Due interpretazioni della Cacciata dal Paradiso terrestre: Masaccio e Beato Angelico

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Come già sappiamo, la masaccesca Cacciata dei progenitori è un episodio di immane tragicità: la condanna divina manifestata dal gesto dell’angelo è perentoria e definitiva; i progenitori, nudi, piangono disperatamente avviandosi nel mondo, una desolata landa inospitale, per procacciarsi con fatica, sudore, dolore, il pane della sopravvivenza.

Masaccio
La cacciata dei progenitori dal Paradiso terrestre
1424-25, affresco, 208 x 88 cm
Firenze, Chiesa del Carmine, Cappella Brancacci

La Cacciata raffigurata da Angelico sullo sfondo dell’Annunciazione di Cortona indica un atteggiamento antitetico. Lungi dall’essere sconvolti da un dramma di portata universale, i progenitori di Angelico sembrano appena percepire il peso della colpa e l’enormità della condanna. Lo stesso angelo, mentre punta minacciosamente la spada verso Adamo, contemporaneamente sembra appoggiargli una mano solidale sulla spalla, come a fargli forza e a prospettargli una possibile salvezza.

Beato Angelico
Annunciazione (di Cortona) –
Particolare con la cacciata
dal Paradiso terrestre

Adamo ed Eva scendono lungo una piattaforma rocciosa, ma al di là di essa s’intravedono le fronde degli alberi e sino al primo piano si distende un praticello verde, che è il giardino simbolico della Vergine ma anche il teatro della vita terrena: un ambiente, dunque, accogliente, perfino felice. Allo stile tragico di Masaccio, Angelico contrappone un tono consolatorio, talora estatico e idilliaco.

Osserviamo però la scena che si svolge in primo piano. La Vergine è una ricca dama assisa su un trono intarsiato d’oro e anche l’angelo indossa una veste da cerimonia rosa intessuta d’oro: sono tinte delicate e brillanti, che non troveremmo mai in una tavola masaccesca; anche i profili delle figure, minuti e gentili, si distinguono dalle fisionomie di Masaccio, antichizzanti e popolaresche.

Beato Angelico, ANNUNCIAZIONE, tempera su tavola, 1430, Museo diocesano di Cortona

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L’Annunciazione si svolge sotto un porticato delineato in base a impeccabili calcoli prospettici. Le colonne sono sottili, dunque ancora goticheggianti, ma sostengono arcate perfettamente semicircolari, anche se non a tutto sesto. Come un premuroso architetto, timoroso che il suo edificio non fosse solido, Angelico ha rinforzato le arcate con una catena di ferro, per contenere le spinte laterali. Raffigurando il lato scorciato dell’edificio ha dipinto impeccabilmente la veduta laterale degli archi, la diminuzione prospettica dell’altezza delle colonne e degli intervalli di spazio che le separano, delineando le ortogonali al piano di rappresentazione (lo spigolo della base, la catena, l’architrave) convergenti verso un punto di fuga posto approssimativamente dove l’orlo inferiore del roccione percorso da Adamo ed Eva incontra il bordo sinistro della tavola.

Se dunque Angelico non condivise, con Masaccio, l’idea di un’umanizzazione drammatica delle scene sacre, da un punto di vista linguistico ne assorbì la lezione più importante: fare del dipinto una finestra affacciata su un mondo raffigurato secondo le regole della prospettiva.

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Da “STORIA DELL’ARTE” 2 – Electa

Foto: Rete

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