SPARTA e ATENE, confronto tra le istanze del potere nelle due città.

 

Le istituzioni politiche

Le considerazioni che seguono […] si propongono di approfondire alcuni degli argomenti che sembrano conservare le tracce più rilevanti di una differenza tra l’organizzazione sia politica sia sociale delle due città, a partire dall’analisi delle loro istituzioni politiche, che, come in tutti gli Stati-città, prevedevano tre istanze del potere. Si trattava di un’assemblea popolare, un Consiglio degli anziani e delle magistrature, intendendo per tali le cariche pubbliche assunte da cittadini ai quali veniva affidata la gestione di specifiche esigenze della comunità, dal controllo della vita familiare all’assunzione di alcune cariche religiose e via dicendo, per arrivare al comando dell’esercito in pace e in guerra. Ecco, di seguito, un rapido e sintetico confronto tra le istanze del potere nelle due città.

 Le differenze.

Nelle magistrature

Una significativa differenza nelle magistrature si manifesta già in età monarchica, quando Atene è retta da un unico basileus, e Sparta da una diarchia regia. Ma l’aspetto più interessante non sta tanto nel numero dei re quanto nella diversa provenienza del loro potere: nel caso di Atene non ci sono tracce di una trasmissione del potere in via genealogica.

A Sparta, invece, i re discendevano da due antiche famiglie aristocratiche: già in origine, dunque, Sparta aveva una struttura decisamente e fortemente più elitaria di quella di Atene, che si mantenne a lungo nel tempo. Per poter cogliere mutamenti che limitassero almeno in parte i privilegi aristocratici si dovette attendere la nascita della magistratura degli efori, che duravano in carica un solo anno, e venivano eletti da tutti i cittadini e fra tutti i cittadini.

Ad Atene, invece, i magistrati (la cui carica in età classica era annuale) venivano scelti per lo piùtramite sorteggio, ivi compresi quelli civili più importanti, come i nove arconti. Fra le poche cariche elettive, la più importante era rappresentata dai dieci strateghi, capi delle forze armate.

Nei Consigli degli anziani

II Consiglio degli anziani spartano, che come abbiamo visto era detto Gerousia, era composto da trenta persone, che duravano in carica a vita, ventotto delle quali elette tra i cittadini che avevano superato i sessant’anni, cui si aggiungevano i due re. Anche se criticato da Aristotele[…], il sistema di selezione dei ventotto membri elettivi era comunque ispirato al desiderio di individuare i migliori.

E veniamo ad Atene, dove la vita del Consiglio degli anziani fu non poco movimentata. L’antico Consiglio, il già citato Areopago, nel v secolo venne infatti privato dei suoi poteri a opera di Efialte (con la sola eccezione della giurisdizione in materia di omicidio volontario), e quindi venne formalmente affiancato – ma di fatto sostituito – da una nuova Boulé, creata da Clistene, detta «dei cinquecento », composta appunto da cinquecento persone nominate dapprima con un sistema misto sorteggio-elezione e quindi esclusivamente a sorteggio, il cui carattere democratico, evidente già dal numero dei consiglieri, era potenziato dal controllo del popolo sull’operato di questi grazie alla procedura della docimasìa [Nell’antica Atene, l’esame dei requisiti richiesti per il godimento di alcuni diritti e l’esercizio di determinati uffici] e dall’obbligo, al termine del mandato, di rendere conto del danaro amministrato.

Esisteva, però, al di là delle differenze, una competenza comune al Consiglio degli anziani spartano e a quello ateniese, rappresentata dal probouleuma, ovvero il parere preventivo e positivo indispensabile perché una proposta potesse essere approvata dall’assemblea popolare, la cui rilevanza era però diversa nelle due città.

Nelle assemblee popolari

Pur essendo in ambedue le città aperta a tutti i cittadini maschi, l’assemblea popolare di ciascuna aveva poteri molto diversi.

Ad Atene aveva competenze ampie, che andavano dalle questioni di politica interna ai trattati di pace e di alleanza alla dichiarazione di guerra, e qualunque cittadino poteva prendervi la parola e avanzare proposte da sottoporre ad approvazione.

A Sparta invece «nessuno aveva il diritto di fare proposte, – scrive Plutarco, – a eccezione dei re e dei gerontes» (i membri della Gerousia) (Plut., Lyc.,6, 6). E nonostante, grazie a Licurgo, le riunioni dell’assemblea da occasionali fossero diventate periodiche, i poteri erano veramente pochi, e diminuirono ulteriormente quando venne introdotta la magistratura degli efori, ai quali spettava di controllare annualmente l’intera attività di governo. All’assemblea, in materia di politica interna, non rimase che il compito di ratificare proposte già concordate fra gli organi costituzionali. In materia di politica estera, invece, le assemblee della Lega peloponnesiaca in Tucidide sembrano mostrare che avesse un ruolo più rilevante.

Concludendo, tra le istanze istituzionali del potere politico a Sparta e ad Atene esistevano indiscutibili differenze. Ma erano sufficienti, queste differenze, a far dimenticare la comune appartenenza al numero delle poleis?

I tratti comuni.

Le specificità dell’organizzazione politica spartana e di quella ateniese, per quanto rilevanti, non potevano essere la causa di una loro incompatibilità. Né a giustificarla può valere il rapporto di Sparta con città oligarchiche con le quali, tra l’altro, Atene non giunse mai al livello di conflittualità raggiunto con questa. La possibilità che l’organizzazione interna delle poleis fosse diversa apparteneva fisiologicamente al concetto e alla natura degli Stati-città, autonomi e indipendenti, e non impediva loro di condividere caratteristiche comuni, dalle quali discendeva in primo luogo quella di assicurare una grande quantità di tempo libero ai cittadini appartenenti alle classi privilegiate, i cui problemi materiali e finanziari – quale che fosse il regime interno della polis – venivano risolti dal lavoro di una popolazione asservita.

Grazie allo sfruttamento di queste persone (poco importava che fossero schiavi o iloti) le classi privilegiate, oltre a dedicarsi come e quando volevano a svariate attività fisiche, ludiche e culturali, potevano soprattutto esercitare il loro «mestiere di cittadini», ribattezzato da Paul Veyne «militanza politica», che comportava la partecipazione attiva alle riunioni degli organi collegiali e l’assunzione delle cariche magistratuali. Quello che univa Sparta e Atene come poleis, in definitiva, era assai più importante di quello che le divideva.

 

EVA CANTARELLA

In “Autoritratto di una democrazia, Sparta e Atene” – Einaudi

Foto: Rete

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