ZANOTTI BIANCO e il Sud

Umberto Zanotti Bianco

 

Umberto Zanotti Bianco ha legato la propria esperienza ai principali eventi storici della prima metà del Novecento e concorso, con la sua azione, a fare del Mezzogiorno d’Italia un laboratorio politico, culturale e di emancipazione sociale.

Nato a Canea, nell’isola di Creta, il 22 gennaio 1889 da Gustavo, diplomatico piemontese, ed Enrichetta Tulin, di origine inglese, studiò nel collegio dei barnabiti di Moncalieri, dove entrò in contatto con padre Giovanni Semeria, protagonista del fermento modernista di quegli anni. Nel 1908, a Vicenza, conobbe Antonio Fogazzaro, incontro destinato a lasciare un segno indelebile nell’animo e nella personalità di Zanotti Bianco.

Studiò giurisprudenza, prima a Roma poi a Torino. Divenuto avvocato, rinunciò sostanzialmente alla professione per dedicarsi totalmente ai diseredati. Recatosi a Reggio Calabria all’indomani del terremoto del 1908, rimase talmente colpito dalle miserrime condizioni di vita delle popolazioni meridionali – e dalla totale assenza di qualsivoglia forma di assistenza e aiuto dello Stato – che decise di fermarsi per dar vita a una serie di iniziative nei più svariati campi, dalla scuola, alla sanità, alle condizioni di vita, alla cultura.

Giunto a Messina nei primi giorni del 1909, ebbe ulteriore occasione di rendersi subito conto della grandezza e insieme della debolezza del Mezzogiorno. Tornato al Nord, assieme a Pasquale Villari, Giustino Fortunato, Leopoldo Franchetti, Giovanni Malvezzi e Tommaso Gallarati Scotti, maturò il progetto di fondazione dell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI), fondata nel 1910 e della quale fu parte essenziale e scrisse la storia, divenendone, poi, presidente nel 1951. […] L’ANIMI ha rappresentato per decenni un supporto essenziale, spesso vitale, per gente che mancava di tutto, annientata dalle malattie e avvilita dall’abiezione dei padroni. L’ANIMI fu il fulcro per catalizzare energie, raccogliere finanziamenti e collaborazioni nei più vari settori, dalla sanità, con l’istituzione di dispensari tubercolari e ambulatori malarici, agli asili, alle colonie, alle scuole, alle biblioteche ecc.

Zanotti Bianco era e restò sempre convinto che per il miglioramento delle condizioni di vita fosse necessaria un’elevazione culturale della gente. Si preoccupò, giustamente, non solo di alleviare le misere condizioni esistenziali ma, contestualmente, di curare una piaga assai più pericolosa e dilagante, l’analfabetismo.

Nei suoi scritti esplicitò i risultati delle sue inchieste, come quella sulla scuola in Calabria, nella quale appare ben evidente l’inadeguatezza della classe politica, incapace di porre il problema al centro della vita nazionale e di risolverlo.

Nel 1920 fondò, con Paolo Orsi, la Società Magna Grecia e condusse importanti scavi archeologici, promuovendo la valorizzazione del patrimonio archeologico e culturale del Mezzogiorno, visto come uno dei volani per la ripresa di quell’area del Paese.

Fece parte del Comitato italiano di soccorso ai bambini russi, fondato nel 1922 da Mariettina Pignatelli, e organizzò gli aiuti inviati sul Volga in occasione di una devastante carestia.

Durante il fascismo fu impegnato in varie attività sociali e civili. Avviò alcune importanti inchieste sulle regioni meridionali, a partire dalla Basilicata nel 1926. Nel 1928 si recò ad Africo, accompagnato da Manlio Rossi Doria e da Giuseppe Isnardi.

La constatazione delle precarie condizioni di vita di quella popolazione lo scosse a tal punto da fare di quella zona un affresco particolarmente incisivo, che riuscì a proiettare in Italia e non solo, smuovendo coscienze e promuovendo iniziative. Le sofferenze di quel lembo d’Italia divennero, riproposte anche in chiave narrativa, l’emblema delle condizioni di tutto un popolo, schiacciato da tasse insopportabili e indiscriminate, da malattie (viste spesso come castigo divino), privo di ambulatorio e di un medico, senza aule per i pochi e sguarniti studenti, con la gente abituata a vivere in dei tuguri, che si nutriva di quello che diventò per il mondo – grazie a Zanotti Bianco – l’emblema di quella miseria: il famoso pane di cicerchia (un miscuglio di farina di lenticchie, ceci, orzo, senza sale), che il Nostro comprava e spediva in tutta Italia, perché ci si potesse rendere conto di cosa significasse nascere e crescere in alcune realtà.

Questa incisiva opera di denuncia, che smitizzava l’immagine diffusa dal regime di un Paese solido e proiettato al futuro, non andò giù a Mussolini, per cui Zanotti Bianco e i suoi amici, ben lungi dall’essere sostenuti, divennero dei sorvegliati speciali. Fu limitato nelle sue attività; nel 1941 fu arrestato.

Il regime, tra l’altro, non gli perdonò di aver riconsegnato la medaglia d’argento, guadagnata nel corso della guerra, e quella d’oro di benemerito dell’istruzione pubblica. Nonostante le minacce, continuò nella sua attività pubblicistica: scrisse il saggio Tra la perduta gente su Africo, in cui racconta la vita miserabile dei contadini. Il governo gli vietò di frequentare la biblioteca vaticana e di proseguire le ricerche archeologiche nella piana di Sibari. Aveva scoperto, inoltre, nel 1934, insieme all’archeologa Paola Zancani Montuoro, le rovine del tempio di Hera alle foci del Sele.

Nel 1939, Achille Starace protestò perché ancora esisteva un’Associazione per gli Interessi del Mezzogiorno. Per salvarne l’attività, Zanotti Bianco ricorse all’aiuto della principessa Maria José, che accettò di assumere l’alto patronato dell’Associazione. Nel febbraio 1941, come accennato, fu arrestato e rinchiuso a Regina Coeli, poi inviato al confino a Paestum e, in seguito, a Sant’Aniello di Sorrento. Nell’ultimo periodo della guerra ritornò a Roma e partecipò alla lotta clandestina nelle fila del Partito Liberale.

Zanotti Bianco fu tra i fondatori di Italia Nostra e della Croce Rossa Italiana, di cui fu presidente dal 1944 al 1949. Il presidente della Repubblica Luigi Einaudi lo nominò, nel 1952, senatore a vita: anche in questa veste si rivelò di uno straordinario dinamismo, volto alla difesa del patrimonio artistico e ambientale e ai problemi della scuola. Suo il progetto di legge sull’edilizia scolastica del 1952.

Morì a Roma il 28 agosto 1963, verosimilmente per un’emorragia interna. Le sue spoglie riposano a Roma, nel Portico sepolcreto dell’arciconfraternita di carità verso i trapassati al cimitero del Verano. […]

 

MASSIMO CONOCCHIA

In “La malaria in Calabria…” – Rubbettino

Foto: RETE

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