PITTURA POMPEIANA – Primo e secondo stile

 

VILLA DI PUBLIO FANNIO SINISTORE (Boscoreale) – Secondo stile

 

I quattro stili che si distinguono nelle pitture parietali di Pompei, non sono esclusivamente pompeiani, poiché li ritroviamo in tutta l’area del Mediterraneo. Conserviamo il termine, perché la completezza e continuità del materiale pittorico scavato e documentato a Pompei ha consentito di studiarli bene e di distinguerli.

Il primo stile

La pittura parietale all’interno di case, tombe e monumenti si ritrova in molte culture. Il primo stile “pompeiano”, imita la struttura muraria esterna a blocchi squadrati, usuale in Grecia in architetture pubbliche e religiose di stile dorico del periodo classico. Allora i muri si costruivano secondo le zone orizzontali in cui erano generalmente distinti: plinto, zoccolo a blocchi verticali e cornici, utilizzando marmi di tonalità diversa che creavano fasce di colore che nelle decorazioni parietali, quando non si ricorreva a materiali costosi, venivano imitate con stucco dipinto marmorizzato (crustae). Questa decorazione-parietale nella sua versione dipinta si diffuse rapidamente e la si incontra un po’ dovunque in quel che rimane di case, tombe ed edifici pubblici ellenistici nel Mediterraneo.

Primo stile

Siccome nel discorso che segue il termine di pittura parietale si riferisce prevalentemente a quella eseguita all’interno, ripetiamo che anticamente la stessa tecnica veniva usata anche all’esterno. È naturale che, per la deperibilità del materiale si conservino più testimonianze di interni che non di esterni in stucco dipinto.

Via via che nell’ambiente ellenistico in Oriente si vennero impiegando materiali più vistosi, quali marmi verdi, granito ed alabastri, anche la cortina muraria dipinta ne assunse i toni, specialmente in Occidente, arricchendosi di colori dai contrasti violenti tra la zona inferiore, quella mediana e quella superiore: verde, viola, giallo, a fondo unito o screziato.

Casa sannitica, Ercolano -Primo stile

A tali contrasti si ricorse anche all’interno delle tre zone separate da listelli profilati, conseguendo un insieme ricco e armonioso in cui lo stucco eccelle per la lucentezza della superficie e per la precisione delle sagome. Si distinguono ortostati (blocchi verticali ed orizzontali ora sopra lo zoccolo), bugne (pietre meno grandi con specchi rilevati, disposte in filari sopra la zona mediana) e listelli lisci o sagomati dentellati e no

Per completare una siffatta struttura si giunge a una ripartizione verticale per mezzo di lesene o di semicolonne addossate alla parete in corrispondenza di una colonna che si eleva davanti alla parete, come nel peristilio della Casa del Fauno e nella Basilica a Pompei.

È una tendenza al verticale tipica dell’Occidente, che verrà rafforzata nell’ambito del secondo stile, come vedremo.

Il secondo stile

Sporgenze e rientranze plastiche che vogliono imitare il profilo esterno della parete scompaiono con l’avvento del secondo stile (100 a.C.nel Mediterraneo occidentale), i cui intonaci lisci dipinti lasciano vedere la cortina muraria, che prima era modellata, ampliandola con spazi immaginali antistanti e, molto più profondi, retrostanti la parete stessa. Si cerca, e con disinvoltura, di ottenere una illusione ottica che allarghi lo spazio reale delimitato dalle pareti dell’ambiente da decorare. Ne è un esempio, felice per l’articolazione degli spazi aggiunti, l’architettura barocca d’ispirazione ellenistica raffigurata sulla parete di una stanza da letto nella Villa dei Misteri.

Cubicolo della Villa dei misteri – Pompei

Questo anelito illusionistico alle grandi dimensioni anche nello spazio limitato di un semplice cubicolo, riflette la sontuosità riscontrata in palazzi e teatri ellenistici della Macedonia, dell’Asia Minore e in Alessandria, visitati e successivamente presi a modello dai neo conquistatori romani. Anche a casa loro vollero uno spazio così: aulico, ritmato e di ampio respiro, realizzabile relativamente a poco costo con intonaco, colori e manodopera specializzata, esperta in decorazioni di questo genere.

La composizione, entro lo schema consueto di zoccolo, zona mediana e superiore, si complica per l’intricarsi di scenografie, ricche di attributi dal richiamo dionisiaco e teatrale, in sporgenze e rientranze rispetto al piano arretrato finto, aperto su vedute illusionistiche che spingono l’occhio a spaziare in ulteriori profondità.

È qui, nella finzione di un’apertura centrale nella parete, che cominciamo a distinguere fra squarci paesistici sacrali (con altare o tempio rotondo), e poi anche mitologici (con figure di divinità o di eroi), e architetture di contorno ossia la vera “parete”, organizzata simmetricamente su un podio immaginario (che spesso sarà risultato nascosto da letti e suppellettili disposti lungo la parete) con porte, colonnati, tramezzi, cancelli e sfondamenti vari.

Villa Poppea, Oplontis  – Secondo stile

In questa cornice variopinta, con fughe di colonne, trova posto tutto quello che potremmo chiamare l’addobbo: festoni di foglie, fiori e frutta, appesi tra le colonne che si innalzano dal podio; statue, candelabri, incensieri, vasi, canestri con frutta, e uccelli, sul podio; maschere teatrali, scudi con ritratti (imagines clipeatae), quadretti a sportelli (pinakes) riproducenti nature morte o scene varie, nella zona superiore della parete. Inseriti tra la zona mediana e la zona superiore troviamo anche fregi continui raffiguranti scene epiche tratte dall’Iliade e dall’Odissea o paesaggi. Nella zona mediana vi possono essere megalografie: scene seriate con figure a grandezza d’uomo, come nella Sala dei Misteri nella villa che ha preso nome dagli stessi.

Col tempo, questo apparato, concepito per ampliare e arricchire lo spazio, tende a sfociare in fantasie leziose, come nella parete di Ercolano decorata con un paesaggio monocromo e un candelabro che sembra uno stelo, mentre anche la colonna sorge da una corolla di foglie ed è avviluppata da tralci (Tav. 20). In quest’ultima fase del secondo stile, aumenta l’interpolazione nelle solide strutture architettoniche di figurine manierate: fantasiose combinazioni di piante, animali e figure umane o parti di esse. Sono questi i monstra, i mostri fiabeschi, che provocarono l’aspra critica di Vitruvio, architetto militare di Augusto, che rimproverava a queste raffigurazioni la mancanza di verosimiglianza, di essere al di fuori di ogni logica e realtà. (Continua)

 

MARIETTE E ARNOLD DE VOS

Da “PITTURA POMPEIANA” – BPV

FOTO: Rete

Per terzo e quarto stile CLICCA QUI

Ti potrebbero interessare:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Close