La marcorella comune, Mercurialis annua.

Cresce ovunque nei campi, specie in quelli sarchiati, infesta le coltivazioni e cresce lungo le strade. Crea delle comunità fitte di individui maschili e femminili ( è dioica)e fiorisce tutto l’anno. E’ stata famosa nella storia della scienza per la misteriosa colorazione blu che si sviluppa quando qualsiasi parte della pianta è immersa in acqua. La colorazione è molto intensa ma transiente, perché vira poi al giallo. Charles Darwin fu fra i tanti che nell’ottocento, sull’onda dell’interesse per i coloranti, studiò il fenomeno, a dire il vero senza arrivare a molto. Il colore che la mercorella fa assumere all’acqua è blu intenso come quello dell’indaco, ma, diversamente da questo colorante, non si fissa bene sul cotone e, in generale, sulle fibre tessili, e la colorazione non è stabile a lungo. Se essiccata lentamente e all’ombra, addirittura l’intera pianta assume una strana colorazione bluastra. A fine ottocento, lo sviluppo della sintesi industriale dell’indaco fece crollare il costo di questo colorante, ancora oggi usato per tingere i jeans, rendendo obsoleta la ricerca su coloranti blu alternativi. In questo modo, la ricerca sul principio colorante della mercorella fu relegato nel campo delle curiosità scientifiche e perse qualsiasi interesse pratico. Oggi sappiamo che tutte le parti della pianta contengono un alcaloide, battezzato hermidina, che si ossida facilmente all’aria dando origine alla colorazione blu che colpiva molto i ricercatori dell’ottocento.

La curiosità dei ricercatori è oggi focalizzata sul modo insolito in cui la pianta si riproduce, lanciando i fiori maschili a circa 20 cm dalla pianta appena maturano. I fiori disperdono poi il loro polline al vento, che è l’agente dell’impollinazione. Un’altra caratteristica curiosa della specie è quella di presentare il fenomeno dell’androdoicia, cioè di presentare, all’interno di una stessa popolazione piante maschili e piante ermafrodite. Le piante maschili sono più piccole di quelle ermafrodite e sono decimate selettivamente dai vari insetti che si nutrono della pianta o brucate. Il fenomeno è generale per tutte le specie che presentano questa caratteristica, e si pensa che la maggiore suscettibilità delle piante maschili all’attacco da parte di erbivori e fitofagi sia legata alla necessità di investire nella produzione del polline a scapito della difesa contro gli attacchi dei predatori. Almeno in questo caso, quello maschile è il sesso debole. Il polline della mercorella è fortemente allergenico per l’uomo, e circa la metà delle persone che soffrono di febbre da fieno sono allergiche al polline della mercorella. La mercorella appartiene alla stessa famiglia della pianta della gomma, ed esiste sensibilità crociata fra gli allergeni delle due piante. In altre parole, chi è allergico ai guanti in lattice, lo è anche al polline della mercorella.

In questo periodo la marcorella sta suscitando molto interesse perché si sta generando una moda culturale che ci spinge a ricercare antichi alimenti… e qui vorrei fare una riflessione. Un tempo, la necessità ci aveva insegnato la sopravvivenza e in mancanza d’altro veniva buona qualunque fonte alimentare, ma l’uomo, grazie all’esperienza di secoli contadini ha saputo selezionare il meglio che la natura gli offriva e, dominando le specie ha ottenuto i prodotti più buoni o produttivi e ha quindi abbandonato usi alimentari poco proficui. Qualunque contadino avrebbe volentieri ceduto un campo di portulaca per un sacco di patate. Oggi, la Cultura ci spinge a riscoprire questi usi ma spesso é più l’entusiasmo o il piacere intellettuale che ci fa apprezzare la cosa. È il caso della Mercurialis che è tossica per la presenza di saponine e alcaloidi ma che é normalmente considerata commestibile, come del resto la borragine che ha lo stesso problema. Si sente spesso dire ” mia nonna la mangiava ed é campata cent’anni” oppure “la consumo da anni e sto benissimo” anche se la scienza ha definito molto bene il grado di tossicità.

Ora non voglio certo fare un ragionamento salutistico, mangio carne rossa alla brace, bevo vino e fumo ma credo che dovremo moderare il nostro entusiasmo alimurgico tanto più che la Mercurialis fa schifo ed ha valori nutritivi minimi oltre che un gusto pessimo. Quando scrivo di piante raramente mi soffermo sugli aspetti alimentari. Per me le piante si inseriscono in un quadro antropologico esteso in cui l’aspetto nutritivo merita menzione solo in casi eccellenti come ad esempio per gli asparagi selvatici o la radice di raperonzolo oppure i frutti di bosco. In tutti gli altri casi mi interessa la stratificazione culturale, l’intreccio che si crea tra la consapevolezza umana e le piante perché credo che la comprensione della natura abbia il suo vero compimento solo in relazione all’uomo. Senza l’uomo la natura vivrebbe benissimo, ma non ci sarebbe nessun motivo di comprenderla e non ci sarebbe nemmeno nessuno per farlo.

Dalla pagina Fb Etnobotanica

Foto: Acta plantarum

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