II naso, come l’occhio, è un simbolo di chiaroveggenza.
- Nell’Africa del Nord, numerose polveri magiche destinate a stabilire contatti con gli spiriti, le anime e le potenze invisibili, sono preparate con muso di cane e grugno di porco. Anche il muso della iena, che ha un olfatto eccezionale, è utilizzato dai popoli sudanesi per scopi analoghi.
Per i Bambara il naso è uno dei quattro operai della società insieme alla gamba, al sesso e alla lingua. Organo dell’olfatto che rivela le simpatie e le antipatie, orienta i desideri e le parole, guida il cammino della gamba e completa l’azione degli altri tre operai responsabili del buono o cattivo funzionamento della collettività.
- Gli Yakuti, i Tungusi e numerosi popoli cacciatori della Siberia e dell’Altai conservano il muso della volpe e dello zibellino perché l’anima dell’animale vi si nasconde.
I Ciukci conservano i musi delle bestie selvatiche con l’idea che proteggano la casa. I Ghiliaki tolgono il naso della foca; costumi analoghi sono documentati presso i popoli ugro-finnici. Nel XIX secolo i Lapponi prendevano la pelle del muso dell’orso e l’uomo che tagliava la testa della bestia se la metteva intorno al viso; un costume analogo esisteva in Finlandia riguardo alla lepre. Un canto finnico spiega così il senso di tali usanze: «Io prendo il naso del mio orso per togliergli l’olfatto.»
I popoli cacciatori osservano riti analoghi per quanto concerne gli occhi della selvaggina: i Sagai tolgono gli occhi all’orso «affinchè non possa più vedere un uomo».
- In Giappone si dice che gli orgogliosi e i vanitosi hanno nasi lunghi e che sono dei Tengu. I Tengu sono spiriti diabolici, rappresentati sotto forma di folletti delle montagne, forniti di un lungo naso o di un becco di rapace.
In “DIZIONARIO DEI SIMBOLI” – BUR
Foto: Rete