Giovedì Santo, “Lu juvu ri li trenuli”

 

 

C’è nei “Canti di Passione” di Orsomarso questa strofa:

E lu juvu ri li trenuli,

ohi, chi  scuru chi mi parija!

La via j’era petrosa,

rava nu passo e pu carija

Ma trenuli che significa? E perché lu juvu ri li trenuli”?

Un passo indietro.

Fino al 1955 la Chiesa cattolica celebrava negli ultimi tre giorni della Settimana Santa (giovedì, venerdì e sabato) l’Ufficio delle Tenebre.

Durante questo rito si recitavano dei salmi, si cantavano responsori, si leggevano brani della Bibbia. C’era un candelabro a forma di triangolo, la saettìa, con quindici candele. Se ne spegneva una dopo ogni salmo. Alla fine rimaneva accesa solo quella centrale. Si prendeva e si portava dietro l’altare. La chiesa rimaneva allo scuro. A questo punto si scatenava lo strepitus o “terremoto”: i fedeli facevano un fracasso incredibile sbattendo i piedi, le mani sui banchi o servendosi di qualsiasi oggetto avessero a disposizione, come a voler riprodurre il terremoto che, si pensa, si sia verificato alla morte del Cristo.

Ad Orsomarso

Io ero un bambino, stavo con mia madre nella chiesa di S.G. Battista; c’era l’Ufficio delle Tenebre. Poco prima dello strepitus si radunò davanti all’altare un bel gruppo di giovani, che si disposero in cerchio; avevano tutti in mano un bastone. Appena in chiesa calò il buio, alla fine dell’Ufficio, cominciarono a battere per terra quei bastoni. Tra il rumore dei fedeli nei banchi e il fracasso dei giovani coi bastoni la chiesa rimbombava paurosamente. Fui preso da terrore. Mia madre, preveggente, mi mise sulle sue ginocchia e mi strinse forte a sé, coprendomi le orecchie con la sua guancia.

Pochi minuti e tornò il silenzio. La gente, taciturna, sciamò lentamente verso casa.

Attaccato alla mano di mia madre fui felice di lasciare la chiesa, ma quello strepitus me lo portai appresso per un po’.

E i trenuli?

Le letture della prima parte delle Tenebre erano prese dal Libro delle Lamentazioni.  In greco “lamenti” si dice Θρήνοι, thrénoi, da cui deriva il nostro trenuli, lamenti appunto.

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