Come moltiplicare le piante da frutto

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Le piante da frutto possono propagarsi con due diverse modalità: per mezzo del seme o utilizzando una parte della pianta.

Nel primo caso (propagazione per seme) si ottengono individui con caratteristiche proprie perché provengono dall’unione dei due gameti, maschile e femminile, portanti ognuno la metà del patrimonio genetico dei genitori.

Nel secondo caso (propagazione mediante una parte della pianta) il patrimonio genetico sarà uguale a quello della pianta da cui è stata prelevata la porzione vegetante, e l’individuo che si sviluppa sarà in tutto e per tutto simile alla pianta madre. In questo caso, non intervenendo i gameti, è meglio parlare, anziché di riproduzione, di moltiplicazione vegetativa.

Riproduzione (per seme)

Viene utilizzata raramente per ottenere piante da frutto. Il suo scopo è quello di produrre portinnesti o per attuare il miglioramento genetico ed è usata per le specie arboree ornamentali e forestali. Nel caso di produzione di portinnesti, è chiamata franco la piantina originata da seme che proviene dall’incrocio di piante coltivate. Quando invece il seme proviene da piante spontanee è meglio parlare di selvatico.

Le piantine nate da seme presentano una radice fittonante e, appena nate, tutti i caratteri della pianta selvatica. Sono perciò molto vigorose, hanno foglie piccole e rami spinosi. Da adulte, cioè dopo gli 8-10 anni, cominciano a “ingentilire”, perdono quasi tutti i caratteri del selvatico e assumono meglio l’aspetto delia specie coltivata.

L’entrata in produzione è perciò molto tardiva e i frutti, normalmente, non assomigliano a quelli della pianta madre. Un inconveniente che presentano i portinnesti di franco e selvatico è la frequente difformità di sviluppo; questo comporta notevoli difficoltà nei frutteti specializzati, dove le varie operazioni colturali necessitano di piante a sviluppo pressoché uguale per ottenere un prodotto omogeneo. Tale inconveniente viene superato con il miglioramento genetico, cioè con l’incrocio e l’ibridazione.

Caratteristiche come l’adattabilità a clima e terreno, l’aumento della resistenza ad alcune malattie, l’uniformità di sviluppo, la nanificazione ecc. sono, grazie alle pratiche dell’incrocio e dell’ibridazione, presenti nei portinnesti attuali.

L’incrocio è l’operazione che porta a fecondare ovuli di una specie dotata di determinate caratteristiche con polline proveniente da una pianta della stessa specie, con caratteristiche simili o completamente differenti.

L’ibridazione cerca di riunire in un individuo i caratteri presenti nei due genitori; appartenenti allo stesso genere ma a due specie diverse, traendone il meglio da ciascuno. Con questa tecnica, per esempio, si sono ottenuti quasi tutti i portinnesti E.M. (dal nome della stazione sperimentale inglese East Mailing) del Melo, derivanti dalla fecondazione di Malus comunis con Malus pumilia. In entrambi i casi, comunque, il lavoro di scelta delle piante, di fecondazione e di attesa dei risultati è estremamente lungo.

Moltiplicazione (per parti di pianta)

Con questa parola si riconosce la capacità di molti organi delle piante di produrre radici e germogli o di unirsi per formare un nuovo individuo. Le piante che si ottengono sono in tutto e per tutto simili alle piante originarie e identiche fra loro. Questa uniformità di sviluppo è un notevole vantaggio e porta a scegliere questa forma di propagazione anche per i portinnesti. I metodi più classici di moltiplicazione sono: la talea, la margotta, la propaggine, la micropropagazione e l’innesto.

