CAPPELLI – Sul castello di Cosenza ed altro

 

 

Fin dai primi tempi della sua esistenza Cosenza ebbe di certo sulla sommità del colle Pancrazio posti di vedetta , fortilizi e difese. E ciò per la natura stessa del luogo che domina le medie valli del Busento e del Crati e che vigila in vista delle alture su cui sono disseminati i Casali cosentini e dei primi contrafforti del massiccio granitico della Sila. Ma il castello attuale allungato sulla cima del Pancrazio come un severo diadema sulla fronte della vecchia città carica di storia e di tradizioni, nelle sue grigie e poderose strutture mozzate però nella loro altezza originaria e vegliate dalla superstite torre ottagona dell’angolo a sud-est, ci si mostra essenzialmente del tempo svevo.

Il solido nucleo strutturale posato su un a piattaforma di imbasamento si presenta con pianta rettangolare munita di quattro torri agli angoli della cortina serrata intorno ad un cortile centrale e sforata sul lato orientale da grandi finestre ad arco acuto fortemente strombate e costrutte a grandi conci di pietra . Esso ha poi sulla facciata a levante un ampio ingresso, attualmente non praticabile, inquadrato da un duplice arco a sesto acuto, che immette in un cortile esterno, sul quale si aprono ambienti possentemente voltati a sesto archiacuto, al quale corrispondeva dalla parte di ponente un altro minore ingresso con un bel portale in pietra anch’esso ad arco acuto.

Nell’interno è ancora possibile gustare le armonie strutturali di un androne coperto da volte a crociera acuta con robusti costoloni impostati su peducci pensili a tronco di piramide rovesciata e serraglio decorate con un rosone a rilievo, di vari ampi saloni con volte a crociera e costoloni che salgono da colonnine angolari provviste di capitelli decorati a fogliame, e poi di ambienti minori, ambulatorii, camminamenti, cunicoli, scalette elicoidali.

Ma se l’insieme è del tempo federiciano, i secoli e le dominazioni che seguirono, a cominciare da quella angioina che ha apposto il suo suggello nei fiordalisi scolpiti su una delle serraglie delle crociere dell’androne e nei fiordalisi e nel rastrello sulle chiavi di alcune volte di vari ambienti, vi hanno tutti lasciato le loro impronte . Gli elementi svevi sono così visibili accanto alle deturpazioni, alle aggiunte, ai guasti che all’organismo della originaria struttura hanno apportato e l’opera degli uomini e ben più gravemente gli sconvolgimenti tellurici numerosi e disastrosi.

Per addivenire ad un a razionale conoscenza dell’insigne costruzione, già nel 1927 e poi nel 1938 si è proceduto allo sgombro di un a parte delle rovine che occupavano quasi tutti gli ambienti ed anche ad uno scavo nel cortile esterno che ha così mostrato l’ingresso originario ed altre particolarità varie.  Ma questi lavori necessari per un primo orientamento dopo traversie di ogni genere ed interruzioni più o meno lunghe sono stati del tutto sospesi senza che si sia giunti a liberare il monumento dalle molte aggiunte e superfetazioni che lo soffocano e lo deturpano. Per modo che ancora non conosciamo perfettamente in che maniera esso si presentasse quando si innalzava nella originaria chiarezza e purezza delle sue linee.

Lo scritto del B. vuole delineare sommariamente le vicende secolari del castello sia riguardo alla sua storia interna amministrativa ed a quella delle modifiche varie che esso ha subito, sia riguardo a quella esterna che è naturalmente del tutto legata e connessa a quella della città su cui incombe ed all’altra più vasta della regione. Inoltre cerca anche di dare un’ide a dell’arte che appare nel suo nucleo fondamentale svevo in rapporto a quella delle altre fortificazioni di Federico II e di varie costruzioni del sec. XIII . E perciò la materia del libretto è distinta in due parti.

La prima di esse — per la quale l’A. si è giovato di documenti già conosciuti e di alcuni inediti che egli ha amorosamente ricercato negli Archivi di Cosenza e che formano la parte più nuova e più utile del volumetto — è abbastanza ben condotta anche se manchi la conoscenza di qualche pubblicazione che gli avrebbe permesso una maggiore precisione nelle pagine che egli dedica all’amministrazione del castello nelle età sveva ed angioina ed ai suoi castellani ed anche se difetti la conoscenza diretta dei luoghi quella digressione circa le fortezze costiere calabresi innalzate nel secondo quarto del sec. XVI.

