L’organizzazione sociale dei LONGOBARDI

Particolare  di Rotari e la corte

In tempi recenti i reperti archeologici relativi agli stanziamenti al di là delle Alpi e in Italia hanno integrato e arricchito la conoscenza dell’organizzazione economica, sociale e istituzionale dei Longobardi.

 

I tratti fondamentali sono anteriori alla conquista dell’Italia e analoghi a quelli degli altri popoli germanici. Nucleo sociale del popolo era la stirpe o «farà», comprendente un certo numero di famiglie imparentate.

Le fare erano forse, in origine, le «associazioni in marcia» (dal verbo tedesco fahren, «marciare, andare») in cui era suddiviso il popolo longobardo nel corso dei suoi spostamenti. Le fare si raggruppavano in «centene», con un capo detto alla latina centenario e alla longobarda «sculdascio». Più centene si raggruppavano sotto quelli che dopo la conquista furono detti, con parola latina, duchi (duces); se ne ignora il nome longobardo. I duchi erano rappresentanti delle principali stirpi guerriere che, per questo, godevano di particolare considerazione presso il re. Il ducato longobardo imitava, in una certa misura, la funzione che aveva avuto la provincia nell’ordinamento dello Stato lardo-romano; esso costituiva infatti uno strumento di controllo amministrativo e militare del territorio.

A capo di tutto il popolo o, come si diceva, dell’esercito dei Longobardi, costituito da tutti gli uomini liberi, stava il re, elettivo, ma con forte  influenza del principio di eredità. Egli era il capo amministrativo, giudiziario e militare del popolo: promulgava le leggi, convocava l’esercito, decideva la guerra e la pace. Era tuttavia assistito dall’assemblea dei liberi, cioè dall’esercito (ma non sappiamo in quale misura), nello stabilire le leggi e nelle decisioni di maggiore importanza.

Una particolare tutela, il «mundio», egli esercitava sulle vedove, gli orfani, gli stranieri, e in genere su tutti coloro che fossero altrimenti privi di protezione.


Rotari e la sua corte in una miniatura della metà dell’XI secolo del manoscritto Leges Langobardorum. (Madrid, Biblioteca Nacional)

Erano intorno a lui alti funzionari di corte: tra essi vi erano i «gasindi» o comites regis, uomini di particolare fiducia e valore che costituivano il seguito personale del sovrano. Altri funzionari regi di una certa rilevanza erano i «gastaldi», che i sovrani longobardi, da Autari 584-590) in poi, nominavano nei singoli ducati del regno, per l’amministrazione dei domini e per Ila riscossione delle multe e degli altri redditi spettanti alla corona. I gastaldi esercitavano anche, in nome del re, poteri militari, giudiziari e di polizia, e costituivano così una sorta di contrappeso all’autorità quasi indipendente dei duchi, di cui controllavano il governo locale. Dai tempi di Rotari i re longobardi presero ad affidare unicamente ai gastaldi, detti anche iudices e investiti della suprema giurisdizione civile e militare nei propri distretti, i territori di nuovo acquisto, e quelli dei ducati ove la dignità ducale era stata soppressa, in seguito a ribellioni all’autorità regia.

La costituzione sociale dei Longobardi distingueva poi i liberi, i semiliberi o «aldi», e i servi.

I primi erano originariamente tutti proprietari e al tempo stesso militi: di qui il loro nome di «arimanni» o exercitales. Con il tempo ci furono liberi non possidenti, per cui gli arimanni costituirono la nobiltà fondiaria, pur sempre numerosa. Gli aldi possedevano la libertà personale, ma erano sotto il mundio del proprietario di cui tenevano in coltivazione le terre, che non potevano abbandonare (simili, in questo, ai coloni romani).

Tra i servi figurano distinzioni e gradazioni: i «ministeriali», che attendevano al governo della casa padronale e del terreno sfruttato direttamente dal padrone e all’artigianale alle dipendenze da questo, i «massari», che coltivavano, avendola in affitto, una tenuta; i «porcari», che allevavano i greggi di porci.

I gradi sodali trovavano la loro espressione legale nel «guidrigildo», cioè nel compenso in denaro – minutamente regolato nell’editto di Rotari – dovuto da chi avesse ucciso o ferito una persona e che variava appunto secondo il ceto di appartenenza.

Da: “LA STORIA” 4 – La Biblioteca di Repubblica

 

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