Talee

Talea

Di solito si tratta di porzioni di ramo, erbaceo o legnoso, che, messe in condizioni opportune, radicano e sviluppano un nuovo individuo. Le condizioni opportune consistono in substrato molto leggero (sabbia — torba), uniformità di temperatura (intorno ai 20-22 °C) e costanza di irrigazione, meglio se nebulizzata. Per favorire l’emissione di radici in corrispondenza dei nodi, si trovano in commercio ormoni radicanti (ANA, IBA ecc.) in polvere e liquidi che, distribuiti sulla parete da interrare aumentano la velocità di radicazione e la quantità di radici anche in piante poco predisposte. I rami e le branche scelte per il taleaggio devono appartenere a piante sane, resistenti alle malattie e vigorose; la lunghezza della talea può variare da 10 a 50 cm e di solito si tratta di rami di un anno. Importante è rispettare la polarità, cioè non interrare i rami capovolti.

Come abbiamo detto la talea è usata per la produzione di portinnesti ma anche, insieme all’innesto, per la propagazione delle mutazioni gemmarie.  Con questo termine si identificano variazioni ben evidenti a carico dei tessuti di una gemma che sviluppa rami con caratteristiche differenti rispetto alla pianta madre. È ovvio che l’unica forma di diffusione di queste mutazioni è quella agamica. La causa di queste mutazioni, quando avvengono in natura, è imputabile a condizioni ambientali o comunque a stimoli naturali. Si possono anche ottenere in laboratorio sottoponendo le gemme ai raggi X o gamma. Per migliorare o variare le caratteristiche delle piante da frutto si utilizzano le mutazioni gemmarie quando queste, per esempio, sono favorevoli alla formazione di nuove cultivar: è il caso delle mele Delicious rosse, nate da mutazioni gemmarie della Golden delicious (gialla). II mezzo più comune per identificare o accertarsi della mutazione, e quindi mantenerla, è di riprodurla per talea.

Un altro tipo particolare di mutazioni, diffusissime fra i Meli, sono le spur, termine che identifica piante nane. La diminuzione della taglia è dovuta al raccorciamento degli internodi per mancata distensione delle cellule. Le dimensioni limitate della pianta consentono notevoli risparmi nei costi e l’aumento del numero di piante per ettaro, mantenendo regolare la produzione.

Margotta

Margotta

Anche questa forma di riproduzione fornisce nuove piante ottenute con l’emissione di radici da un ramo, senza staccarlo dalla pianta madre. Questo metodo è poco usato per le piante da frutto; è diffusissimo invece per la riproduzione di piante ornamentali. Scelto il ramo, si asporta un triangolo di tessuto al di sotto di un nodo e si applica al ramo un involucro contenente terreno. Il tutto verrà mantenuto umido fino all’emissione di radici. Si taglia quindi il ramo sotto l’involucro e si utilizza la nuova pianta . Un’altra tecnica è quella di ricoprire con terreno una pianta tagliata al colletto, il che comporta l’emissione di numerosi germogli radicati, utilizzabili per i nostri scopi.

Propaggine

Propaggine

Anche in questo caso l’emissione di radici dal germoglio avviene quando questo è ancora attaccato alla pianta madre. Di norma per la propaggine occorrono rami lunghi e flessibili che vengono interrati per un tratto, anche più di una volta. Con gli astoni rigidi, invece, si procede interrandoli del tutto.

Micropropagazione

È una tecnica di laboratorio che si sta diffondendo per i vantaggi che offre e ancor più per le prospettive che si intravedono in futuro. Secondo questa tecnica per ottenere numerose piante in breve tempo bastano poche cellule, prelevate in ambiente sterile da gemme apicali delle piante che si vogliono micropropagare. Queste porzioni di gemme sono allevate su un substrato nutritivo, in ambiente controllato. Lo sviluppo dei germogli è rapido, e una volta avvenuto, cambiando tipo di substrato, si stimola l’emissione delle radici. Le piantine ottenute abbisognano di un breve periodo di acclimatazione alle condizioni naturali, poi possono essere facilmente commercializzate. Con questa tecnica sono state introdotte in Italia la maggior parte delle piante da frutto esotiche e risultati ottimi si stanno ottenendo anche con gli agrumi, il Cotogno e numerosi altri portinnesti.

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Da “Il grande libro degli alberi da frutto”, di E. Boffelli e G. Sirtori – De Vecchi

Foto: Rete

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