IN DIFESA DEI 65 “SEDIZIOSI” DI ORSOMARSO – Ultima parte e sentenza

Operai dell’Argentino a Mare Piccolo

 

Questa è la parte finale della memoria difensiva, che l’avv. Settimio Forestieri fece dei 65 “sediziosi” di Orsomarso, denunciati perchè avevano organizzato una pacifica manifestazione, per chiedere lavoro. L’avvocato difende con forza non solo le ragioni di quei cittadini, ma anche la loro dignità e i loro diritti.

In Calabria troppe volte sono state mortificate le richieste di quanti chiedevano lavoro o reclamavano la terra, usurpata dai latifondisti. Claudio Cavaliere ha raccolto in un bel libro, “TUMULTI, stragi contadine in Calabria”, molte di queste storie. “È un cammino che conduce alle terribili, tristissime e scandalose storie delle ripetute stragi contadine in Calabria, scivolate nel dimenticatoio della storia, che nell’accomodante fatalismo di molti avrebbero dovuto rimanere seppellite nell’oblio per non risvegliare il ricordo di insopportabili ingiustizie inflitte e subite.”

Storie  di soprusi molto simili a quella di Orsomarso. Storie delle quali conviene conservare memoria affinché non si ripetano. Lo dobbiamo a quelle persone che vennero denunciate ingiustamente.

Ringraziamenti devo a Manola e Patrizia Calvano, per aver messo a nostra disposizione la memoria difensiva dei nostri concittadini.

 

[…]

ISITGAZIONE A DELINQUERE  (art. 414) e  A DISOBBEDIRE LE LEGGI (art. 415).

 

Questi delitti riguardano i primi dieci. Ed è impensabile che imputazioni così gravi possono essere addebitati a dieci persone (fra cui due donne) che, in sostanza, hanno fatto quello die hanno fatto gli altri: prendere parte ad una manifestazione intesa ad ottenere lavoro. Se questa è stata decisa concordemente da tutti, preannunciata e comunicata alle autorità circa la maniera di svolgimento e le giornate nelle quali avrebbe avuto luogo, quale movente di queste malcapitate dieci persone ad agire diversamente? Delinquere? e perché? e contro chi? tanto meno disobbedire alle leggi se tutta la fiumana dei dimostranti si sentiva legittimata ad agire a quel modo che era stato consigliato V. Sindaco, i cui consigli seguivano pedissequamente come figli ubbidienti al padre.

Si riconosca onestamente che se d’istigazione si deve parlare, il discorso (s’intenda bene!) va fatto nei confronti di ben altro messere (e i nodi stanno per venire al pettine) ma mai nei confronti dei poveri dieci denunciati, alcuni dei quali erano pure assenti in quei giorni – haimè – fatali: assolutamente mai. E non aggiungiamo altro, perché noi vogliamo mettere in luce la verità dei fatti. Non accusare per difenderci, sperando che la giustizia non ci spinga a tanto e renda giustizia in periodo istruttorio.

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In conclusione: tenuto conto di quanto sopra, possono i prevenuti essere rinviati a giudizio e messi sull’alea di andare incontro magari alle carceri? Sarebbe un errore giudiziario imperdonabile, perché essi nulla hanno commesso che possa far sorgere qualsiasi delle sopra cennate imputazioni a loro carico e tanto meno delle affermazioni di responsabilità.

Forse che con le carceri si difende la società? Nei regimi dittatoriali, forse sì.  In una Repubblica, come la nostra, fondata sul lavoro, la società si difende col lavoro, con la produzione.  Già da tanto questi poveri lavoratori ai tanti altri incubi hanno aggiunto quello della possibilità di un processo penale. Si tolga quest’incubo! Si restituisca il capitale produttivo di tante braccia alla Società e la pace e la tranquillità a tante famiglie che non debbano avere più oltre un’ingiusta preoccupazione come amaro companatico alle cipolle ed al tozzo di pane giallino che sono il loro cibo quotidiano.

Mentre sto per chiudere queste memorie difensive, un quadro del sommo Goya mi si affaccia agli occhi: quello denominato “Lux in tenebris” e “Il sole della Giustizia”. Vi si vede raffigurata una folla ansante che vuole riassumere il genere umano teso in un supremo anelito e, su quel mare di teste e di figure, sovrastare un alone di luce incandescente, entro il quale una enorme bilancia … Rappresenta la aspirazione della folla che anela alla Giustizia, quella vera, irrorata da una luce eterna.

A tanto aspirano questi denunciati, che sono innocenti per aver chiesto solo lavoro, che è il mezzo per avere pane. Pane e Giustizia, sete dell’umanità, solo binomio che può garantire l’ordine sociale.

LA SENTENZA

 

 

Verbicaro, 26 ottobre 1955

 

Avv. SETTIMIO FORESTIERI

 

 

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