Camminare

 

 

“Camminare” anche per coloro che sono rimasti – e che spesso vivono da fermi – è un esercizio di verità così come in passato lo era stato per coloro che avevano scelto come sito in cui abitare luoghi lontani e avevano visto nello spostamento, nella migrazione, la scoperta, la salvezza, la terapia. La concezione salvifica del viaggiare e del camminare è presente in tutte le religioni.

Per restare in un preciso orizzonte geografico e culturale, le Madonne e i santi più venerati in tutto il Sud Italia (ma in realtà in tutto il Paese) sono venuti da fuori e «da tanto lontano», come recitano moltissimi miti di fondazione, leggende, canti popolari, ma anche tante agiografie. Madonne e santi assumono il patronato delle diverse comunità, le difendono dalle calamità, sono visti come gli aiutanti delle persone che si mettono in mare, degli emigranti. L’emigrazione è stata anche un esodo di tipo religioso, ricerca di un mondo nuovo e di una nuova vita.

La concezione salvifica del viaggiare e del camminare è un dato delle culture tradizionali di molte parti del mondo. Il Cristo folklorico, come hanno documentato diversi demologi, quello delle leggende e dei racconti popolari di molte regioni italiane, che viaggia per il mondo – da solo o insieme a Pietro o ad altri discepoli – e sconfigge la fame, denuncia le menzogne e le oppressioni, afferma la verità e la giustizia tra gli uomini, rivela talvolta una religiosità caratterizzata da una vena di umorismo popolare, da una dimensione gioiosa. Gesù che va per il mondo è dolce, mite e arguto, gira di terra in terra avvolto «da gioconda festosità» […].

«Cammina cammina» recitano diversi racconti popolari nei quali i protagonisti si affrancano o tentano di liberarsi da miseria, fame, ingiustizie. Camminare significa conoscere, capire, cambiare, migliorare le proprie condizioni. Il vecchio camminante di cui parla il folklore è l’uomo di esperienza, intesa come capacità d’interpretare e conoscere meglio il proprio luogo. L’universo tradizionale – in particolare le montagne, le aree interne – è attraversato da innumerevoli «vie dei canti» religiose. Santuari, chiese, grotte hanno costituito un punto d’incontro e di convergenza per persone provenienti da posti lontani. Il viaggio religioso, che coinvolgeva le popolazioni delle diverse aree interne dell’Italia, era elusione della vita monotona, spazio di libertà, ricerca di salvezza e di guarigione.

Camminare, però, comporta anche il rischio di perdersi, e perdersi può essere causa o esito di una maledizione. Nelle fiabe ritorna il motivo dell’andare spersi per il mondo che, nelle diverse versioni di queste narrazioni, appare legato a una maledizione, a una fuga da una condizione oppressiva, da un destino avverso, alla ricerca di qualcuno o di una diversa fortuna. Si tratta di un andare fino in capo al mondo, dove «Dio non ha messo pietra», non ha poggiato piede e fondato vita. L’andare spersi per il mondo diventa così un modo di essere nell’universo fiabesco di un’area geografica ben delimitata, quasi metafora di un destino di movimento e di erranza che racconta la geo-antropologia di una terra. […]

 

VITO TETI

In “La restanza” – Einaudi

Un libro che regala emozioni.

Foto: RETE

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