L’organizzazione di un monastero greco nella Calabria del X secolo

Monastero greco ortodosso di San Giovanni Theristis

Ricostruire le vicende storiche di un antico monastero greco può essere importante, ma se tale ricostruzione si limita ad una serie di date, il tutto rischia di diventare un’operazione erudita, di scarso interesse per il vasto pubblico. Assai più attraente, invece, potrebbe risultare la ricostruzione della vita quotidiana (uffici claustrali, ore liturgiche e ufficio divino), della cultura materiale (abbigliamento, vitto), dell’ambiente socio- economico (il lavoro materiale e quello intellettuale), della spiritualità (la preghiera) che potevano caratterizzare un cenobio bizantino.

Nonostante la completa assenza di informazioni specifiche e di documenti relativi alla nostra fondazione monastica, tuttavia si può tentare una ricostruzione della vita quotidiana di un monastero greco dell’anno Mille sfruttando per analogia fonti relative ad altri coevi cenobi della Calabria e della Lucania. Le differenze tra i monasteri cenobitici, infatti, erano minime e la vita quotidiana era simile un po’ ovunque. Molte informazioni, ad esempio, sono desumibili dalle Vite dei santi monaci che dimorarono nel Mercurio o che vissero in altri luoghi. Di grande utilità, poi, risultano i documenti d’archivio (donazioni, testamenti, vendite, ecc.) di epoca bizantina, in gran parte pubblicati grazie all’encomiabile opera di André Guillou: essi permettono di farci un’idea più reale e concreta della cultura materiale e dell’economia di un monastero, correggendo in parte le notizie che desumiamo dalle Vite dei santi, distorte spesso deliberatamente, ma talvolta anche inconsciamente, per fini encomiastici (idealizzando il santo fondatore) o edificanti (esagerandone il potere taumaturgico). Di qualche utilità, infine, benché più recenti, potranno essere anche i typikà delle grandi fondazioni monastiche di epoca normanna.

A capo del monastero, come si è detto, vi era ηγουμενος (igùmenos), chiamato καθηγουμενος (kathigùmenos) nel caso fosse anche sacerdote. Era intenzione del fondatore che la sua istituzione si autogovernasse e che nessuno, neppure il patriarca o l’imperatore, potesse prenderne possesso. L’autorità dell‘igumenos è dunque preminente; egli è il direttore spirituale dei monaci e tutti gli debbono rispetto ed obbedienza. Egli sceglie il proprio οικονομος (ikonómos, “amministratore”), il quale, a meno che non si dimostri immeritevole, è destinato a succedergli.

Nel monastero vi erano poi altri uffici ricoperti da monaci di esperienza che collaboravano con l‘igùmenos in tutti i settori chiave del monastero. Fra i più importanti possiamo ricordare: επιστημοναρχος; (epistimónarchos), responsabile del buon ordine nel monastero; l’εκκλησιαρχης (ekklisiàrchis) o εκκλησιαστικος (ekklisiastikós), che era una specie di sacrestano, in quanto si occupava della chiesa, perché fosse preparata e in ordine prima delle funzioni; lo σκευοφυλαξ  (skevofìlax) , il conservatore del tesoro nel quale si custodivano i cimeli, le icone antiche e i paramenti preziosi (queste ultime due cariche, però, potevano essere ricoperte dalla stessa persona); il δοχειαριος (dochiàrios), “custode, tesoriere” del denaro e quello delle cose, come biancheria, scarpe, viveri; il βιβλιοφυλαξ (vivliofìlax) , cioè il custode della biblioteca e dello scriptorium.

Vi erano ruoli più squisitamente liturgici fra cui ricordiamo quello del αναγνωστης (anaghnóstis), cioè il lettore, che veniva ordinato con un sacro rito per proclamare in chiesa, davanti all’assemblea dei fedeli, passi biblici (ad eccezione del Vangelo che era riservato al diacono o al sacerdote) e leggere, nel refettorio durante i pasti dei monaci, le vite dei santi o passi tratti da altri libri spirituali. Il monaco lettore spesso era anche  ψαλτης (psàltis), cioè cantore, perché tutti gli uffici che si recitavano in chiesa erano accompagnati dal canto.

Più umili, ma non meno apprezzabili, erano gli altri uffici quali quello di πορταριος (portàrios) o πυλωρος (pyìorós), che si occupava delle porte e controllava chi entrava e chi usciva; l’αρχονταριος (archondàrios), l’addetto alla foresteria (αρχονταρικον) che accoglieva gli ospiti e si prendeva cura di loro; il κωδωνοκροθστης (kodonokrùstìs) o καμπαναριος (kambanàrios), il campanaro o più spesso l’incaricato di battere con un martello il σημαντρον (simandron, strumento di legno, se recato in mano, di ferro, se sospeso).

Vi erano infine altre cariche meno prestigiose, ma non meno indispensabili per il funzionamento di un sistema complesso come quello di un monastero cenobitico. Abbiamo, quindi, il τραπεζαριος (trapezàrios), che dirigeva il refettorio e aveva sotto di sé coloro che erano incaricati della cantina e del forno; il μαγειρος (màghiros), cioè il cuoco, che doveva essere in grado di cucinare per tutti i membri della comunità; il βουρδωναριος (vurdonàrìos), l’addetto ai trasporti e alle stalle dei muli.[…]

 

Fonte: “San Nicola dei Greci a Scalea”, di Amito Vacchiano e Antonio Vincenzo Valente – Salviati

Foto: Rete

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