
Dettaglio del Papiro di Ani, copia del “Libro dei morti” risalente alla XIX dinastia egizia (1250 a.C. circa). British Museum, Londra.
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NOME
«Ptah, il grande, è il cuore e la lingua dell’Enneade degli dei, lui creò gli dei, nacque nel cuore e nacque sulla lingua qualcosa nella forma di Atum.» «Grande e possente è Ptah che ha trasmesso il potere a tutti gli dei così come pure ai loro spiriti, attraverso questa attività del cuore e questa attività della lingua.»
Se le altre cosmologie partono dalla combinazione di elementi fisici, qui succede qualcosa di diverso: un pensiero si fa strada nel cuore del dio che, dandogli voce, gli dà modo di esistere.
L’aggancio con il Vangelo è parso agli storici a questo punto evidente, sono le stesse parole dell’evangelista Giovanni a suggerirlo: «In principio era il Verbo, e il Verbo era in Dio, e il Verbo era Dio». Se l’unione di pensiero e parola fosse ciò che i Greci chiamano Logos, la coincidenza sarebbe certo sorprendente.

Ptah
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Adamo “diede un nome ad ogni cosa”, si racconta nella Genesi: un nome per distinguere l’io dall’altro da sé, ma anche per sentirsi parte attiva di un tutto; un nome per orientarsi nella mappa della creazione; un nome per conoscere e far della conoscenza un patrimonio comune; un nome per non dimenticare; un nome per comunicare con i propri simili, tessendo e intrecciando racconti; un nome per far emergere ed esorcizzare le paure profonde, come quella della morte…
Tutto questo è mito.
Fuori dal tempo, ma condizione necessaria e indispensabile perché il tempo non si identifichi con il monotono presente dei bruti, perché ci sia e continui a esserci “cultura”
Da “Miti dell’antico Egitto”
Foto: Rete