ASCLEPIO, la malattia come alterazione dell’ordine cosmico

Asclepio cura una paziente addormentata, IV secolo a.C.

In linea con la generale funzione orientativa della mantica [arte della divinazione], di cui resta comunque una specializzazione, si situa la iatromantica [divinazione medica], che ha il suo modello eccellente nel culto oracolare di Asclepio, ad Epidauro. Anche la malattia, non meno delle carestie, delle epidemie o dei lutti, appariva come un’alterazione dell’ordine cosmico, in cui l’uomo greco si sentiva inserito, e poteva configurarsi come esito di una trasgressione al sistema normativo tradizionale. L’oracolo diventava allora uno strumento di mediazione e, attraverso la preliminare purificazione, riconduceva il consultante nella sua condizione originaria, permettendo quindi l’intervento della divinità.

Se però a Patre, in Acaia, uno specchio fatto scendere per mezzo di una sottile funicella sino alla superficie di una sorgente, che sgorgava ai piedi del tempio di Demetra, indicava solo il destino del paziente, la sua morte o la sua guarigione, altrove l’azione divina esprimeva tutta la sua potenza rovesciando la situazione di crisi prodotta dalla malattia. Era perciò inevitabile che le masse, soprattutto quando la peste esplose ad Atene nel 429 a.C., ricorressero ai santuari di Asclepio per ottenere guarigioni «miracolose».

È in questo clima che salute e guarigione cominciano ad indentificarsi con «salvezza» e che Asclepio si trasforma nella divinità tutelare della medicina, sino ad assumere il ruolo del dio salvatore per eccellenza nella successiva età ellenistica. Ma in epoca classica e comunque anche in seguito, il santuario di Epidauro e le sue succursali sparse un po’ dovunque in terra greca erano una sorta di grande centro ospedaliero, dove il clero operava come il moderno personale medico e paramedico. Anche gli elenchi delle guarigioni e delle patologie, pur diffusi con evidenti scopi propagandistici, costituivano archivi indispensabili per conservare e trasmettere le conoscenze acquisite.

Nondimeno, per i consultanti-pazienti lo schema di accesso alle prestazioni ripercorreva le tappe di ogni altro culto. Purificazioni e sacrifici precedevano l’ingresso al tempio; il compenso per il trattamento si traduceva in un’offerta ai sacerdoti; la guarigione o il rimedio erano prodotti dall’epifania del dio che appariva in sogno al paziente.

Da “Storia delle Religioni” – La Biblioteca di Repubblica

Statua di Asclepio, copia romana da originale greco, Collezione Ludovisi, Palazzo Altemps, Roma

Asclepio, il mito

La dolce Coronide, figlia di Flegia, re dei Lapiti, amava molto il suo regno e la sua gente. Passeggiare fra i suoi sudditi, partecipare della vita cittadina del suo paese non le era però congeniale. Ella preferiva la quiete e maestosa tranquillità dei monti della Tessaglia, dove sovente si recava lungo le sponde del lago Beobi. Durante le sue lunghe passeggiate nel verde delle campagne, aveva incontrato il suo divino amore, Apollo, e subito si erano uniti in un appassionato amplesso. Ma il dio le dedicava ben pochi momenti d’amore, occupato come era nelle sue funzioni in Olimpo e Coronide iniziò a sentirsi sola e trascurata.

L’incontro con Ischi, figlio di Elato, l’aveva sconvolta e, nonostante alcune remore, aveva subito ceduto alle sue richieste d’amore. Apollo aveva incaricato un corvo di sorvegliare l’amata principessa in sua assenza, e quando venne a conoscenza del tradimento, maledì violentemente il volatile che da allora mutò il colore delle sue candide penne, che divennero per sempre nere. Se Apollo si limitò a infierire sull’inetto corvo, la vendetta di Artemide fu ben più violenta. Ella si apprestò velocemente a punire la grave offesa fatta al fratello e lacerò il corpo della fedifraga con un nugolo di frecce.

Dispiaciuto del tradimento, ma ancora più sconsolato per la morte della graziosa fanciulla, Apollo «dai riccioli d’oro» pianse disperatamente alla vista del grazioso e sciagurato cadavere posto sulla pira funebre. Affranto dal dolore egli improvvisamente ricordò che la ragazza era incinta di sei mesi e che, quindi, vi era ancora il frutto del loro amore da salvare. Con l’aiuto di Ermes, liberò dal corpo di Coronide il bimbo ancora vivo e lo condusse sul niente Pelio. Qui affidò il piccolo Asclepio al Centauro Chirone, che gli insegnò l’arte della medicina.

Apollo, Chirone ed Asclepio – Pompei

Abile nella chirurgia e nella farmaceutica, Asclepio fu un medico insuperabile per perizia e maestria. Grazie alle istruzioni del padre, Asclepio fece della sua professione un’arte tanto raffinata da essere in grado di resuscitare i morti. Egli aveva ricevuto da Atena il potente sangue colato dalla testa recisa della terribile Gorgone. In effetti, mentre il sangue versato dalle vene sinistre del corpo del mostro era micidiale, quello versato dalle vene del lato destro era un potente antidoto che riusciva a sconfiggere la morte, facendo ritornare ln vita i defunti.

Asclepio riportò in vita numerosi eroi. Licurgo, Capaneo Tindaro, Glauco e Ippolito, figlio di Teseo, gli erano debitori del grande dono della rinascita.

Ma il risentimento di Ades per la continua sottrazione di sudditi al suo regno oscuro, divenne sempre più grande fino ad esplicitarsi in una chiara denuncia al Tribunale degli Olimpi. Zeus accolse la richiesta del fratello, ma non fu facile attuare il duro provvedimento che decretava la morte del buon medico.

Pur sapendo di suscitare una violenta reazione da parte di Apollo, il Cronide folgorò il medico, adducendo come movente del suo gesto la falsa diceria che Asclepio esercitasse per amore non del prossimo ma del denaro. Apollo era furibondo e si vendicò uccidendo i Ciclopi. Tuttavia, Asclepio era destinato a diventare un dio e Zeus, dopo avergli inflitto la dura pena per il suo operato che confutava i disegni del Fato, volle resuscitarlo. Dio della Medicina e sommo Guaritore, egli fu poi trasformato in costellazione e assunse l’immagine di un serpente.

Da “Miti e leggende dell’antica Grecia”, di R. Agizza – Newton & Compton Editori

Foto: Rete

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