figlio e non la madre di mio figlio, sono la sorellina maggiore e lui mi ruba l’amore del mio sposo-padre, sono gelosa di mio fratello, che mi usurpa l’amore del padre sia come figlio che come fratello più piccolo; vorrei che non ci fosse.

Scoperti tutti questi passaggi di pensieri perfettamente naturali e normali, il desiderio che il figlio non ci sia e non sia mai nato è una conseguenza addirittura logica di una serie di associazioni di idee.

Solo che questo desiderio che il figlio non sia mai nato perviene alla tua coscienza soltanto come desiderio di fargli del male. È questo non capire tale ostilità che ti spaventa, poiché è spaventoso non capire se stessi e non dominare le proprie istanze inconsce.

 

LORENZA MAZZETTI

In “IL LATO OSCURO”  –  Tindalo

Foto: RETE

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