La raccolta delle olive era insieme l’ultima e la più lunga dell’anno. Cominciava al mese di novembre, per terminare soltanto agli inizi di marzo, quando i frutti troppo maturi cadevano da soli. Le olive più basse erano raccolte a mano, ma i rami alti dovevano essere bacchiati dagli uomini. Le donne e i bambini raccattavano le olive su un suolo ben ripulito o addirittura ricoperto da un lenzuolo, e le separavano dalle foglie e dai frammenti di stelo.
Come durante la mietitura o la vendemmia, tutto il piccolo mondo della fattoria si riuniva nella piantagione. Tre buone operaie potevano raccogliere, nel corso di una stagione, di che fare una tonnellata di olio.
I frutti destinati ad essere conservati o consumati erano messi in salamoia. Gli altri erano frantumati in un mortaio di legno, con un pestello di legno, se vogliamo credere al poeta Esiodo. La pasta così ottenuta, avvolta in un sacco di crine, veniva messa in una specie di piccolo tino con scarico e un ammasso di travicelli, che serviva da pressa.
In parecchi villaggi il sistema era ancora questo fino ai giorni nostri […]
L’olio di questa prima spremitura a freddo colava in una giara o in una vasca, da dove lo si attingeva per riporlo nei serbatoi della fattoria o per riempire otri in pelle di capra con il pelo all’interno. Gli otri trasportavano l’olio altrove, dal principe, dal sacerdote o dal mercante.
In una seconda fase, le sanse, ancora molto ricche, sono ammassate e si riscaldano per una ventina di giorni. Poi vengono frantumate e sottoposte di nuovo alla pressa; con questo procedimento si ottiene un olio più acre, più aspro, in un volume che è circa un terzo di quello prodotto dalla prima spremitura.
Infine, si fa spurgare l’ultimo olio sottoponendo le sanse all’azione dell’acqua calda in una vasca speciale d’argilla, il separatore d’olio: se ne sono trovati esemplari minoici a Praisos, a Gurnia, a Malia e a Vathypetro, analoghi a quelli dei nostri contemporanei […]
Si capisce quanto la fabbricazione dell’olio costasse in fatto di manodopera e di attenzioni, e come potessero variare il prezzo e la qualità del prodotto.
Paul Faure,
In “Vita quotidiana a Creta ai tempi di Minosse” – BUR
FOTO: Rete