Così invece di affermare che l’ufficio di castellano era concesso in feudo (pag. 25), sarebbe stato più esatto limitarsi a dire che esso durava finché piacesse al sovrano(1) ; le due espressioni non si equivalgono completamente . Ugualmente sarebbe stato possibile all’A. fissare al 1541 il termine ultimo in cui cessò per la seconda volta dalla carica di castellano Diego di Sandova l de Castro. E ciò in base al fatto che questi pubblicava nel 1542 a Roma un a raccolta di rime in un sonetto delle quali appunto si lamentava di dover rimanere fuori del Regno dove sappiamo che gli è impedito il soggiorno essendo stato condannato in contumacia per crimini commessi, ma dove talvolta si recherà di nascosto perdendovi infine la vita in un a tragica avventura nell’autunno del 1546 (2). In conseguenza della sua morte , il 1 5 ottobre di quell’anno il Viceré don Pedro de Toledo scriveva all’imperatore Carlo V che la castellania di Cosenza fosse concessa a Geronimo de Fonseca che ne aveva già l’incarico (3) ; castellano questo che l’A. pur avendolo precedentemente ricordato (pag. 13), non segna nell’elenco redatto (pag. 26-7) . E l’elenco si arresta al 1709 perché la carica di castellano, che a Cosenza per un a prammatica di Filippo II del 1563 era divenuta di nomina regia insieme a molti altri uffici del Regno tra cui le castellanie calabresi di Amantea , Tropea, Cotrone, Reggio e l’incarico di capitano di guerra dei Casali di Cosenza (4), fu forse quivi allora soppressa come era avvenuto per quella di Lecce nel 1518 in quanto portava solo dispendio. (5)

Erroneamente poi l’A. ricorda come secondo castellano Leonardo de Sulino desumendolo da un documento del 16 maggio 1141 che è l’atto di costituzione del monastero della Sambucina (6). Ma in questo documento, qualunque valore esso abbia , non si tratta minimamente di un castellano di Cosenza, bensì di un Leonardus de Sulino notaio in Castrum Consentiae che fu il rogatore dell’atto stesso.

SCALEA – Torre Talao costruita nel sec. XVI

Riguardo alle torri litoranee di Calabria erette negli anni 1533 e seguenti contro i navigli barbareschi, le fortificazioni ancora esistenti non si limitano soltanto a quelle site nei territori dei Comuni ricordati dall’A. (pag. 1 2 n. 1), perché altre ancora ne rimangono lungo le spiagge delle provincie di Catanzaro e di Reggio (7) . La Calabria aveva 96 delle 366 fortezze costiere del Regno(8) esse non sono tutte simmetriche come vuole l’A. (pag. 12), ma alcune a pianta circolare, come la “bella torre del Savuto presso la stazione ferroviaria di Aiello Calabro, ed altre a pianta quadrata , come Torre del Ferro nelle vicinanze della stazioncina di Thurio. Ma inoltre non rientra, in questa serie, né tanto meno appartiene al sec . XVI, come invece crede il B. (pag. 12) la mozza torre quadrata sita nel territorio di Spezzano Albanese (9) e che si eleva su una collina, a notevole distanza dal mare , che domina la stazione ferroviaria di questo borgo. In quanto essa è un avanzo del castello di S. Antonio di Stridolo, di origini normanne e poi modificato durante il dominio svevo (10)

.

Passando all’ultima part e del libretto sono interessanti per la storia della varia fortuna del monumento le notizie delle modificazioni ed aggiunte operate in esso durante vari secoli che l’A. desume da documenti d’archivio e documentazioni rinvenute in situ durante le esplorazioni del 1927 e del 1938. È però da lamentare che lo scritto non sia corredato né da fotografie dell’edificio, né dalla sua planimetria che pur e l’A. dice aver disegnato ; e senza l’aiuto di questa e di illustrazioni adeguate non è facile per chi non abbia una conoscenza diretta del castello cosentino poter seguire la descrizione.

