
Un tempo i pellegrinaggi erano molto sentiti, anche ad Orsomarso. Da noi due erano le mete più impegnative: Novi Velia (Sa) per la Madonna del Monte e San Sosti (Cs) per la Madonna del Pettoruto.
A Novi Velia si andava col treno fino a Vallo, poi a piedi sino al santuario che si trova sulla cima del Monte Gelbison, a 1705 s.l.m.
A San Sosti, invece, il percorso era tutto a piedi. Ed era duro.
Il gruppo dei pellegrini comprendeva uomini e donne. C’era un organizzatore, che coordinava la vita del gruppo. Durante il viaggio spesso si intonavano canti religiosi, quasi sempre dedicati alla Madonna, accompagnati dalle note dolci e melanconiche dei suni e del mantacetto. Ciascuno provvedeva in proprio per il cibo, ma la condivisione era pratica gioiosa e diffusa.
Da ragazzo vedevo nelle persone, impegnate in questo rito, una vitalità particolare; l’evento era atteso e vissuto con intensità. Si staccava dalle incombenze quotidiane per un bisogno di altro. E c’erano speranze che ognuno coltivava in cuore, per superare acciacchi o per agguantare desideri. E quel viaggio era un po’ un viaggio verso i propri sogni.
Quando tornavano il loro arrivo era annunciato dai suni già quando spuntavano alla Turricedda. I volti erano stanchi, ma con tante cose da raccontare e con gli immancabili oggetti-ricordo: figurine, rosari, medagliette…
Etimologicamente “pellegrino” deriva dal latino “ire per agros”: andare attraverso i campi. Indicava colui che cammina fuori della città; in maniera più generale, indicava lo straniero. “Chi parte in pellegrinaggio non si trova ad essere, ma si fa straniero e di questa condizione si assume le fatiche e i rischi, sia interiori che materiali, in vista di vantaggi spirituali”
“Un pellegrino si muove verso un luogo che considera caro e sacro e verso il quale ha già gettato il cuore. Un pellegrino quando parte è già arrivato con la mente e con il cuore al Santuario. Ma è proprio il cammino che farà tra casa e arrivo che sarà fondamentale per dare alla meta quel valore e quello spessore che renderà la meta luogo di gioia. Valore e spessore che sarà tanto più grande quanto più profondo sarà stato il cammino per arrivare.” (Monica D’Atti)
Nella foto vedete i pellegrini, guidati da Gaetano Russo, giunti al santuario della Madonna del Monte di Novi Velia. Si dovrebbe essere tra gli anni Cinquanta e Sessanta