La cipolla ha suscitato alcuni simboli negativi. Essendo formata da vari strati sovrapposti, è diventata simbolo di doppiezza e ipocrisia, come ricorda il detto: «Falso come una cipolla». A questo simbolismo s’ispirò anche Niccolò Forteguerri accomunando la donna all’ortaggio:
La natura v’ha formate,
donne mie, vaghe come le cipolle;
cioè di mille scorze v’ha cerchiate,
che non vien fuor quel che dentro vi bolle.
E si dice «strofinarsi gli occhi con la cipolla» quando si finge di piangere. Siccome un tempo pane e cipolla era un alimento da poveri che ingannava la fame, l’ortaggio diventò fin dal Medioevo il cibo della miseria, tant’è vero che «Mangiar pane e cipolle» significava essere in povertà, sbarcare malamente il lunario. Si diceva anche «È tempo di cipolloni» per alludere a un periodo di carestia o di penuria. Non diversamente è da intendersi un proverbio romagnolo: «E’ magnereb dla zvola e di’ai / lo ch’l’ha una fam eh’ la rapa so pr’ al muraj», ovvero: mangerebbe cipolla e aglio chi ha una fame che sale per i muri.
Fu dunque naturale associare la cipolla alla penitenza quaresimale, come testimonia l’iconografia della Quaresima, raffigurata nelle sembianze di una vecchia miserabile e affamata che porta cibi poveri come l’aringa e la cipolla. Lo ricorda anche Antonio Pucci, un poeta fiorentino del XIV secolo:
Di quaresima poi agli e cipolle
e pastinache sonvi e non più carne
siccom’a santa Chiesa piacque e volle.
Le magie e le pratiche divinatorie della cipolla
Naturalmente alla cipolla, come alle altre erbe di san Giovanni, si sono attribuite virtù magiche. Ma prima di adoperarla la si doveva purificare passandola su una fiamma alimentata anche dai suoi veli non utilizzati. Combatteva i disturbi, le irritazioni o i bruciori provocati dal malocchio: bastava mangiare cipolle bollite, bevendone anche l’acqua. Si potevano eliminare le verruche strofinandovi sopra un pezzo di cipolla che poi si gettava dietro la spalla destra, allontanandosi senza voltarsi.
In Sicilia si applicava la cipolla alle punture di vespe ripetendo questo scongiuro per tre volte: «San Paolu fici ‘a vespa e san Paolu l’addummò», san Paolo fece la vespa e san Paolo la domò. Perché mai san Paolo? Perché l’apostolo era diventato il protettore contro i morsi dei serpenti e poi, per estensione, contro quelli dei ragni e contro le punture degli insetti grazie a un episodio degli Atti degli Apostoli, dove si narra un naufragio sulle coste di Malta: «Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti intorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo. Mentre Paolo raccoglieva un fascio di sarmenti e lo gettava sul fuoco, una vipera, risvegliata dal calore, lo morse a una mano. Al vedere la serpe pendergli dalla mano gli indigeni dicevano tra loro: “Certamente costui è un assassino, se, anche scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere”. Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non ne patì alcun male. Quella gente si aspettava di vederlo gonfiare e cadere morto sul colpo, ma dopo avere molto atteso senza vedere succedergli nulla di straordinario, cambiò parere e diceva che era un dio».
La cipolla era anche strumento di pratiche divinatorie. Le ragazze indecise fra vari pretendenti incidevano su varie cipolle l’iniziale del nome di ogni spasimante, poi le sistemavano su un’asse del solaio: la cipolla che per prima metteva il piffero, cioè germogliava, corrispondeva all’uomo da scegliersi come fidanzato.
Si faceva invece all’ultimo dell’anno il «presagio delle Calende», detto in epoca bizantina «dei dodici giorni». Consiste nel presagire lo stato del tempo dall’osservazione delle condizioni meteorologiche dei dodici giorni compresi nel periodo solstiziale. Occorre far corrispondere a questi giorni i dodici mesi dell’anno: se la giornata sarà bella, anche il mese corrispondente sarà caratterizzato da tempo sereno, e viceversa. In alcune regioni dell’Italia settentrionale, dal Friuli fino alla Lombardia e all’Emilia, al conteggio dei dodici giorni segue talvolta una verifica Si osservano anche i dodici successivi, ma li si abbinano ai mesi in modo inverso: per esempio, il primo corrisponde a dicembre e così via fino all’ultimo che corrisponderà a gennaio. In caso di discordanza fra i due cicli se ne dedurrà che il tempo sarà incerto.
Il periodo esaminato per il computo variava da zona a zona: il primo andava dal 1° al 12 gennaio; il secondo dalla festa di santa Lucia, che una volta era considerata data solstiziale, fino al 25 dicembre; e il terzo dal 25 dicembre al 5 gennaio. [La stessa cosa si faceva anche ad Orsomarso: si partiva con gennaio da Santa Lucia; la “verifica” partiva invece da Natale con dicembre e terminava alla vigilia dell’Epifania].
Gli strumenti di divinazione sono molti, secondo le tradizioni regionali. In Veneto, si mette il sale in dodici veli di cipolla, ognuno dei quali simboleggia un mese dell’anno. Esposti all’aperto nell’ultima notte dell’anno, vengono controllati il mattino seguente: saranno piovosi i mesi nei quali il sale si sarà sciolto, secchi quelli in cui sarà rimasto più o meno consistente.
ALFREDO CATTABIANI
Da “Florario” – Mondadori
Foto: Rete