SCONGIURO contro la “minna sicca”

La vita del contadino era difficile e piena di rischi, fin dalla nascita. La mortalità era alta, medici e medicine scarseggiavano e quando c’erano non c’erano i soldi. Il mondo era dominato da forze oscure, che lo minacciavano ancor prima di nascere. E per difendersi non gli restavano che santi, scongiuri, fatture e amuleti.

Se una mamma perdeva il latte, il nascituro rischiava la morte. Unici rimedi: il latte di un’altra puerpera, oppure affidarsi alle arti magiche di una fattucchiera, affinché sciogliesse la “fascinatura”.

Quello che segue è uno scongiuro, per la donna che improvvisamente si ritrovava con “la minna sicca”, per invidia o per maleficio. Non so se produceva gli effetti sperati. Io ve lo racconto così come l’ho appreso.

Lo scongiuro si compone di tre parti, ognuna delle quali andava ripetuta tre volte.

La prima (formata dalle prime due strofe) serviva a purificare la puerpera. La donna si denudava il busto. La fattucchiera dopo aver miscelato acqua, sale e chiodi di garofano, si bagnava le mani e, recitando la prima parte dello scongiuro, purificava la “paziente” lavandole i seni, il petto e le spalle, per allontanare gli effetti malefici della fascinazione.

Seguiva la seconda parte, nella quale si chiedeva l’intervento dei santi per restituire ai seni il latte perduto. In un piatto si versavano miele e latte di pecora, meglio se di pecora che allattava l’agnello. Bagnandosi le mani, la fattucchiera massaggiava capezzoli e seni, recintando le altre due strofe. Nel fare questi massaggi ogni tanto faceva tre segni di croce tra i due seni.  Alla fine faceva bere alla puerpera il latte rimasto

La parte finale dello scongiuro prevedeva che la puerpera s’inginocchiasse davanti all’immagine della Vergine col Bambino, mentre la magara le lavava la faccia, recitando l’ultima strofa con voce sostenuta. Lo scongiuro si concludeva con tre Pater, Ave, Gloria. Poi si prendeva il bacile e si buttava per strada l’acqua rimasta. La convinzione era che la prima donna che la calpestava avrebbe caricato su di sé la forza negativa di quel fascino.

….

Passa lu jurnu, passa la notte,

Passa la sciorte cu la malaventura.

La serpe si zuca la vita e l’onure

Ri sta mamma chi s’addulura.

S’addulura pa minna sicca,

Chi ‘na serpa si la tena ‘mmucca.

L’ucchji r’ammiria percin’a vutta

E si la zuca  ri  jurno e di notti.

Maronna ru latte

Cicate quidd’ucchji.

Maronna ru latte,

Guhhjati sti minni,

Cu figghju ra mamma

si jinchia la panza.

Torna lu latti, torna la vita

Cu l’aiuto ri santa Rita,

Cu la manu ri santu Birnardu

C’ha fattu mangiari lu Bomminiddu

L’ucchji cuntenti ri sant’Agata granna

Chi pi nostru Signuru ha pirdutu li minni,

Cu lu spiritu ri santa Basilissa

Ca jinchia li minni a cu vari alla missa.

E la gioja ri sant’Anna nostra

C’ari allattatu la Mamma ri Cristo.

Sciò, sciò, sciò

Lu malucchju crepa mò.

Sciò sciò sciò

La minna sicca si jinchia mò.

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