MARZO – Le Liberalie (Liberalia)

 

Feste che si celebravano il 17 marzo in onore di Libero, l’antica divinità italica del vino e della fecondità, identificata nel VI secolo a.C. con Dioniso.

Di queste feste ci parla Ovidio nel III libro dei Fasti: per le strade le vecchie, con il capo coronato di edera, cuocevano dolci di miele; chi li acquistava ne offriva un pezzette a Libero.

Ovidio si pone varie domande e si dà le risposte: «perché una vecchia?»; perché la vecchiaia, dice, è l’età giusta per gustare il vino; «perché cinta di edera?»; perché l’edera è gradita a Bacco: infatti con l’edera le Ninfe nascosero agli occhi di Giunone la sua culla; quanto al miele, Ovidio ci dice che fu Bacco il primo a trovarlo e a nutrirsene.

Durante le Liberalie — è sempre Ovidio a informarci – i giovani assumevano la toga virile (Fast. 713-88),

In primavera, per un mese intero, a Lanuvio, in onore di Libero e di Libera, si tenevano feste agresti simili alle Liberalie, ma le feste di Lanuvio avevano un carattere più marcatamente orgiastico: si urlavano frasi oscene e si portava per i campi e per le strade un fallo, simbolo di fertilità; partecipavano al rito anche le matrone, alle quali era riservato il compito di incoronare il fallo. Finite le feste, il fallo veniva riportato nel Foro, dove rimaneva per tutto l’anno. Cfr. Agostino, De civ. Dei VII 21.

Plutarco (Caes. 56) riferisce che nel giorno delle Liberalie Cesare portò a termine l’ultima delle sue campagne militari, vincendo il grande esercito comandato dai figli di Pompeo; era il 17 marzo del 45 a. C.

 

LUISA BIONDETTI

Da “Dizionario di mitologia classica” – Baldini & Castoldi

Foto: Rete

Pittura murale (I secolo d.C.) da Pompei raffigurante un banchetto multigenerazionale

LA FESTA

 

Il festeggiamento prevedeva sia una parte pubblica che una parte privata. La parte privata avveniva a casa, dove il giovane deponeva sull’altare dei Lari la propria bulla, una collana (d’oro per i più ricchi ed in cuoio per i meno abbienti) datagli quando era ancora in fasce, insieme alla barba ottenuta dalla sua prima rasatura.

In seguito abbandonava la toga pretesta (che era decorata con una sottile striscia di porpora), indossata da ragazzino, e gli veniva consegnata la toga virile; se il giovane era di rango senatorio la toga presentava una striscia di porpora più larga (laticlavia), se era di rango equestre una striscia più stretta (angusticlavia), altrimenti la toga era in tinta unita.

La mattina la famiglia consumava una abbondante colazione sull’orlo della strada, per mostrare a tutti che avevano un figlio ormai adulto e in grado di servire la patria. Era un orgoglio e una festa, anche perchè esisteva una notevole mortalità di bambini a Roma, sia nel parto che nella prima infanzia. Non ultimo per mostrare  a tutti che avevano un figlio maschio, molto più importante della figlia femmina, anche perchè non poteva andare in guerra.

Poi tutta la famiglia usciva per strada, dove le sacerdotesse di Libero, incoronate di edera, vendevano torte a base di olio e miele, di cui staccavano una parte per porla su di un altare in favore di chi le comprava. Successivamente si formava per le strade la processione davanti a cui era posto un fallo in cima ad una pertica. Solo al termine della cerimonia una matrona considerata la più virtuosa poteva coprire l’attributo con un piccolo covone di grano.

Le Vestali quel giorno si recavano in un luogo in cui c’erano ventiquattro piccoli edifici sacri dal tetto di giunchi chiamati Argei (secondo Varrone erano i principi giunti nella penisola italiana al seguito di Ercole e si erano stabiliti nel villaggio) fondato dal Dio Saturno sul Campidoglio. Invece i sacerdoti Salii compivano dei giochi chiamati Agonalia dedicati a Marte, la cui celebrazione, istituita da Numa Pompilio, consistente nel sacrificio di un ariete nero nella Regia dal re dei sacrifici, che in origine doveva essere lo stesso re di Roma.

Liber, Dio di carattere agreste, era associato alla fecondità e al seme maschile, mentre Libera alla componente umida femminile, e quindi alla terra in cui gettare il seme, dalla cui unione si genera la vita [August. C. D. IV, 11; VI, 9; 16]. Si pensava che la donna non ponesse un proprio seme ma che fosse solo la terra fertile in cui il seme potesse prosperare.

Liber e Libera erano preposti alla pigiatura dell’uva che si trasformava in mosto e poi in vino. Anche nel momento di spostare il mosto dai recipienti di fermentazione a quelli in cui sarebbe diventato vino o mosto dolce, si offriva una libagione a Liber. Considerando che si trattava di un’offerta di primizie, e che generalmente nei riti più antichi si faceva alla Grande madre, è logico pensare che il culto primigenio di Libera divenne il culto della coppia Liber-Libera. Libero venne comunque associato a Bacco che spesso prevalse nel culto.

I festeggiamenti romani riguardavano soprattutto il santuario di Cerere, Libero e Libera, un tempio dell’antica Roma, situato sul colle Aventino, dedicato alla triade di origine dionisiaca di Libero, Libera e Cerere, trasposizione latina di Demetra, Dioniso e Core. Qui i giorni seguenti il 17 marzo si festeggiavano i Liberalia, con feste, banchetti e divertimenti. Il lavoro dei campi era sospeso, in quanto Liber era un Dio agreste, e pertanto celebrato in tutte le campagne, [Tert. Spect. V] solo in seguito il culto venne trasferito anche in città.

In realtà si trattava di una triade, composta da Cerere, Libero e Libera, che attingevano alla triade greca di Demetra, Persefone e Dioniso, che non hanno un posto di preminenza tra loro ma sono tre in uno, preposti al culto dei Sacri Misteri. In epoca tarda la figlia di Cerere, Persefone, prese per i romani il posto di Libera, e la festa del 17 marzo era una festa propiziatoria nella quale si offrivano al Dio delle focacce di olio e miele.

Nelle Georgiche, Virgilio scrive che nella festa di Bacco-Liber che si svolgeva nelle zone rurali: si rideva e si facevano scherzi grossolani, si indossavano maschere mostruose fatte di cortecce e si appendevano oscilla ai rami degli alberi. Si cantavano antiche canzoni festose in onore del Dio e gli si sacrificavano focacce ed un capro [Verg. Georg. II, 385 – 396]. La festa più importante era comunque a Lavinium (Lavinio), dove si tenevano le processioni destinate al suo culto consacrando a Liber un mese intero con i festeggiamenti per ben 30 giorni.

Fonte: https://www.romanoimpero.com/2019/03/liberalia-17-marzo.html

Foto: Rete

Ti potrebbero interessare:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Close