CALABRIA

La tua collera, Reggio,

per contrasto richiama alla mente

Melissa, un calvario

vecchio di secoli, un’onta

vecchia di secoli, il latifondo

lasciato incolto dal barone

ignavo a far da covo alle vipere.

Non spararono a Fragalà

i coloni di Melissa, risposta

di bocche da fuoco non diedero

ai celerini che li puntavano

da poche decine di metri

come cinghiali a due zampe. Caddero

nel loro sangue spianando

col peso del corpo la zolla

appena incisa dalla zappa,

spirarono vedendo spirare

al loro fianco, anch’esse trafitte

dai dissennati giustizieri,

le bestie della fatica nei giorni.

Folgorati i braccianti di Melissa

rei di strappare alla zolla

le Spine del Signore

per farne corone

ai nuovi cristi ammazzati,

ora giacciono

sotto un palmo di terra nera

là dove caddero dopo aver seminato,

e sulle loro tombe

la primavera fiorisce

fragranti roselline di campo.

Ma su quegli umili fiori,

fiore più grande e lucente,

che il vento salito dal Ionio

o sceso dai botri silani

fa sventolare

come una bandiera di combattimento,

permane il ricordo

del glorosio travaglio contadino.

E il giorno del Grande Risveglio

ci saranno loro a guidare

l’esercito dei braccianti

sui latifondi riconsacrati

alla fatica dei coloni.

Dunque quei morti non sono

sprecati, non sono perduti. I caduti

di Melissa hanno il viso rivolto al sole

che sorge dall’Altipiano silano.

1 caduti di Reggio hanno il viso

rivolto al sole che muore

dietro le Eolie.

Una capra in doglia di parto

che chieda invano da bere…

Continua

Di Leonida Repaci

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