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L’archeologia e l’etnografia degli ultimi cinquant’anni suggeriscono che le civiltà del mondo antico – quelle dell’Egitto, della Mesopotamia, di Creta, della Grecia, ell’India e della Cina – si siano sviluppate da un’unica base, e che questa origine comune spieghi l’omologia delle loro strutture mitologiche e rituali.

L’abbondanza di nuovo materiale riportato alla luce attraverso gli scavi, le ricerche archeologiche e la scoperta, la decifrazione e la traduzione di numerosi testi finora sconosciuti hanno reso possibile una migliore comprensione della regione mesopotamica che vide la nascita della civiltà, con gli effetti rivoluzionari che essa ebbe sullo sviluppo della religione. Lo studio comparato delle mitologie del mondo porta a considerare la storia culturale del genere umano come un fatto unitario, poiché alcuni temi hanno una diffusione mondiale, apparendo ovunque in nuove combinazioni, come gli elementi di un caleidoscopio.

Attestazioni dell’esistenza di una Grande Dea si ritrovano un po’ dappertutto nell’Europa e nel Vicino Oriente. L’archeologia fornisce una buona documentazione circa l’antichità dei culti femminili: sono davvero numerose le cosiddette «Veneri preistoriche», semplici statuette (anche in forma di rocce lavorate) alte dai 15 ai 20 centimetri, risalenti all’era gravettiana(1) del Paleolitico; queste raffigurazioni, prive di una caratterizzazione di sesso, riproducono comunque archetipi di fertilità (seni e fianchi enfatizzati), e molte epoche le separano dalle prime raffigurazioni maschili. Si tratta quasi certamente di segni femminili; è molto discusso l’uso effettivo come oggetti di culto; essi avrebbero piuttosto un significato magico-propiziatorio, apotropaico(2), considerato lo scarso interesse per la rappresentazione fedele dei lineamenti e delle forme.

Probabilmente dovevano favorire la fertilità delle donne, delle mandrie e dei campi ed a tale scopo si seppellivano nei terreni coltivati, perché favorissero la disponibilità di cibo e la procreazione, due esigenze basilari della società primitiva minacciata dai pericoli dell’ambiente.

Statuette femminili preistoriche d’argilla sono state ritrovate in Egitto prevalentemente nelle tombe; generalmente la figura è rappresentata stante, accosciata, terminante a punta, senza alcun attributo divino.

Oggi la teoria della venerazione per la Grande Dea appare poco sostenibile per l’Egitto, non essendo suffragata da convincenti prove antropologiche ed archeologiche. Le statuette non presentano accenni alla maternità, ad eccezione di una figurina da Eliopoli, e inoltre la Terra in Egitto fu sempre considerata divinità maschile. L’insistenza sui nessi teorici tra fertilità, nascita e morte è una costante del pensiero ottocentesco, che molto deve alla mitologia classica e a modelli psicanalitici. Esempi famosi di Veneri preistoriche in ambito occidentale sono quella di Willendorf, in Austria, più dettagliata nei particolari del volto, e quella di Savignano, nel modenese, dalle sembianze appena abbozzate.
FONTE: STORIA DELLE RELIGIONI, Biblioteca di Repubblica
FOTO: Rete
NOTE
1 – Con il termine “gravettiano” (talora “perigordiano superiore”) si intende una cultura paleolitica diffusa da 29.000 a 20.000 anni fa in gran parte dell’Europa dopo quella aurignaziana. È caratterizzata da bulini, punte ritoccate (punte “gravettiane”) e armi da lancio in osso. A questa cultura appartengono molte delle più note Veneri paleolitiche.
2 – L’aggettivo apotropaico (dal greco ἀποτρἐπω, apotrepo = “allontanare”) viene solitamente attribuito a un atto, oggetto o persona atti ad allontanare il malocchio e gli influssi maligni. Si parla ad esempio di monile apotropaico, rito apotropaico o gesto apotropaico. Nel linguaggio comune si usa il più noto aggettivo “scaramantico”.