La forza di vivere

 

Come, e dove si può trovare la forza di vivere e di lottare, se in ogni momento la vita è fatta di rinunzie e di privazioni, di sofferenze e umiliazioni, un adattamento nella società per sopravvivere? E come puoi essere rivoluzionario se per sopravvivere devi adattarti, venderti, per soddisfare pochi bisogni? La mortificazione della persona non può essere soddisfatta dalla lotta rivoluzionaria, quando questa (purché giusta sia) in realtà non ha portato al soddisfacimento di alcun bisogno umano.

In questo travaglio, dove trovare uno sbocco immediato o una prospettiva per realizzare al più presto una società più umana e giusta, dove possa finalmente trovare pace la travagliata esistenza mia e di tanti altri miei compagni?

Lettore di Calenzano, (Firenze)

 

Pietro ha tradito Cristo tre volte in una notte, ma poi per riscattarsi non ha compromesso tutta la sua vita; egli ha ammesso di aver tradito Cristo, non ha detto per assolversi che le idee di Cristo erano sbagliate.

Così un rivoluzionario, se per sopravvivere fa dei compromessi, non è costretto a compromettere tutta la sua vita e ad arrivare al punto, per assolversi, di negare la giustezza della lotta.

Ora a me sembra che nella sua lettera lei tenda a giustificare i suoi compromessi non dicendo semplicemente: « l’ho fatto per sopravvivere », ma dicendo o facendo intendere esattamente l’opposto, e cioè: « l’ho fatto perché la lotta è inutile ».

Questa posizione giustificatoria. porta all’idea dell’uomo non colpevole e quindi non responsabile, perché egli è fatto dalle circostanze. Fra le righe leggo pure l’idea che bisogna rinunciare alla necessità di una lotta per una società più giusta fatta dagli uomini ed affidarsi a qualcos’altro che dia « sbocco immediato » a una prospettiva di realizzare una società più giusta, sbocco immediato che, se lei nega la lotta di classe, non si può trovare che in una acquiescenza in attesa che « la volontà di Dio sia fatta ».

Insomma, è più facile negare le proprie idee e assolversi che accettare la colpa del tradimento, è più difficile ma più autentico accettare la propria colpa e riscattarsi in quel margine che ci resta ancora libero da compromessi. L’ultimo compromesso è quello di rinunciare a noi stessi e alla nostra idea solo perché dobbiamo ammettere che abbiamo tradito tre volte prima del canto del gallo.

L’uomo è ciò che egli fa di se stesso e ciò che egli vorrebbe essere. Dire che la rivoluzione non porta beneficio e che è inutile lottare, significa credere che la rivoluzione deve esser un atto fatto dagli altri e già fatto e non un atto fatto da noi e da farsi. Significa credere che la nostra vita debba essere fatta dagli altri e dalle circostanze e non debba essere fatta da noi.

Aprile 1965

 

LORENZA MAZZETTI

In “Il lato oscuro” – Tindalo

Foto: Rete

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