LA SCUOLA? Italia ultima in Europa

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[…]Poi si continuerebbe a condizionare riducendo drasticamente il livello e la qualità dell’istruzione, per riportarla a una forma di inserimento professionale. Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni materiali, mediocri, meno può rivoltarsi. Bisogna fare in modo che l’accesso alla conoscenza diventi sempre più difficile ed elitario… che il divario tra il popolo e la scienza, che le informazioni destinate al grande pubblico siano anestetizzate da qualsiasi contenuto sovversivo. Soprattutto niente filosofia. Anche in questo caso bisogna usare la persuasione e non la violenza diretta: si trasmetterà massicciamente attraverso la televisione, intrattenimento abbruttito, lusinghi sempre l’emotivo, l’istintivo.” (Günther Anders)

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Niente nuovi investimenti per l’istruzione

Nonostante le ingenti risorse finanziarie messe a disposizione dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), il governo Draghi ha preso la decisione di non aumentare gli investimenti per l’istruzione, lasciando così l’Italia all’ultimo posto in Europa per la spesa in istruzione. Infatti la Nota di aggiornamento del Documento di Economia a Finanza 2021 è in linea con quella dell’anno passato: dall’attuale 3,9% di spesa, rispetto al Pil, dedicata all’Istruzione si scenderà progressivamente, nei prossimi due decenni, ad un misero 3,2%. E su quella stima si rimarrà fino al 2070. Per il sindacato Anief (Associazione professionale e sindacale), si tratta di una previsione sconcertante. Il presidente nazionale di Anief, Marcello Pacifico, commentando la notizia disse:

«anziché allinearci con i Paesi europei e mondiali più avanzati, dove si spende per l’istruzione dei cittadini anche il doppio di quanto investiamo noi, si decide di fare l’esatto contrario. Confermando dunque l’italico assioma istruzione uguale spesa. Non ci siamo, pensavamo e lo speriamo ancora, che con i miliardi del Pnrr le cose cambiassero mentre il Def 2021 menziona il Recovery Fund solo per la riforma del reclutamento: i numeri e le percentuali emesse dal Mef ci dicono che la scuola e la formazione possono ancora una volta attendere, così manterremo le classi con numeri altissimi di alunni, le aule microscopiche, le sedi scolastiche autonome insufficienti, gli organici non all’altezza, il tempo scuola inadeguato. Con tutto quello che comporta sul fronte dell’apprendimento ridotto. Questa programmazione pluriennale, se confermata, costituisce un errore politico imperdonabile».

In seguito aggiunse: «I dati ci parlano di una Italia ultima in Europa per fondi all’istruzione. Nel 2009, l’Italia aveva infatti speso in istruzione pubblica poco più di 72 miliardi di euro, circa 6 miliardi di euro in più rispetto a dodici anni dopo. La nostra nazione spende in istruzione meno degli altri grandi Paesi Ue, sia in rapporto al Pil che alla spesa pubblica totale e il calo dal 2009 in poi in questo settore di spesa sta avvenendo più velocemente rispetto alla media europea».

La questione dell’abbandono scolastico

I fondi del PNRR destinati a istruzione e ricerca saranno 30,88 miliardi di euro, di questi 19,44 al potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione dagli asili nido alle università. Questi fondi copriranno un periodo che andrà dal 2021 al 2023 e andranno perciò distribuiti nel corso di 3 anni, per un totale di poco più di 6 miliardi aggiuntivi all’anno. Una cifra troppo bassa che non permetterà all’Italia di scavalcare nessun paese in merito alla spesa sull’istruzione. Questi soldi serviranno solamente ad aumentare le borse di studio o degli alloggi, e lasceranno la maggior parte dei problemi irrisolti. Uno dei vari problemi è legato all’abbandono scolastico, che riguarda quei giovani che lasciano la scuola prima di aver ottenuto un diploma di maturità. I numeri agghiaccianti, solo nell’anno scolastico 2018-2019, ben 102mila studenti avevano lasciato gli studi, di cui 86.620 nelle scuole superiori. Anche per quanto riguarda l’università i numeri restano drammatici. Infatti l’Italia è il paese dopo la Romania con il maggior numero di studenti che abbandonano l’università prima di laurearsi. Nella popolazione tra i 25 e i 34 anni hanno conseguito una laurea solo il 27,6%, mentre in Romania solo il 25,8%. Ben al di sotto della media europea che si attesta intorno al 41,6%. Tutto questo è dovuto anche ai problemi di disuguaglianza economica già esistenti nel nostro paese, come fra Nord e Sud, fra centro e periferie, o fra alunni italiani e stranieri. Altro problema è la scarsa retribuzione dei docenti italiani, che si aggira tra i 30mila e i 32mila euro a seconda del grado scolastico. Una retribuzione ben al di sotto di paesi come: Portogallo, Francia, Israele, Scozia, Svizzera, Svezia, Finlandia e Norvegia. Questo influisce negativamente sulla psiche del docente che non si sente valorizzato. Non investire nella scuola significa non preparare adeguatamente gli studenti. Uno studio condotto dall’Ocse calcola che in Italia il 46,3% della popolazione tra i 16 e i 65 anni rientri in un livello di analfabetismo funzionale, il 20,9% in maniera grave e il 25,4% in maniera non grave. Questo termine indica “l’incapacità totale o parziale di un individuo nel comprendere e valutare in maniera idonea le informazioni che quotidianamente elabora”. Questi e molti altri problemi dovrebbero far capire alla politica italiana quanto sia importante rimettere al centro delle politiche e degli investimenti la scuola, perché un paese che non investe nell’istruzione è senza futuro.

Di ANDREA VITELLO

FONTE: https://www.ecologica.online/2021/12/22/italia-ultima-in-europa-per-spesa-in/?fbclid=IwAR2VBR44jU34VdQNDPn4ag6PW0q82fWwVbELrBYtTEsfLTxoeO8CE0yhGRk

FOTO: Rete

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