La memoria deve insegnare qualcosa, deve spingere ad aver cura dei luoghi

 

Prendo dalla pagina fb del prof. Vito Teti queste riflessioni che potrebbero costituire il programma politico di  voglia amministrare, con accortezza e lungimiranza, un paese dell’Appennino, Orsomarso compreso.

Noi, tra gli anni Trenta e Cinquanta, abbiamo sperimentato un progetto industriale, basato sullo sfruttamento intensivo del bosco. Di quella esperienza rimangono ricordi, qualche brandello di muro, pezzi di corde arrugginite, fotografie un po’ sbiadite. . Questo brano di Teti ci spinge a guardare al nostro territorio, al nostro futuro con occhi diversi.

 

Una sorta di organizzazione della dimenticanza può essere contrastata soltanto con una lenta, paziente, impegnativa strategia di organizzazione della memoria. La memoria non è un bene a disposizione e a buon mercato: si spegne presto se non è alimentata, rinnovata, coltivata. […]

[È]  mia convinzione che la memoria va afferrata nel presente, lanciata nel futuro. Deve insegnare qualcosa. Ci deve aiutare a capire che i defunti non ritornano, ma possono diventare cari estinti che ci aiutano nel presente e ci invitano ad aver cura dei luoghi.

Abbiamo bisogno, come scrivo anche in “Quel che resta” (Donzelli, 2017) di un’altra idea di sviluppo, che coniughi progettualità, sostenibilità e lavoro per giovani tecnici, laureati, maestranze da impegnare in quella che a parole è la nostra grande ricchezza: il paesaggio, le bellezze, l’arte, i centri storici, i siti archeologici da salvare, il cibo, i beni immateriali, una tradizione alta di socialità e convivialità. Ne hanno bisogno i paesi che, tutto l’anno, non immobili ma aperti al mondo, ai ritorni e ai nuovi arrivi, provano a resistere. E non sempre ce la fanno. Non hanno bisogno di bugie come quella che si può ripristinare così com’è il passato. I luoghi possono, come ci insegna la storia recente, anche morire. C’è un rischio immanente alle civiltà, come alle culture, alle storie: ed è la loro fine. Cosa possiamo fare allora, senza affidarci unicamente agli interventi e alle iniziative dall’alto che non arrivano mai? Ripensare e immaginare una letteratura sui luoghi, che sappia restituirne il segreto, la ricchezza e le sfumature, è indispensabile per dare indicazioni anche sulla loro ricostruzione. È all’interno di questo diffuso e confuso bisogno di «ritorno» a «piccoli luoghi», aperti e accoglienti, che resistono e immaginano una diversa presenza e nuove forme di appaesamento; è all’interno di un modo diverso di considerare e di «riguardare» la memoria, il passato, il futuro dei luoghi che forse bisogna collocare tante nobili e necessarie iniziative di memoria che fanno conoscere il passato, pongono problemi, si interrogano sull’oggi, sanno guardare avanti. La memoria va organizzata, ma il recupero critico di tutto quel che resta, rammenta, avverte deve servire a fare capire che quello che si costruisce è qualcosa di nuovo, oggi, in un nuovo contesto e un mondo del tutto cambiato e che cambia ogni giorno.

Vito Teti

Dalla pagina Facebook dell’autore

 

Foto: Maria Francesca Arieta davanti casa sua alla Turretta

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One Reply to “La memoria deve insegnare qualcosa, deve spingere ad aver cura dei luoghi”

  1. Giorgio Albano ha detto:

    Belle parole che fanno riflettere,anche se i precedenti Governi e politici di turno hanno sempre osteggiato un popolo che ragiona, attuando sistematicamente la cancellazione della memoria storica.

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