L’orazione sulla dignità dell’uomo di Pico della Mirandola

Ritratto di Giovanni Pico della Mirandola (XV secolo), olio su tela, particolare. Bergamo, Accademia Carrara

 

 Nell’immaginario del Medioevo cristiano, l’uomo, nella sua imperfezione e nella sua costitutiva debolezza, determinata dal peccato originale, può trovare riscatto esclusivamente in grazia della misericordia divina.

Al contrario, nella visione del mondo propugnata dall’Umanesimo, all’uomo è restituita la libertà e quella dignità che consiste nel fatto che egli solo, fra tutte le creature divine, ha la possibilità di scegliere il proprio destino. Tutti i maggiori intellettuali italiani del Quattrocento condividono questo ideale. Tra gli altri, il filosofo Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494) lo espresse nella sua Oratio de hominis dignitate (1486), considerato il «manifesto del Rinascimento» per la sua esaltazione della creatura umana.

«Stabilì finalmente l’ottimo artefice che a colui, cui nulla poteva dare di proprio, fosse comune tutto ciò che aveva assegnato singolarmente agli altri. Perciò accolse l’uomo come opera di natura indefinita e, postolo nel cuore del mondo, così gli parlò: “Non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto tuo proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto ciò appunto, secondo il tuo voto e il tuo consiglio, ottenga e conservi.

La natura determinata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai, da nessuna barriera costretto secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. Ti posi nel mezzo del mondo, perché là meglio tu scorgessi tutto ciò che è nel mondo.

Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avessi prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai rigenerarti, secondo il tuo volere, nelle cose superiori che sono divine”. O suprema liberalità di Dio padre! O suprema e mirabile felicità dell’uomo! a cui è concesso di ottener ciò che desidera, di essere ciò che vuole.

I bruti nel nascere seco recano, come dice Lucilio, dal seno materno tutto ciò che avranno. Gli spiriti superni o dall’inizio o poco dopo furono ciò che saranno nei secoli dei secoli. Nell’uomo nascente il padre ripose semi d’ogni specie e germi d’ogni vita. E, secondo che ciascuno li avrà coltivati, quelli cresceranno e daranno in lui i loro frutti.»

Da “La Storia 6” –  La Biblioteca di Repubblica

Foto: RETE

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