Nel tempo contadino, tra l’autunno e l’inverno, arrivava in paese un personaggio dal fascino misterioso: il luparo. Non ho mai saputo da dove venisse. Vestito di velluto scuro con berretto, tabarro e la pelle del lupo sulle spalle, ogni tanto urlava “Santo Silvestro”.
Erano tempi di miseria. Molti, per guadagnarsi qualcosa per vivere, praticavano la pastorizia e abitavano in campagna. I lupi erano un problema. Perdere qualche bestia, mangiata dal lupo, era un danno serio. Il luparo era argine, protezione. Le comunità montane serbavano gratitudine per questi personaggi. E quando un luparo ammazzava un lupo andava in giro nei paesi vicini con la pelle dell’animale sulle spalle e riceveva offerte in denaro (raramente) o in natura. A chi gli offriva qualcosa lui dava un ciuffetto di peli della bestia legati con un po’ di filo. Credo che avesse una qualche funzione apotropaica.
PER SAPERNE DI PIU’
Il luparo in Italia era una figura professionale che svolgeva l’attività venatoria di caccia ai lupi. Questa professione è durata fino agli anni Sessanta del secolo scorso, quando il lupo appenninico si era venuto a trovare sull’orlo dell’estinzione e tale lavoro non era più remunerativo, e vietato dalle norme di protezione della specie, per le quali l’unica caccia ammessa è quella fotografica.
La caccia al lupo era a volte fatta al servizio di privati, altre volte più persone si univano per andare a cacciare i lupi, dopo la loro uccisione venivano impagliati e portati per le vie e piazze delle città, dove si faceva la questua porta a porta per chiedere alle persone un’offerta, soprattutto nei confronti dei pastori che potevano dare anche cibo in cambio.
La caccia al lupo avveniva in diversi modi, tra questi c’erano le battute di caccia oppure realizzando trappole come i lacci per poterli catturare, come raccontato in un articolo di giornale del 1946 in Val d’Aveto con il quale sono stati catturati e uccisi due lupi.
La figura del luparo si rendeva necessaria nelle zone montane dove la presenza di pascoli e boschi permetteva la maggior presenza dei lupi; con l’arrivo delle moderne armi da caccia, nell’Ottocento si iniziò lo sterminio sulle Alpi arrivando a metà degli anni Cinquanta del XX secolo ad avere solo 100 esemplari in tutta Italia. Il luparo venne abolito nel 1976 con le leggi per la protezione del lupo. Tale mestiere si ritiene oggi estinto.
Si può ipotizzare che questo lavoro sia nato nel corso del Medioevo e sopravvissuto fino all’età moderna. Si hanno documenti ben precisi dal XVI secolo che parlano della loro attività e dell’obbligo da parte del signore di saldarli, o delle taglie che venivano messe sui lupi che sarebbero state date ai lupari.
Nel Regno delle Due Sicilie l’allora sovrano, Gioacchino Murat, emanò il 16 maggio 1810, il decreto n. 643 con il quale si stabilivano i premi per la cattura dei lupi. Quando si creò un mercato di cacciatori di lupi, questi andavano con le stesse bestie in più paesi e città a richiedere le ricompense, pertanto sorse la regola secondo cui una volta che fosse stata pagata la taglia, si sarebbero tagliate le orecchie ai lupi in maniera che non si potessero chiedere due ricompense. È noto che nella zona del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise negli anni Trenta del secolo scorso la lupa adulta aveva una taglia di 75 lire, un maschio 50 e un lupetto 17,5, mentre negli anni Sessanta, durante gli ultimi periodi di attività dei lupari, la taglia arrivava sulle 20 000 lire.
La caccia ai lupi non è stata prerogativa solo italiana ma è stata praticata in tutti i Paesi in cui era presente il predatore con diverse modalità e terminologie, ed in alcuni è tuttora praticata.
La figura degli ultimi lupari è narrata nel film Uomini e lupi del 1957, del regista Francesco De Santis con, tra gli altri, gli attori Silvana Mangano e Yves Montand. Nel film si raccontano le traversie dei protagonisti, lupari appunto, tra freddo, eccessive nevicate, disoccupazione, tragedie, amori e lupi che attaccano le greggi. Nella didascalia iniziale si recita:
«In Abruzzo, alle prime gelate, quando greggi e pastori lasciano le alture, risonano nelle gole montane gli echi lugubri degli ungulati e di belve fameliche. Sola difesa contro di essi, i lupari, cacciatori di mestiere che quando uccidono un lupo lo portano su di un carro in giro per i paesi per raccogliere le povere cose che i pastori possono dar loro come compenso. Lupari: un po’ per necessità e molto per passione. Nomadi: compaiono con i primi freddi e scompaiono con la primavera.»
Nello stesso film viene recitata una canzone per la questua del luparo:
«Avevo due cartucce
ed i lupi erano venti
le gambe mi tremavano
e il cuore pure,
ed io ho sparato… bum
e il lupo è morto sulla neve.
Amici cari miei,
guardate il lupo morto,
mettevi le mani sul cuore
e la coscienza
di pane e di granturco
nessuno nella vita
può far senza.»
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Luparo
FOTO: Rete