Per quelli che hanno molte stagioni da raccontare, è un luogo che ha memoria: scampoli di vita, emozioni.
L’Accelerato, con i suoi sedili di legno, la struttura austera, portava o portava via. Era il lontano da cui si tornava o verso cui si andava. L’unico che si fermava. Poi c’era il Diretto a Scalea, il Direttissimo ed il Rapido a Sapri.
Era stata inaugurata nel 1895. Ora è altro.
Aveva visto le prime ondate migratorie del Novecento, i giovani del primo conflitto mondiale, le manovre del fascismo, ancora la guerra. E poi, nel dopoguerra, le valigie stracolme di chi se ne andava al Nord, in Francia, in Germania o in America per dare speranze ai figli. Partenze, spesso, come lacerazioni. Lei osservava con discrezione e sembrava custodisse come una di famiglia, nomi, volti, voci.
Seguì negli anni Sessanta la grande ressa degli studenti, i figli del boom economico. Personalmente vi ho passato mattinate. Si partiva da Orsomarso alle 5 e mezzo. Chi andava a Diamante si fermava alla Stazione, mentre la corriera andava a Scalea. Al ritorno ci riprendeva per portarci a Diamante o Belvedere.
Sulle sue banchine era transitato anche un discreto sviluppo agricolo: cedri, ortaggi (pomodori soprattutto), frutta. E poi il legno portato giù dalle montagne e spedito al Nord.
Ora è altro. Luogo anonimo. Metafora dell’abbandono del Sud.
P.S.
Se qualcuno avesse altre foto della vecchia Stazione saranno graditissime. Graditissimi saranno anche i vostri ricordi.