Il mondo di Omero

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Il mondo di Omero

Prima che si sviluppasse un deciso interesse per studi di tipo comparativo, ovvero fino a tempi piuttosto recenti, in Europa si credeva che non solo la nostra religione, ma anche la nostra stessa civiltà fosse unica, e affondasse le sue radici nella straordinaria esperienza greca. La poesia epica di Omero era sentita come un fenomeno unico nella storia. Attualmente, prima di poterci pronunciare sulla verità o meno di queste affermazioni, dobbiamo guardare le cose più profondamente e muoverci in un orizzonte di dimensioni più vaste.

Fino a tempi piuttosto recenti la falsa concezione, tipicamente romantica, secondo cui Omero rappresentava un fenomeno realmente unico si estendeva anche ai contenuti dei suoi due poemi, e questo spiega perché il principale interesse dell’archeologia greca sia stato la riscoperta del mondo di Omero. Nacquero così interpretazioni erronee che dovettero essere scartate.

Poeti ed eroi

Non vi è alcuna ragione di credere che i poeti dell’Iliade e dell’Odissea fossero bardi di corte. È probabileche essi abbiano errato di luogo in luogo, non diversamente dai loro successori e colleghi appartenenti ad altre culture, e di quando in quando si siano stabiliti da qualche parte come meglio potevano. Esiodo aveva una fattoria sui monti della Beozia e si lamentava di questa regione inospitale nei suoi accesi epigrammi; quanto a Omero, invece, è probabile che egli fosse più simile a Demodoco, il poeta menzionato nell’Odissea: un cieco che vive nella sua casa, e non in un palazzo, e che, quando è necessaria la sua presenza, è mandato a chiamare con deferenza, e quando poi arriva, viene fatto accomodare su un sedile appropriato e viene trattato con ogni riguardo. Quando Agamennone deve partire per la guerra di Troia, lascia un bardo perché si prenda cura della moglie. Il mecenatismo era già all’epoca un fenomeno presente, e quantunque non sia raro nei poemi omerici il caso di eroi che cantano e suonano, un poeta di professione viene ascoltato con un rispetto tutto particolare.

La società nei poemi omerici

Più difficile da caratterizzare è la vita del popolo. Lo scudo di Achille era decorato con scene rappresentanti episodi di pace e di guerra e con scene che rappresentavano una città ben governata e le conseguenze del malgoverno. Nell’Iliade i combattenti si radunano in una sorta di assemblea democratica, i cui rapporti con il potere monarchico rimangono però oscuri. Agamennone non ha un potere così assoluto come Zeus, che è il più potente di tutti gli dèi, e il grado della sua supremazia non è più facilmente riscontrabile mano a mano che la storia si perde negli inevitabili rivoli della narrazione. I principi, sia nell’Iliade che nell’Odissea, hanno potere solo nella misura in cui lo esercitano, il loro popolo è difeso dalle invasioni e dalle scorrerie dei pirati, e la ricchezza, i benefici e i servizi bastano a garantire l’unità di quel mondo. Gli oggetti più preziosi che compaiono nella poesia omerica (a parte le armi, i cavalli e il bestiame) non hanno grande utilità nella vita pratica, ma la loro stessa esistenza contribuisce a tenere insieme quel mondo, così come la morale dell’onore non rappresenta tanto un compiacimento individuale quanto piuttosto un forte coagulante sociale.

La vicinanza tra i sovrani e i sudditi

Abbiamo già visto che, quando Ulisse trionfa, suo figlio Telemaco e il fedele porcaro danzano insieme, perché il giusto ordine delle cose è stato ristabilito. Ulisse trova il padre Laerte al lavoro nei suoi campi, intento a concimare il terreno intorno ai suoi peri. Nausicaa, la principessa del buon regno dei Feaci, si reca a lavare le vesti in compagnia delle sue ancelle. Persino uno degli dèi e un gran numero di semidei sono fabbri, e Omero li dipinge come grandi lavoratori. Un aspetto tutto diverso, invece, è rappresentato da Tersite nell’Iliade: un ribelle che nell’assemblea si scaglia contro Agamennone.

La storia dell’Iliade è appassionata e tragica. I suoi episodi sono collegati come le frasi all’interno dei periodi. La sintassi della lingua omerica è relativamente semplice, conoscendo prevalentemente strutture paratattiche. Una sintassi così semplificata condiziona gli stessi contenuti dell’Iliade un po’ come accade nella prosa greca arcaica dei frammenti dì Caronte di Lampsaco, per fare un esempio. Essa infatti non si presta a esprimere costruzioni metafisiche o complessi giudizi morali, ma ha il vantaggio di consentire una grande libertà, una notevole freschezza e una forte espressività descrittiva. Le frasi sono tenute insieme più dal loro ritmo che da qualsiasi altro legame.

La guerra: duello di eroi

II mondo di Omero si situa nel sec. Vlll. Anche se in questo periodo la guerra comincia a diventare un’operazione pianificata da una strategia, anche se cominciano a comparire embrioni di eserciti, la battaglia continua a essere un sanguinoso conflitto personale fra eroi. Combattenti di statura appena inferiore e semplici soldati sono presenti solo come possibili vittime. La guerra è considerata un evento tragico, tuttavia il miglior consiglio di un padre al figlio che parte per la guerra è «essere sempre il più coraggioso e il migliore, fare meglio degli altri e combattere sempre in prima fila», parole di cui si ritrova l’eco anche più avanti nel tempo su molte pietre tombali. I grandi eroi sono dotati di armi e armature speciali, a volte di foggia strana e antica. Gli dèi interferiscono, ma non fanno accadere nulla che non sia già stato previsto. Un’arma colpisce nel modo giusto grazie all’aiuto di un dio, qualcuno riesce a fuggire perché un dio fa scendere l’oscurità o la nebbia; ma neppure Zeus riesce a impedire che suo figlio Sarpedonte sia ucciso.

I doveri dell’ospitalità

I doveri dell’ospitalità hanno un valore assoluto: infrangerli, come nel caso del rapimento di Elena da parte di Paride, provoca la guerra, e se fra due eroi in conflitto vengono scoperti legami di ospitalità non viene loro accordato il permesso di combattere. Gli eroi corrono in battaglia e si inseguono sui carri, di solito si affrontano a piedi, mentre eccezionalmente possono colpire con la lancia l’auriga sul carro. Nell’Odissea, come nell’Iliade, le navi sono così leggere da essere tirate in secco sulla spiaggia; sono mosse a forza di remi, ma a volte vengono usate anche le vele. Apprendiamo che il pane e la carne costituiscono un normale alimento, che si produce il formaggio, che il vino si beve annacquato, e infine che le droghe non sono sconosciute, quantunque siano associate a guarigioni magiche o divine. Nell’Odissea Elena mette una droga nella bevanda di Menelao e di Telemaco per curare la loro tristezza. Circe soggioga gli uomini con le droghe per trasformarli in animali, ma il dio Ermes sa bene che l’antidoto è costituito da un’erba che si trova nelle vicinanze.

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Da “STORIA” 2 La Biblioteca di Repubblica

Foto: Rete

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