Così come in ogni periodo d’arte ogni genere di costruzione ha un’impronta unica nelle sue linee generali, così naturalmente tutti i castelli eretti o ampiamente ricostruiti da Federico II hanno tra loro punti di contatto dovuti anche alla possente volontà imperiale.

Ma il castello cosentino per non essere stato ancor a scarnito di tutte le superfetazioni secolari è ancora troppo poco conosciuto nell’interezza della sua struttura e nei suoi elementi originari perché sia possibile allo stato attuale poter stabilire dei confronti tra essi e gli altri innalzati in Puglia e Sicilia durante il dominio federiciano: come appunto fa l’A. che vede (pag. 31) simiglianze tra la rocca di Cosenza e Castel del Monte. Analogie che lungi dal riferirsi all’organismo strutturale che è la cosa a cui più bisogna badare nelle costruzioni, si riducono alla presenza anche nel castello cosentino di torri ottagonali ed a particolari più propriamente decorativi negli intagli di alcuni capitelli. Ma mentre questi si spiegano con la comune diffusione delle forme gotiche, le torri ottagonali possono solo far pensare che esse siano state costruite nei lavori ordinati dall’imperatore nel 1240  (11) ; che è proprio l’anno in cui fu dato inizio al magnifico castello pugliese.

Pe r le stesse ragioni di una ancora non perfetta conoscenza delle parti originarie della rocca, è del tutto prematura anche la sola impostazione(pag. 30-1) del problema di una scuola locale che avrebbe operato nel castello e nel duomo della città. Dove i soli elementi simili sono le volte a crociera sull’androne del castello e quella che ricopre l’ultima campata della navatella di sinistra del duomo. Ma bisogna ricercare in cause occasionali la ragione della loro simiglianza, che sono troppo poca cosa per confermare l’asserzione dell’A.

L’interesse con cui ho letto le pagine del B . è dimostrato da questi appunti che non vogliono togliere il merito che spetta al lavoro che dovrà essere tenuto presente — per i documenti inediti raccolti — da quanti si occuperanno dell’argomento.

 

BIAGIO CAPPELLI

 

Recensione del volume di MABIO BORRETTI, Il Castello di Cosenza (Storia ed Arte), Cosenza, Tip. de «La Provvidenza» , MCMXL-XVili , pagg. 39.

 

Fonte: ARCHIVIO STORICO P E R CALABRIA E LA LUCANIA – ANNO XI – FASC. I – II

NOTE

1 C. CARUCCI, L’amministrazione e la custodia dei castelli nell’Italia meridionale nel sec, XIII, in A.8.O.L., a. I I (1932), pag. 292

2  B. CROCE, Isabella di Morra e Diego Sandoval di Castro etc, Bari, 1929 , pagg. 1 9 e 2 5 segg. ; e la recensione di B. CAPPELLI, in A.S.C.L., a. II (1932) , pagg. 43 7 e segg. e 447-48 .

3  B. CROCE, op. cit., pag. 27 .

4  Leges Regni et Civitatis Neapolis etc. per FABRITIUM DE MONT’E SDLMONENSIS, Neapoli, MDCXXI, voi. I, pagg. 17-22 .

5  Leges Regni etc., cit, pag. 75 .

6  G. MARCHESE, La Badia di Sambucina etc. Lecce (1932) , pagg. 47-50 .

7  Elenco degli Edifici Monumentali, Roma , 1938 , voi. LVIIILX , (Calabria), passim.

8  B , CAPPELLI, Note marginali ed aggiunta all’Inventario degli oggetti d’arte d’Italia, voi. II (Calabria), in A.S.O.L., ?. IV, (1934), pag. 106 n. ivi bibl.

9  Elenco degli Edifici Monumentali etc, cit. voi. LVIII-LX , pag . 153.

10  B . CAPPELLI, Recensione all’Elenco degli Ed. Mon., voi. LVIIIL X , in A.8.O.L., a. X (1940), pag . 168.

11  A. HUILLARD-BRÈHOLLES, Histona diplomatica Friderici secundi,

Paris, 1857-61, voi. V, pagg. 538 e segg.

 

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