Dommicinzino

Da dx: Vincenzo Maradei, don Cosma Salerno, Vincenzo Guaragna (Dommicinzino) don Salvatore D’Auria ed un signore di cui non ricordo il nome

Fino agli anni ’50 la società italiana aveva una struttura abbastanza rigida e gerarchizzata. La mobilità sociale era scarsa: i figli dei contadini facevano i contadini, i figli degli operai, gli operai, mentre i posti di comando erano stabilmente in mano alle famiglie abbienti.

Al sud, in questa rigida struttura sociale, s’inserivano strascichi della lunga dominazione spagnola. Uno di questi era l’uso esagerato del “don”, (forma tronca di “donno”: signore, padrone)

Il don era riservato non solo ai preti ( don Ciccio, don Cosma),
ma anche all’avvocato (don Settimio) alla maestra (Donna Nina, donna Filomena), al farmacista (don Biasino), al medico (don Vincenzino), ecc.

Don Vincenzino, o meglio Dommicinzino, era un personaggio. Di carattere irruento, era amato e temuto dalla gente. Si temevano soprattutto le sue sfuriate. Professionalmente era bravo.
Era stato primario in un ospedale di Belo Horizonte, in Brasile.
Quando a seguito di una malattia, fu necessario asportargli l’indice della mano destra, se lo amputò da solo ( Così mi ha raccontato un signore anziano).
Guai stargli dietro quando giocava a carte, potevi portare sfortuna ed erano improperi violenti.
Quando morì la gente lo pianse sinceramente. Questa foto ce lo ricorda (il signore al centro).

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