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Il filoamericanismo dove ci porta?

  • Aprile 28, 2018
  • 6:16 pm
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Negli Stati Uniti non fuma più nessuno (sono troppo impegnati a farsi male in altri modi, essenzialmente con eccessi di cibo, droga, stress e soprattutto solitudine) ma i giganti americani del tabacco fanno lo stesso un sacco di soldi vendendo sigarette al resto del mondo. Lo stesso accade per il modello sociale ed economico americano nel suo insieme. L’evidente, tragico fallimento del liberismo selvaggio e della sua deregulation culturale sta finalmente scuotendo gli americani: come mai in passato, notava un paio di giorni fa il New York Times con sorpresa e preoccupazione, parecchi candidati democratici hanno cominciato a usare la parola socialismo, che attrae e convince i giovani più del capitalismo. Nel frattempo, però, l’americanizzazione del pianeta continua, incontrando resistenze in alcuni paesi (Germania e Francia, per esempio) ma non in altri.

Fra questi purtroppo c’è l’Italia, non tanto per colpa della gente, in buona parte ancora attaccata alle proprie radici e fiera dei propri valori, bensì del vergognoso tradimento della sinistra; in pochi altri luoghi al mondo il filoamericanismo (in senso culturale più che politico) è così apertamente rappresentato dai partiti eredi della grande tradizione comunista e socialista e dai radicali piuttosto che dalla destra liberale e liberista. Alla quale non è parso vero di potersene stare alla finestra a guardare la sinistra promuovere e imporre le rottamazioni (dello stato sociale, delle comunità, del tessuto di piccole imprese) che lei, la destra, da sola e in presenza di un’opposizione determinata avrebbe avuto difficoltà a realizzare: con l’ulteriore vantaggio di lasciare che fosse la sinistra a pagarne il prezzo politico. Inevitabile che il Pd sia avviato alla dissoluzione e che i radicali e i liberal e uguali non emergano dall’insignificanza; però non è una consolazione. Perché l’americanizzazione intanto continua, indiscussa, inconsapevole, accettata passivamente come se fosse una necessità storica o addirittura biologica, nel totale silenzio di intellettuali e politici, se non quelli della destra estrema, che non ne ha finora ricavato un vantaggio elettorale ma che sarà pronta ad approfittare della prossima grande crisi.

In che consiste l’americanizzazione? Essenzialmente nella diffusione mediatica della sfiducia nei confronti dello Stato e della collettività e dunque della politica, della Storia e delle tradizioni, sostituite da un individualismo senza vincoli morali e culturali, consumista, superficiale, ignorante e appiattito sul presente. Il resto, incluse le privatizzazioni, la globalizzazione, l’impoverimento materiale e spirituale della classe media e l’osceno arricchimento dei vincenti, viene di conseguenza.

Giornali e telegiornali lavorano a tempo pieno per convincervi che i risultati delle elezioni in Molise siano importanti. Per chi vive in Molise, certamente. Per tutti gli altri ci sono ben più urgenti e importanti preoccupazioni: ridare senso all’identità italiana, rimettere in moto la politica. Il M5S dovrebbe domandarsi cosa vuole diventare da grande: un altro partito liberista o il primo partito post-liberista italiano? La sinistra dovrebbe fare autocritica e domandarsi come rinascere, piccola ma autentica. Il resto è pubblicità.

Di Francesco Erspamer

Fonte: https://www.themisemetis.com/politica/lamericanizzazione-inconsapevole/1657/

 

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